Caro Gesù Bambino, quest’anno per Natale scriviamo un racconto. Per ricordare che il Natale è universale.
Come fare per partecipare
Non si vince nulla, questo non è un concorso, ma uno spazio che dedichiamo ai lettori del Cittadino che vorranno inviarci il loro racconto di Natale. Ogni giorno ne pubblicheremo uno nuovo, fino al 24 dicembre. Non ci sono premi in palio, solo la soddisfazione delle letture. L’indirizzo a cui inviare il racconto è redazione@ilcittadinoonline.it
Racconto di Natale
di Eugenio Rjs
SIENA. Camminava abbastanza lentamente, un po’ in contrasto con la sua abitudine di sempre. Da qualche tempo faceva più fatica a muoversi e gli pareva che non fosse solo per via del freddo. In fondo non era così freddo, anzi molti si lamentavano che il tempo incerto e umido fosse un po’ troppo tiepido, dimenticando che ancora non si era d’inverno. Ma si sa, la gente si lamenta facilmente e spesso il tempo fa le spese del malcontento generalizzato, e di una stagione del mondo completamente deragliata dalle aspettative che lo avevano accompagnato per buona parte della sua vita.
E ora? ora che vedeva il tempo accorciarsi e molte aspettative tradite, sperava di trascorrere qualche anno quietamente, rassegnato – ma in fondo gli andava bene così – a una serie di delusioni che lo mettevano un po’ in un angolo; un uomo ingrigito dalla solitudine e dal troppo rimuginare dentro di sé gli anni perduti a rincorrere mete che non era stato capace di raggiungere, e di cui non aveva saputo prevedere l’inutilità.
La strada saliva, un po’ ripida, fino alla piccola piazza del paese; lì in anni ormai lontani aveva visto feste e balli paesani, processioni ben preparate – con le donne del paese a spargere petali di fiori sul tragitto dei fedeli preceduti dal prete e da una traballante statua lignea del santo protettore – poi la piazza era cambiata, era diventata un po’ più commerciale, con tre piccoli ristoranti che si davano da fare, senza trovare un briciolo d’intesa tra di loro e facendosi una concorrenza piuttosto inutile: la gente si arrampicava comunque fin lassù perché si era sparsa la voce che il panorama fosse imperdibile. ‘Paesaggio’, corresse mentalmente. Ma tanto la gente manco sa che cosa sia un paesaggio: arrivano fin quassù, si mettono in posa, poi vanno al ristorante e così sia.
Si accorse che poteva percorrere la salita con sufficiente fiato e riprese un po’ dello spirito che lo aveva accompagnato lungo quasi tutta la sua vita, ma stasera non riconosceva sé stesso, tanto si sentiva vuoto dentro, senza idee, senza qualche cosa da fare o da dire.
Anche se era ancora giorno, la piazza era scura con le pietre annerite dall’umidità: si accorse che era stato fatto l’albero di Natale e osservò che le luminarie erano un po’ meglio del solito, quasi di buon gusto, per quanto possa esserlo un albero addobbato. Ansimava leggermente, ma non era per la mancanza di fiato piuttosto era qualcosa che gli pesava dentro a cui non aveva voglia di dare retta.
Si accorse un po’ dopo della bambina quasi scambiandola per una statua o qualcosa di simile; che cosa ci faceva una bambina così piccola, da sola, in piazza seminascosta dietro l’albero illuminato. Pensò che avrebbe potuto rovinare qualche decorazione, ma subito dopo rimediò a quel pensiero e si corresse: magari poteva farsi male.
La piccola si era accorta di lui e forse l’aveva scambiato per un parente – uno zio, un nonno? Più probabile un nonno, in fondo lui aveva molti capelli, ma tutti bianchi – e gli stava sorridendo mentre accennava a nascondersi; forse voleva giocare, ma la madre dov’era?
Ricambiò il sorriso quasi meccanicamente, non ci sapeva fare con i bambini, non ne aveva avuti e non li capiva, ma in fondo era la vigilia di Natale e quella piccina aveva un’aria benaugurante; stette al gioco e si avvicinò all’albero con l’intenzione di chiederle come si chiamava, ma lei con un saltello iniziò a muoversi in direzione opposta, ridendo con l’aria di iniziare a rincorrersi. Si accorse che la bambina aveva staccato una palla dall’albero e si muoveva rapidamente in una sua piccola sarabanda festosa. Gli ricordava qualcosa della sua infanzia ma non riusciva a ricordarsi. Ah sì, forse gli ricordava la prima volta che, bambino, aveva visto addobbare un piccolo albero in casa; era passato così tanto tempo che non riusciva a ricordare in quale casa, tra le tante abitate dai suoi genitori negli anni, aveva visto materializzarsi quell’albero decorato. La bimba si mosse ancora e lui fu colto dalla nostalgia del bambino che gli era improvvisamente ritornato in mente e gli spuntò un sorriso compunto. Aprì la bocca per chiedere qualcosa mentre sentiva improvviso uno spasmo nella schiena che lo obbligò a bloccarsi immediatamente. Si sentì afferrare le braccia che si intorpidivano e non capì subito se era lo sforzo, o forse il ricordo giunto a tradimento a emozionarlo, a riempirlo di nostalgia per tutti i Natali che aveva trascorso lontano da quel bambino che ora gli tornava in mente più nitido … ma forse era lui che se lo inventava, non capiva bene e si sentì confuso. La sola cosa che riusciva a pensare era che non voleva cadere in terra lì – magari perfino morire – proprio la sera della vigilia di Natale; non voleva, soprattutto, diventare un brutto ricordo per quella piccola giocherellona che gli aveva ricordato qualcuno che pensava di aver dimenticato per sempre.