L'antologico ai Magazzini del Sale di Palazzo Pubblico dal 10 luglio all’8 settembre 2019
SIENA. Per il centenario dalla nascita di uno dei più famosi pittori contemporanei, il senese Piero Sadun (1919-1974), l’omaggio della città con la mostra Sadun100, curata dal critico e storico dell’arte Marco Di Capua.
Dopo essere stata ospitata nel mese di giugno a L’Aquila, la città dove Sadun ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita, e che lo ha visto protagonista nella promozione della cultura contemporanea nel ruolo di Direttore dell’Accademia di Belle Arti, l’allestimento a Siena si arricchisce di altre opere.
L’esposizione, nei Magazzini del Sale del Palazzo Pubblico (Piazza Il Campo, 1), che sarà inaugurata il prossimo 10 luglio, durante una conferenza stampa dedicata, aperta al pubblico, vuole ripercorrere infatti in chiave antologica – dai suoi esordi fino alla sua scomparsa prematura – il genio plurale ed intellettuale che è stato Sadun, non solo pittore quindi, ma anche progettista d’interni, costumista, scenografo, educatore, ideatore di progetti formativi e mente e cuore della più bella rivista d’arte del secondo Novecento italiano, QUI arte contemporanea, edita da Lidio Bozzini.
<<Un ritorno a casa>>, come sottolinea il sindaco Luigi De Mossi, perché <<Sadun fa parte di Siena e l’arte di Sadun riguarda Siena. Nella sua pittura gli eventi traumatici del secolo scorso si intrecciano con i paesaggi urbani e campestri senesi dando vita ad un’elaborazione visiva ed emotiva unica che è quasi una sociologia narrativa>>. Ed anche la scelta di accogliere le opere di Sadun <<nel cuore sotterraneo di Piazza del Campo, con i sui labirinti di mattoni ed i suoi volumi frammentati>>, si lega al racconto visivo dello stesso autore: <<una dimora naturale per le memorie che vogliamo difendere dall’erosione del presente, una destinazione riparata ma aperta, proiettata verso il mondo esterno>>.
Una realtà d’immagini che è vita con un suo percorso e una sua storia tra tappe e punti di svolta, cambi di rotta e prospettive diverse. Come scriveva un altro senese illustre, il critico e storico dell’arte Cesare Brandi, il suo lavoro si può riassumere in tre periodi chiave dell’esistenza, non solo dell’artista, ma anche dell’uomo Piero: “Quando finì la guerra, ritornato da avere fatto il partigiano sulle montagne aretine, cominciò una pittura tutta di colore, come rotta da singulti, attraversata da lame di luce che sfrangiavano le forme e slabbravano i colori”. Una seconda fase cubista, “su una base cromatica scura, con delle scomposizioni che lasciavano sempre sopravvivere qualcosa, come un lampo, dell’oggetto di partenza. Ma sempre, come prima e come sarà dopo, c’era, nel suo modo di aggredire la tela, una delicatezza, una scelta sottile, il gusto di una pittura che, seppure dovesse apparire gradevole, tendeva ad essere una pittura per la pittura”. E una terza che si conclude con quella che Brandi chiamava “processo verso l’astrazione” che “si compiva intanto senza stacchi violenti, proprio per una emergenza sempre più esclusiva del colore: non più un colore gridato, rotto, alla Soutine, ma grandi stesure, che poi dovevano arrivare a queste ultime, internamente sommosse, con variazioni minute e minime, ma come un mosaico dove l’unità di tono assorbe la frammentazione delle tessere”.
Paesaggi, ritratti, nudi. Ma anche interni, oggetti, animali, nature morte ed omaggi a intellettuali e artisti, amici d’infanzia come lo furono Cesare Brandi e Mario Verdone, oppure solo ammirati come Caravaggio.
Accanto a questi lavori, carichi di un incredibile senso di profondità interiore, dove il cromatismo caldo e avvolgente delle tonalità del rosso e dell’arancio traslano in fasci di luce generati dal giallo e dall’ocra, ecco le opere dove, dopo il periodo del figurativismo, Sadun mette in primo piano la sua bellissima tavolozza cromatica per dedicarsi all’astrattismo.
In queste è il colore che crea – nel suo linguaggio autonomo – le forme. Nessuna linea lo contiene, è pura materia, ma densa di significazione. Su queste tele l’occhio del visitatore è obbligato a soffermarsi di più per ascoltare il pittore in quel dialogo così stretto che solo l’arte riesce a innescare.
Concettualità, sensazioni, stati d’animo, memorie. Nel bellissimo e ricco allestimento senese c’è tutto il vissuto di questo grande artista del ‘900 che ha subito le leggi razziali e scampato alla deportazione, riuscì a dare il suo contributo, da partigiano, alla Resistenza.
Sadun100 è un vero e proprio viaggio dell’anima. È un diario a pennellate di colori che rivive anche nel ricco catalogo (edito da LuoghInteriori). Al suo interno, oltre ai saggi del curatore, di Francesca Franco e di Alessandro Masi- Segretario Generale della Società Dante Alighieri, le interviste ad Achille Bonito Oliva e a Lorenza Trucchi, curate da Luca Verdone. Arricchiscono il catalogo, il contributo storico critico di Anna Di Castro, una ricca antologia della critica ed un ricordo in parole dei nipoti Annalisa, Giovanna e Susanna Sadun, Giacomo e Piero Corsini, che non mancano di sottolineare, oltre alla poliedricità dell’artista, “lo zio sempre presente anche se viveva lontano”, che annunciava il suo arrivo “con una scampanellata inconfondibile, con un interesse continuo per i nipoti fatto di attenzioni, amore, premure e quasi un’ossessione per la loro educazione sentimentale e culturale, a cominciare dai libri”.
Dopo Siena, l’ultima tappa di questo tour sarà Roma.