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di Paola Dei
SIENA. Dal 14 ottobre nelle sale cinematografiche italiane ed al cinema Odeon di Siena, Suburra di Stefano Sollima, tratto dal romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, interpretato magistralmente da Pierfrancesco Favino, Claudio Amendola, Elio Germano, Greta Scarano e Alessandro Borghi che, dopo aver recitato accanto a Luca Marinelli in Non essere cattivo del regista scomparso Claudio Caligari, si conferma attore di grandi tonalità espressive.
Un film scuro definito dallo stesso regista “western metropolitano”, che non fa sconti a nessuno e mette in evidenza una Roma corrotta ed in declino con il pregio di non fregiarsi di falsi moralismi o messaggi buonistici, soprattutto nelle scene finali dove una ragazza tossicodipendente riscatta per amore orrori compiuti sotto i suoi occhi.
Ambientata nella Roma del 2011, e girata prima che emergessero gli episodi di mafia capitale, l’opera racconta il momento in cui Silvio Berlusconi rassegna le sue dimissioni da Presidente del Consiglio, seguito subito dopo, per esigenze di racconto e sceneggiatura, da Papà Ratzinger , lasciando in confusione una società abbandonata a se stessa, senza padri, dove l’irresponsabilità, la mancanza di concretezza e costanza, l’egoismo affettivo, prevalgono su qualità come la carica di energia e la creatività.
La psicanalista Marie Louise Von Franz, allieva di Jung, con il suo bellissimo lavoro sul Puer Aeternus aveva già individuato le conseguenze di una società privata dei padri, dove tutti sono figli alla ricerca del loro autore di pirandelliana memoria mentre Pasolini, regista di grande sensibilità, da un diverso punto di vista, aveva a sua volta intravisto e profetizzato le complesse dinamiche che lentamente stavano emergendo in superficie nel sociale.
Sollima non a caso, ha dedicato il libro a suo padre, mettendo in evidenza come quasi tutti i personaggi del film siano messi di fronte continuamente alla loro impossibilità di eguagliare i padri, immersi come sono fra le paure, i dubbi, gli interessi personali e l’incapacità nel gestirne gli effetti che osservano con occhi avidi di potere. Di grande impatto espressivo la ricerca dei tratti di personalità su ciascuno dei presunti figli: l’iracondo, l’accidioso, l’orgoglioso, tutti uniti da una matrice comune che puó essere riassunta nell’egoismo e negli interessi personali. “Tutti hanno qualcosa da perdere- ha raccontato De Cataldo- tranne la ragazza tossica che resta l’unica a potersi permettere di agire per amore.” I ragazzi di strada e le bande malavitose di borgata si mescolano con i poteri più grandi e basta una scintilla, un evento imprevisto perché l’impalcatura che ognuno si é costruito crolli come un castello di sabbia. Questa l’intelligente tessitura sulla quale si dipanano gli accadimenti del film, che, come detonazioni a catena esplodono in sequenza temporale scoprendo ogni volta un terreno infido che conduce allo sgretolamento degli stessi protagonisti.
Ci raccontano le cronache che alla prima del film proiettato al Cinema Adriano a Roma era presente il Sindaco dimissionario di Roma, Ignazio Marino accompagnato dall’assessore alla Trasformazione Urbana Gianni Caudo.