Sabato 7 maggio ore 18 al Santa Chiara Lab in scena la straziante lettera dell’incontro con Dino Campana
SIENA. La sera del 13 settembre 1917, da Novara, dove poche ore prima ha incontrato in carcere il poeta Dino Campana, la scrittrice Sibilla Aleramo scrive una straziante lettera allo scrittore e critico Emilio Cecchi, amico di entrambi: rievoca il drammatico incontro con Dino, comunica la decisione angosciante ma irrevocabile di lasciare definitivamente il poeta, per il bene di entrambi.
Da quest’ultimo incontro e da questa lettera Lorenzo Bertolani ha tratto la drammaturgia poetica Sibilla Aleramo. Così bella come un sogno, lo spettacolo che andrà in scena sabato 7 maggio (ore 18) Santa Chiara Lab (via Val di Montone 1). L’iniziativa è inserita nel cartellone 8 Marzo un anno di diritti, è a cura di NonunadimenoSiena, Provincia di Siena, Università degli Studi di Siena, Cug di Ateneo, Santa Chiara Lab, ProLoco Piana di Settimo-Scandicci, Unicoop Firenze-Sezione Soci Siena.
Bertolani, nel suo spettacolo, immagina la scrittrice ripensare e rivivere la sua storia d’amore con l’autore dei Canti Orfici ma anche la sua stessa vita: la violenza sessuale subita, l’abbandono del figlio, la madre morta in manicomio senza averla più rivista. Con una scelta originale e coraggiosa, Bertolani mette in scena non la donna cinica e calcolatrice che ha sedotto Campana per aggiungerlo alla sua ricca collezione di amanti scrittori, intellettuali e artisti, com’è stata spesso superficialmente rappresentata, ma il lato più sofferente di Sibilla: la scelta rischiosa di vivere, la sua solitudine intesa come il “fastidioso obbligo di vivere per sé”, la sua spudoratezza nel portare nella scena pubblica il sogno d’amore. Sibilla diviene così coscienza anticipatrice nella ricerca di autonomia dell’essere femminile. Ne è risultato “un piccolo poema che riesce a contenere una bellezza scarna e pura, limpida e nuda” (Roberto Carifi). Lorella Serni, con la collaborazione di Giancarlo Cauteruccio, ne ha ricavato una messa in scena “che in questi dieci anni è diventato un classico della teatrografia campaniana.