di Paola Dei
ROMA. Alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città è stato presentato il film Prima donna tratto dalla storia vera di Franca Viola, la prima donna che nella Sicilia degli anni 60 ebbe il coraggio di dire no ai soprusi ed alle imposizioni sociali dell’epoca.
“Volevo rappresentare tutte quelle donne che dicono “no” alla violenza, agli abusi e raccontare una giovane donna che potesse contenerne una moltitudine in molteplici epoche. Il lavoro importante è stato rendere la protagonista un personaggio universale e transgenerazionale che rappresentasse tutte le eroine della storia”. Ha spiegato durante la presentazione del 18 ottobre la regista Marta Savina.
Il film che uscirà con Europictures, a fine ottobre e nella sale cinematografiche coprodotto da Terderstories, con la partecipazione di Fabrizio Ferracane nelle vesti del padre della ragazza, Manuela Ventura nei panni della madre e Francesco Colella in quelle dell’avvocato che la difende, narra le vicende di Lia, una bella ragazza siciliana interpretata da Claudia Gusmano, con lo sguardo fiero e sfuggente di cui si invaghisce Lorenzo Musicò ifiglio del boss del paese, interpretato da Dario Aita, che di fronte al rifiuto di lei decide di rapirla e farla sua. La normale conclusione dell’epoca a queste vicende era il cosiddetto matrimonio riparatore, ma Lia, decisa a far valere la sua libertà di scelta e a non cedere a situazioni ottenute con la violenza, porta in tribunale il ragazzo e in questo modo, a segnare una svolta importante è necessaria nella storia di emancipazione della donna.
La storia sovrapponibile con le vicende reali accadute a Franca Viola a cui la regista nel 2017 aveva già dedicato un cortometraggio alla storia con il titolo Viola Franca, mostra anche una straordinaria somiglianza della attrice protagonista con la vera Franca Viola e il cognome Musicò evoca senza ombra di dubbio il cognome Melodia, così si chiamava il rapitore, e ripercorre le vicende accadute ad Alcamo nei giorni che seguirono il rapimento durante il quale la madre fu picchiata, il padre minacciato e il fratello gettato a terra.
Tutti nella Sicilia dell’epoca volevano far credere a Franca che aveva sbagliato e che quindi avrebbe potuto rimediare , riparare, espiando il danno facendosi sposare. Una donna degna di onore in queste situazioni di solito si fa sposare, ma Franca con lo sguardo fiero e la voglia di lottare per la sua libertà non cedette a questa ulteriore violenza che avrebbe visto tutti contenti. “Tutti contenti! Ma io?…Sarò contenta? Quante donne si sono adattate….ne conosco tante…ma hanno tutte gli occhi spenti, come se per continuare a vivere fossero costrette a morire dentro a non sentire. Chiudersi in un silenzio di morte”. Si chiede Franca in una opera realizzata durante il periodo del COVID con la partecipazione dell’Istituto Storico Parri, il Teatro Argine e il Comune di Bologna. Mentre tutti sono convinti di fare il suo bene, Franca vuole altro…..il suo bene a detta di tutti….giustifica le nefandezze e le violenze commesse. In realtà, come ricorda la storia, non importa a nessuno di lei, a parte i genitori e il fratello, gli altri hanno solo bisogno di sentirsi dire che hanno ragione loro e che una donna è solo un corpo da prendere, maltrattare, educare a proprio piacimento. E poi….? vogliono che con un passo tutto torni come prima, silenzioso, placido, tranquillo. Come se nulla fosse accaduto! È la stoltaggine della media della popolazione che pretende finali fatti di finzione, ma per Franca la finzione è più insopportabile dell’ arrendersi.
Interessantissimo il dibattimento nel tribunale che evidenzia aspetti psicologici fondamentali mentre Francesco Colella difende la ragazza. Sono le piccole cose che cambiano il mondo declama la canzone dedicata alla storia….
Certo un no è piccola cosa, ma è grazie al Cinema, allo Spettacolo, che quel no diventa universale e rimbomba nelle orecchie di tutti. Mai un SI a ciò che è ottenuto con la violenza, sia essa psichica o fisica.