L'omaggio di Siena a papa Alessandro VII ed al grande artista
di Giulia Tacchetti
SIENA. Quando parliamo del papa Alessandro VII (1655-1667), il senese Fabio Chigi, ci troviamo di fronte ad un intellettuale di grosso calibro, rappresentante della cultura internazionale dei letterati, oltre che di un antiquario di gusto raffinato, intenditore «di pitture, di sculture, di medaglie antiche, di archivii” (così si descrive). Raggiunge la sua piena affermazione nel 1655, quando sale al soglio pontificio, ma già precedentemente si era fatto notare come nunzio apostolico nella pace di Vestfalia (1648). Come papa vuole ricostruire l’immagine della città di Roma, per crearne una più accattivante, in modo da sedurre i numerosi pellegrini ed intellettuali, che giungono numerosi.
Per confermare la centralità di Roma tra i popoli della cristianità, si appoggia particolarmente all’opera del Bernini, facendo realizzare il colonnato della chiesa di S.Pietro e la cattedra omonima. Altre opere vengono commissionate per la cappella di famiglia a S.Maria del Popolo. A Siena significativo il suo intervento nella risistemazione urbanistica della piazza del Duomo e l’edificazione della cappella della Madonna del Voto (1661) su progetto di Gian Lorenzo Bernini. Quindi, Alessandro VII non smette mai di pensare a Siena, suo luogo di origine, inviando in dono alla Cattedrale e alle varie chiese della città preziosi reliquiari e arredi sacri.
la mostra inaugurata il 12 aprile (fino al 3 novembre 2019), nei locali della cosiddetta Cripta del Complesso Monumentale del Duomo di Siena, a cura di Alessandro Bagnoli e Alessandro Angelini, dal titolo “Marmo, bronzo e argento per Alessandro VII. Oreficeria e scultura monumentale dalla Roma del Bernini al Duomo di Siena”, è un omaggio al papa. Nel contempo mira a far conoscere al grosso pubblico una serie di oggetti di oreficeria del XVII sec., conservati in ambienti non accessibili ai visitatori come la Sala del Capitolo dei Canonici o la sacrestia del Duomo di Siena. In quest’ultima sono conservati quattro urna-reliquiario su modello della bottega di Algardi in bronzo dorato, argento, ebano, dei santi protettori di Siena: Ansano, Crescenzio, Savino, Vittore. Notevole il reliquiario di san Fabio (Conservatori Femminili Riuniti) destinato alla chiesa di San Raimondo al Refugio in ebano, argento, alabastro, smalti colorati, poco conosciuto al pubblico. Nella mostra testimoniano la passione di Alessandro VII per la scultura monumentale due busti-ritratto in marmo di Gian Lorenzo Bernini ed in metallo di Melchiorre Caffà. Il primo (1657) raffigura il papa con un volto dallo sguardo severo, ma addolcito da una velata gentilezza d’animo ed eleganza del portamento. Bernini riversa nel marmo tutte le sue doti: le pieghe profonde all’altezza del gomito, il colletto rigido, la larga stola ricamata che dalle spalle ricade sul petto producono effetti di luci e ombre. Segnaliamo l’opera anche perché, essendo proprietà privata, è visibile solo in mostra. Dieci anni dopo, viene eseguito il secondo busto in bronzo su modello in creta di Caffà, scultore maltese, che fa temere al Bernini di essere superato dalle capacità inventive del giovane artista. Dal modello in terracotta plasmato dal Caffà e conservato nel Palazzo Chigi di Ariccia, vengono ricavati due esemplari in bronzo, di cui uno è conservato nella Sala Capitolare del Duomo di Siena, l’altro presso il Metropolitan Museum of Art di New York. Lo scultore non solo modella la creta per la scultura, ma cesella anche il bronzo. La doratura della stola spicca sul nero del metallo, producendo un notevole effetto coloristico, da cui scaturisce un’espressione di forte austerità del personaggio.
Ci siamo limitati a segnalare soprattutto le opere che possono essere scoperte solo andando a visitare la mostra. Alessandro Bagnoli sottolinea che anche lui è venuto a conoscenza di alcune opere lavorando nella sacrestia, perciò si ripromette con l’aiuto degli universitari dell’ateneo di Siena di inventariare tutte le opere presenti in loco. La collaborazione tra Opera Metropolitana, Opera Civita dimostra quanto il nostro patrimonio artistico abbia bisogno di essere tutelato e che l’atto di tutela è già un atto di valorizzazione e di conoscenza.