Il lavoro dedicato alla scrittrice Anna Maria Ortese sarà presentato domani (2 aprile) nella sala storica della Biblioteca degli Intronati

SIENA. Anna Maria Ortese (1914 – 1998) è stata una scrittrice sempre un passo avanti, sempre un passo indietro, mai contemporanea. E forse proprio per questo, ancora alla ricerca, per dirla con Walter Benjamin, della sua “ora di leggibilità”.
A lei – la zingara sognante, come l’aveva soprannominata Pietro Citati; la terza donna, nel 1967, a vincere il Premio Strega, dopo la Morante e la Ginzburg, con il romanzo “Poveri e semplici” – è dedicato il saggio di Francesco Ricci “Sta per finire l’umano” (primamedia editore) che verrà presentato in anteprima mercoledì 2 aprile alle 17.30 nella sala storica della Biblioteca degli Intronati di Siena. A dialogare con l’autore, sarà Raffaele Ascheri, presidente della Biblioteca degli Intronati.
Simpatizzante del marxismo e schierata a sinistra sino alla fine dei suoi giorni, Anna Maria Ortese è lontana da ogni concezione materialistica dell’esistenza, critica la scienza e il progresso, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino – approvata dall’Assemblea nazionale il 26 agosto 1789 – non celebra ciò che contiene, ma lamenta l’assenza di riferimenti ai diritti della Terra.
E ancora, accoglie l’idea di tradizione come memoria di lingua, affetti, pensieri delle passate generazioni, difende la superiorità della nozione di legge e di dovere rispetto a quella di libertà, individua nella compassione, non nella lotta di classe, lo strumento di riscatto dell’umanità reietta e sofferente. La Ortese ritiene, infatti, che la pietà sia il colmo della saggezza e amare tutti sia il primo obbligo per ciascuno di noi.
Del resto per lei la vera rivoluzione – la sola possibile – è quella interiore, non certo quella politica, e non ha paura di impiegare espressioni come spirito, anima, sacro, divino, innocente, celeste, beato. La parola “crescita” non le fa pensare al Prodotto Interno Lordo della nazione, bensì al rapporto che gli uomini intrattengono fra di loro e con tutte le specie viventi. Anna Maria Ortese sa che la ragione, se non è accompagnata dal sentimento, rende arida l’esistenza e monca la conoscenza.
E per questo guarda al grande sviluppo della tecnica con crescente apprensione, arrivando a temere per la stessa sopravvivenza dell’uomo e del modo di essere uomo fino a quel momento sperimentato e conosciuto. “Del resto, sta per finire l’umano”.