L'attore Andrea Giuntini rivive "il delitto del Corpus Domini" del 1947
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Di giorgio mancini
PECCIOLI (Pisa). Cantava un cantastorie: “Chi conosce Toiano desolato/ i suoi botri, boscaglie e le colline/ lo pole constatare chi c’è stato/ infatti sembra un mucchio di rovine/ e qui sta volentieri chi c’è nato/ abitandoci sin fino alla fine./ Questo è un paese che non c’ ha cultura/ ed è dedicato per l’agricoltura”.
La narrazione teatrale “Chi ha ucciso la bella Elvira?”, del giornalista e scrittore Riccardo Cardellicchio, con lo straordinario attore Andrea Giuntini e con l’accompagnamento musicale dei “Vincanto”, andrà in scena mercoledì 27 luglio, alle ore 21,30, nel contesto del festival “11 Lune a Peccioli – Musica Teatro Eventi”. Una trasposizione drammaturgica di un fatto di cronaca nera che “guadagnò” le prime pagine di tutti i giornali italiani e stranieri e che divise, in un lungo processo, prima a Pisa, e poi trasferito a Firenze per motivi, addirittura, di ordine pubblico, l’opinione della gente in colpevolisti e in innocentisti. Vi furono anche tafferugli e incidenti davanti e dentro i tribunali. Il fatto: era il 5 giugno del 1947; chi scrive oggi, e che sarebbe nato sei mesi dopo quella data, fin da piccolo aveva ascoltato moltissime volte la storia della bella Elvira, da cantastorie, in rievocazioni e in discussioni davanti al camino nelle notti d’inverno. Un fatto di sangue scolpito nella memoria perché aveva avuto, anche nei tanti anni successivi, un’eco lunga, misteriosa e inquietante.
Una ragazza molto bella, forse troppo, di ventidue anni, si chiamava Elvira Orlandini, fu trovata, il giorno del Corpus Domini, in un boschetto di Toiano, chiamato Botro della Lupa, con la gola tagliata, quasi decapitata. Quando fu rinvenuta era in un lago di sangue, mezza svestita, e di dosso le era stato portato via un indumento intimo. La contadina era andata lì a prendere l’acqua a una fonte.
Fu incolpato e incarcerato, per ben due anni, il suo fidanzato, il contadino Ugo Ancillotti, che aveva sempre proclamato la sua innocenza. I carabinieri che condussero le indagini non trovarono mai l’arma del delitto, si parlò di un coltello o di un falcetto. A quel tempo, poi, gli strumenti di indagine erano quelli che erano, non esistevano certamente i Ris. Durante il processo a Firenze, la gente – quasi tutti seguivano il caso quasi con morbosa passione – giunse persino a scommettere molto denaro sull’innocenza o meno dell’imputato, ma l’Ancillotti, per insufficienza di prove, fu assolto, e gli innocentisti, che avevano difeso quel bravo ragazzo reduce di guerra, quando ritornò a Toiano, lo accolsero come un martire e un eroe.
Ma la “bella Elvira” chi l’aveva uccisa, e il movente? Erano circolate tante voci, lettere anonime, sensitivi e veggenti che si erano scatenati per risolvere il giallo, ma tutto portava sempre, però, ad un’altra precisa persona, ma, come per il nome del padre del poeta Pascoli, nessuno quel nome lo pronunciò mai in tribunale. Impossibile, senza prove tangibili, dirlo. Forse l’assassino era una persona insospettabile, per il ruolo che rappresentava, e del quale la bella Elvira si fidava ciecamente, o forse perché intoccabile? Senz’altro lo scandalo che ne sarebbe derivato, solo se fosse stato fatto ufficialmente quel nome, per quegli anni – siamo giunti al 1949 – avrebbe creato un terremoto impensabile. Fatto sta che in quella terra di contadini, tra i calanchi, il nome di quell’efferato crimine a sfondo sessuale, fu chiamato il delitto del Corpus Domini.
Ora l’attore Andrea Giuntini cerca di far rivivere quel fattaccio, visto, però, dalla parte di Ugo Ancillotti, interpretando il ruolo del fidanzato della bella Elvira, accusato ingiustamente, incarcerato, e prosciolto con quel dubbio di mancanza di prove.
Uno psicodramma come lo avevano vissuto i contadini di quel borgo di Toiano, ma soprattutto coloro che sapevano, ma che non potevano parlare. E l’autore del testo teatrale, Riccardo Cardellicchio, non disdegna di descrivere, con qualche pennellata, anche l’ambiente toscano di quel periodo del dopoguerra in cui si è svolto l’assassinio, così come lo descrive nel suo libro “La strega e il vicario”, da cui è tratto lo spettacolo.