di Paola Dei
SIENA. Un affresco malinconico dove quattro premi Oscar raccontano una delle vicende più controverse della storia americana; la scomparsa di Jimmy Hoffa protagonista delle lotte sindacali degli anni che seguirono alla seconda guerra mondiale colluso con la mafia.
Robert De Niro, Al Pacino, Jo Pesci, Martin Scorsese; la saga degli italo-americani confeziona un capolavoro dove ogni dettaglio concentra tutta l’attenzione dello spettatore. I punti di vista, i tratti distintivi di ogni personaggio, il calcolo millimetrico degli spazi e dei tempi, i piani sequenza, la voce fuori campo di Frank Sheeran, l’Irlandese che dà il titolo al film, interpretato da Robert De Niro, si inscrive nel testo filmico che narra le vicende accadute. Hoffa, alias Al Pacino in una magistrale interpretazione, é vulcanico, generoso, seducente, ma allo stesso tempo riesce anche ad essere calcolatore. Pacino riesce senza virtuosismi a connotare il personaggio di queste importanti e contraddittorie caratteristiche rendendolo credibile in ogni scena? A sua volta De Niro, alias Sheeran, l’irlandese, mostra la faccia indifferente di un uomo comune, salvo rare espressioni di dolore e pentimento espresse con pochissime trasformazioni del volto, come é tipico dei grandi attori, Bufalino, alias Jo Pesci, fa a gara con lui sottraendo tutti i possibili effetti speciali che avrebbe potuto utilizzare.
Nel film Sheeran che interpreta il ruolo di un veterano WWII di Philadelphia con lunghi trascorsi nella mafia e nella International Brotherhood International of Teamster, il sindacato dei camionisti guidato da Jimmy Hoffa, diviene il filtro invisibile che osserva se stesso attraverso una serie di flashback e ricordi del passato dei quali il regista diviene a sua volta filtro, interprete e traduttore attraverso anche la cronaca dell’epoca.
Per conoscere meglio la figura e le vicende di Jimmy Hoffa per coloro che volessero saperne di più é consigliata la visione di Hoffa Santo o mafioso di Danny de Vito con un meraviglioso Jack Nicholson.
Riguardo a Sheeran, viene stanato attraverso i corridoi di un ospizio nella sala bingo del luogo mentre narra le vicende che lo portarono a divenire una importante pedina nel mondo della criminalità organizzata a cominciare dal suo incontro con i boss di Philadelphia e successivamente con Hoffa. Russel Bufalino lo ingaggia subito perché vede in lui, oltre ad una stazza di un metro e novanta circa, una qualità rara, quella dell’affidabilitá. Fatti che sono narrati nel libro di memoria di Frank pubblicato postumo con il titolo: L’irlandese: ho ucciso Jimmy Hoffa di Charles Brandt la cui veridicità é messa in dubbio da molti. Quasi un racconto di se stesso a se stesso che può essere reale autonarrazione o narrazione ritoccata per non far conoscere quella reale.
Ma in qualunque modo sia andata la storia, Scorzese ci mostra un frammento di verità evidenziando il vissuto psicologico ed esistenziale dei personaggi le loro pulsioni emotive, la loro freddezza e la realtà nel suo divenire. Il regista attraverso una meticolosa ricostruzione del reale ci svela piano piano l’essenza delle cose con il suo stile che attinge dalla Noivelle Vague francese, dal Neorealismo italiano e dal cinema indipendente di John Cassavetes e riesce a far aderire la rappresentazione della realtà con ciò che viene rappresentato.
Scorzese ambienta un momento fondamentale del gangster movie dentro un’automobile dove Frank Sheeran sta accompagnando Russel Bufalino al matrimonio della nipote insieme alle loro consorti. Solo durante il viaggio scopre che la vera ragione del viaggio é legata al sindacalista Jimmy Hoffa, caduto in disgrazia. Un viaggio nelle strade dell’America tracciate proprio da Frank su una cartina geografica diviene viaggio nell’animo dove il regista costruisce il suo anti Quei bravi ragazzi e Frank riflette in maniera velata altri personaggi di precedenti indimenticabili film a partire da Henry Hill fino a Noodkes di C’era una volta in America fino a Tom Hagen de il Padrino. In proposito basta sapere che la Industrial & Magic ha curato gli effetti di ringiovanimento degli attori protagonisti e che nel 2016 il regista reclutò De Niro per girare nuovamente alcune sequenze del film Quei bravi ragazzi per testare quanto tutto questo fosse possibile. Sia Scorsese, sia l’effettista Pablo Helman rimasero entusiasti del risultati e due anni dopo partì il progetto dove tutti gli attori in alcune scene appaiono ringiovaniti di molti anni e poi di nuovo invecchiati.
Significativa la scena in cui Frank confessa, solo e abbandonato da tutti nell’ospizio dove si trova, che le figlie, una soprattutto, dopo la scomparsa di Jimmy Hoffa non ha più voluto sapere nulla di lui. Frank lo racconta e lascia trapelare solo per un attimo il possibile dispiacere sul quale prevale però la fedeltà al ruolo da lui scelto.
Il film può piacere o non piacere ma resta una esperienza a indimenticabile vedere insieme mostri della cinematografia incontrarsi per raccontarci un pezzo di storia della quale il cinema, con il suo potente potere visuale, come ha sostenuto Gabriel Garcia Marquez, si fa mezzo di espressione perfetto. Significativa una delle frasi pronunciata da Frank Sheeran che ci lascia con qualche interrogativo e che può significare una verità svelata al termine della vita, o una non realtà raccontata quando Frank era ancora in vita:” Perché tre persone mantengano il segreto, due devono essere già morte”.
Presentato in anteprima il 27 settembre al New York FilmFestival e poi alla Festa del Cinema di Roma, per essere poi distribuito dalla Cineteca di Bologna nei giorni dal 4 al 6 novembre 2019, il film a fine novembre sarà visibile sul colosso Netflix. A grande richiesta la proiezione del film verrà prolungata in alcune sale cinematografiche italiane.