Ai Rinnovati la piéce tratta dal romanzo di Moravia

di Giulia Tacchetti
SIENA- La prima rappresentazione de “La ciociara” sul palcoscenico del Teatro dei Rinnovati è avvenuta ieri, 1° marzo (le altre sono previste fino a giovedì 3) con Donatella Finocchiaro e Daniele Russo, la regia di Roberta Torre e la produzione della Fondazione Teatro di Napoli/Teatro Bellini.
La storia, tratta dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, pubblicato nel 1957 con un notevole successo di critica, fu trasportata nel cinema dal grande Vittorio De Sica nel 1960 e fruttò l’Oscar all’indimenticabile Sophia Loren; nel 1985 Annibale Ruccello curò l’adattamento teatrale, che ottenne l’apprezzamento dello stesso Moravia. Da qui si capisce quanto sia stato arduo confrontarsi con il passato per regista ed attori, ma sia Roberta Torre che gli interpreti hanno sostenuto in modo convincente il paragone, ottenendo il consenso del pubblico presente (purtroppo accorso in numero scarso, forse a causa del maltempo e della partita di calcio). L’originalità dello spettacolo è quello di aver riproposto con l’adattamento scelto una riscrittura del romanzo di Alberto Moravia , ma anche del film di Vittorio De Sica.
La pièce inizia con Rosetta ormai donna e Cesira invecchiata, il contesto è quello dell’Italia del boom economico. Le due donne stanno litigando per l’acquisto di un’automobile. Gli anni sono passati e ormai tutto è tornato alla normalità; la ricostruzione del dopo guerra ha sviluppato una società piccolo borghese, attratta dai nuovi prodotti del benessere economico: elettrodomestici, automobili, la televisione. La guerra è lontana e pure torna con ricordi scomodi, come lo stupro di Rosetta ad opera dei soldati marocchini, entrati In Italia con lo sbarco delle forze alleate, introdotti da improvvise immagini proiettate sul fondo della scena. Ecco che piano piano attraverso un flash back ritorna il passato e Cesira inizia a raccontare tutte le traversie patite dopo aver lasciato Roma, cercando di raggiungere il paese di origine. Le scelte registiche come le proiezioni di immagini che materializzano il passato o le proiezioni di foglie che danzano, la pioggia battente creano un clima onirico ed uno stretto connubio tra cinema e teatro. Infatti la regista alla trasmissione di Gigi Marzullo “Sottovoce”andata in onda ieri sul primo canale della Rai TV in tarda serata ha sottolineato che “Il cinema è più razionale, il teatro più onirico”. La scenografia così risulta particolarmente suggestiva ed accompagna i due temi che scaturiscono dalla rappresentazione: la guerra, i soprusi, il corpo della donna violato, la perdita dell’innocenza, il sopore delle coscienze rimandano ineluttabilmente alla nostra triste contemporaneità; il ritorno al conformismo dopo una terribile tragedia, come se nulla fosse accaduto, dimostra che su tutto e tutti è avvenuto un cambiamento, sostenuto da una nuova etica, che aiuta a dimenticare con la bella apparenza, i prodotti del lusso.
Particolare la scelta delle musiche da parte di Massimiliano Pace, “Vivere”,” C’è una strada nel bosco”, che chiude lo spettacolo con la canzone di Patty Pravo “Sentimento” del 1968. Mano a mano che si snoda la vicenda, la recitazione di Donatella Finocchiaro, che passa dal cinema al teatro con disinvoltura, diventa sempre più intensa . Parte in sordina la performance di Rosetta, Martina Galletta, migliorando nettamente dopo la violenza subita. Convince Daniele Russo nella parte di Michele, il giovane che muore per i suoi ideali.