C’è sempre l’attualità senese, c’è sempre il dolore per una Siena che si vede navigare verso lidi non desiderati per la sua messa in vendita sul mercato del turismo di massa
SIENA. Scritto prima delle tragedie recenti – da Beirut a Parigi e il molto che ha fatto loro seguito – provocate dal terrorismo fondamentalista islamico, il nuovo romanzo di Raffaele, autore del blog di cultura varia (e attualità su Siena) l’Eretico di Siena, segna una tappa importante nel suo itinerario di scrittore, i cui altri libri sono pubblicizzati nel sito del blog richiamato.
Facile riconoscere che è frutto di una scrittura che ha ormai alle spalle tanta esperienza ma al tempo stesso la supera, va ben oltre.
C’è sempre l’attualità senese, c’è sempre il dolore per una Siena che si vede navigare verso lidi non desiderati per la sua messa in vendita sul mercato del turismo di massa ‘mordi e fuggi’, della mercificazione del Palio e dell’abbandono del centro storico sempre più invivibile e alla mercé del consumismo più becero.
Ma, si dirà, per chi legge il blog dell’Autore, sono considerazioni ormai ovvie.
Il fatto nuovo del libro è che, soprattutto, c’è il problema centrale del nostro tempo, investito da migrazioni rese apocalittiche dal loro intreccio con la crisi dell’Europa e l’aggressività di un certo islamismo.
I cattolici veri, praticanti, siano essi conciliari o rigoristi conservatori, pre-conciliari, assistono attoniti e in piccola misura, ci dice il romanzo, si chiedono come intervenire anche con rimedi estremi. Perché il problema è quello del vuoto che l’Islam riempie, del vuoto di religiosità, del tanto laicismo deteriore prevalente che è mancanza di qualsiasi fede, che è indolenza, ignavia, rassegnazione o consumismo.
C’è un fatto tragico nel libro che fa riempire le chiese com’è avvenuto di fatto oggi per le Feste, dopo le tragedie reali.
Ma quanto non sarà soltanto congiunturale questo slancio?
Il libro non può dirlo, perché si chiude con la constatazione, ma le premesse non permettono di essere ottimisti.
La città di Siena, presa ad emblema della crisi della nostra civiltà, appare strutturalmente incapace di reagire, ma gli spiragli di onestà ‘civica’ finali non mancano. L’assassinio del giovane giornalista critico era stata però prontamente metabolizzata. Un arcivescovo dotto e un sindaco ‘indipendente’ lasciano comunque pensare a qualche miglioria da qui al 2019, anche se l’afflusso massiccio di capitali stranieri nel settore alberghiero o di operatori specialistici da fuori per la valorizzazione dei beni culturali e il predominio dei media internazionali persino nel Palio non lasciano grandi speranze.
I processi negativi in atto nell’estate-autunno 2015, quando il libro è stato chiuso, si trovano nel libro giunti a compimento. Segno che l’Autore non è affatto ottimista, fondamentalmente, sulle possibilità reali che si dischiudono per la nostra collettività.
Perciò, probabilmente, aveva anche annunciato la fine del giornalismo d’assalto con il 2016: cui prodest continuare a svenarsi?
Il libro è angosciante anche per questo, oltreché per certe vicende cruente. Perché non sembra lasciare che spiragli che confermano la regola. Si legge con piacere solo perché è scritto bene, è sciolto, con figure ben tornite, intrecci plausibili, angoli o momenti senesi simpaticamente colti. E’ intelligente ed elegante. Cosa non di tutti i giorni. E fa riflettere, oltreché impaurire. E sempre con un taglio qua e là didattico, proprio della professione dell’Autore, che pur giovane sente la gravità degli sviluppi (in-)culturali in atto.
Tanto più preoccupanti per lui, perché non vede la religione, qualunque religione, come la Soluzione.
Essa occupa tanto spazio del nostro mondo, e oggi più di ieri paradossalmente, eppure forse non può risolvere i nostri problemi perché è (solo?) un fatto soltanto umano, della Storia.
Un Grande Fatto, intendiamoci, ma imperfetto come tutti i fatti umani. E papa Francesco tanto ‘scandalo’ ha sollevato e solleva proprio perché ha disvelato la realtà profonda della sua proiezione istituzionale, la Chiesa, rifiutandosi di nasconderne certi aspetti anche ripugnanti, per tanto tempo tenuti accuratamente nascosti.
Quanto può essere ‘vera’ una religione apparentemente tanto ‘civile’, culmine di una civiltà, se i suoi ministri sono così volgari, interpreti non convinti essi stessi del Messaggio? Non è un problema di fondo di Raffaele scrittore e moralista inflessibile?
Diviene perfetta la religione solo quando diviene Fede tutto assorbente, onnicomprensiva.
Come per la religiosa o il religioso che si rinchiudono in essa, rifiutando il mondo – con un atteggiamento anche più radicale della normale devozione di uomini e donne dell’Islam. Ma nell’un caso e nell’altro quanto incide sul sociale, sulla vita collettiva? Quanto ne alimenta i conflitti?
Quando però la professione diviene ‘totale’ e trabocca dall’individuale rapporto fedele-Dio, ecco che diventa pericolosa, come nelle frange oltranziste affrontate nel libro.
Il quale si può ben supporre che avrà una sua ‘fortuna’, e non solo oggi, proprio perché s’arrovella intorno ad un problema dimenticato della maggioranza di tutti noi.
Un problema che la diffusione dell’Islam, pacifico o meno, ci ha costretto a riprendere in esame attento, dopo un periodo di beata dimenticanza.
E allora, perché dobbiamo dirci cristiani e cattolici in una società laicizzata?
O meglio, e ancor prima, perché dobbiamo essere credenti o no?
E’ questione che molti pensavano accantonata per i motivi più vari, soverchiata dall’onnipotente pressione del lavoro, delle necessità quotidiane della famiglia e delle distrazioni consumistiche di ogni genere.
Riflettiamo: la ‘cultura’ o, meglio, gli infiniti spettacoli di tutti i generi, anche museali, che le istituzioni si sentono in dovere di somministrarci in dosi sempre più massicce, non ci sollevano spesso dal peso di ‘pensare’?
La distrazione ci ha salvato da ogni problema serio. Com’è quello che Raffaele ci ha imposto.
Non so se dobbiamo dirgli grazie.
Ma almeno i complimenti per il modo in cui ce lo ha imposto se li merita.
Mario Ascheri