Il presidente della Crusca Marazzini ha parlato di “Italianismi alimentari e musicali fuori d’Italia”
di Giulia Tacchetti
SIENA. Il XXIII convegno AIPI (Associazione Internazionale Professori di Italiano, nata in Belgio nel 1975), organizzato dall’Università per Stranieri, è iniziato ieri 5 settembre e proseguirà fino all’8 con la presenza di oltre trecento tra studiosi e docenti che insegnano l’Italiano in varie nazioni, dalla Francia alla Germania, dalla Gran Bretagna a Cuba, Cina, Camerun.
Essi, durante i quattro giorni del convegno, si confronteranno sul tema “Le vie dell’Italiano: mercanti, viaggiatori, migranti, cibernauti (e altro). Percorsi e incroci possibili tra letteratura, lingua, cultura e civiltà” attraverso 13 sezioni dedicate all’Italiano della musica, dell’arte, della scienza, della letteratura, assieme alle lingue delle migrazioni, dei nuovi media, del cinema, della storia, del mondo del lavoro.
Impegno estremamente complesso, che interessa e coinvolge non solo gli addetti ai lavori, ma anche le comuni persone, che tutti i giorni si esprimono attraverso una lingua in continuo cambiamento. A volte ci chiediamo di fronte all’uso dilagante di tante parole straniere “che fine ha fatto l’Italiano?”.
La prolusione al convegno nella sede dell’Accademia Musicale Chigiana di Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, ci ha un po’ consolato guidandoci sul tema “Italianismi alimentari e musicali fuori d’Italia”. Se è vero che l’italiano è in crisi nel settore della scienza è anche vero che ha conquistato un forte rilievo nella cucina, nella musica e nell’abbigliamento. Certamente le cose andavano meglio nel ‘500, quando il nostro paese era considerato un faro nel mondo dell’arte, dell’architettura e letteratura, ma le conquiste di nuovi settori come il cibo e la musica spingono Marazzini ad affermare che “lo stato di salute dell’Italiano è buono”, nonostante la politica linguistica adottata dal nostro paese.
La sua diffusione ed il suo insegnamento sono arrivati in posti lontano quali la Cina, anche se sono arretrati in paesi più vicini, ad esempio la Svizzera, a vantaggio dell’inglese come lingua internazionale, forte soprattutto nel campo scientifico. Oggi non esiste più un Italiano scientifico, dobbiamo ritornare a Galileo. Claudio Marazzini, attraverso vari grafici e riferendosi a vari testi quali “Il dizionario degli italianismi in Inglese, Francese e Tedesco”, pubblicato dalla Crusca, consultabile on line, ci intrattiene per più di un’ora in modo interessante e divertente. Termini della gastronomia come antipasto, cappuccino (presente in 40 lingue secondo i saggi di Serianni del 2011), carpaccio, pizza (presente in 60 lingue), broccoli e vini (aleatico, grappa, malvasia), sono diventati prestiti integrali soprattutto nella lingua inglese e tedesca, meno nella francese per la sua tradizione culinaria.
Il grafico della musica dimostra che la lingua più ricettiva è la tedesca, poi francese e inglese per l’uso di termini che riguardano movimenti, voci di cantanti, tipi di musica (andante, allegretto, basso, baritono, tenore, capriccio, cavatina). Sono stati scelti questi due campi (cucina e musica) perché 2500 sono i prestiti italiani nelle tre lingue, che per il Rettore dell’Università per Stranieri esprimono la vitalità della nostra lingua, oltre che la nostra tradizione culturale e rappresentano comunque l’importanza della lingua italiana nei secoli. Noi vorremmo aggiungere all’Italiano della musica e del cibo anche quello dell’arte, perché termini come bucchero, bugnato, bifora ed altri non possono essere tradotti.
La serata si conclude (e non poteva essere altrimenti) con lo splendido concerto tenuto dal Quartetto Adorno, che suona Beethoven.
Ricordiamo la presenza di Roberto Benigni, che il 6 alle ore 19 leggerà il canto VIII dell’Inferno di Dante nell’Aula Magna dell’Unistrasi e la bellissima locandina del Convegno disegnata da Emilio Giannelli.