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Premio Viareggio: un’edizione di grande livello

di Patrizia Fazzi
VIAREGGIO. 27 agosto 2010, ore 12,30: terrazza a perdita d’occhio su cielo e mare dell’Hotel Plaza e de Russie, incontro della stampa con la giuria e i vincitori dell’81^ edizione del Premio Letterario “Viareggio-Repaci”.

“Cosa pensa della moltitudine di premi letterari italiani e delle polemiche che talora suscitano?” chiede un giornalista a Mario Vargas Llosa, scrittore, giornalista e politico peruviano, autore a tutto tondo di innumerevoli opere narrative, teatrali, saggistiche, già presidente del Pen Club International. Quest’anno è lui l’insignito dalla Giuria del “Premio Internazionale Viareggio-Repaci” e la sua figura dignitosa diviene ancor più carismatica quando si esprime, oltre che in lingua spagnola, nel suo non perfetto italiano venandolo di accento sudamericano. “Mag-nifico! – risponde subito – el premio crea ‘curiosad’ intorno al libro, agli autori, la rivalità aiuta a dare ‘mas’ gusto alla vittoria, purchè reconosca el vero valor”. E Rosanna Bettarini, presidente di Giuria, nel suo saluto e annuncio ufficiale dei nomi dei premiati, aveva poco prima sottolineato la validità e il senso dei premi letterari come stimolo alla lettura e incentivo alla qualità della scrittura. La fama del “Viareggio-Repaci” si deve anche e soprattutto – ci aveva detto la sera precedente in conferenza stampa – alla trasparenza e onestà della giuria, esente da pressioni e composta da nomi autorevoli e ineccepibili, nonchè all’accordo, equilibrio e reciproco rispetto nella gestione con il Comune di Viareggio, il cui sostegno è importante e lodevole. Ciro Castagnola, Vicesindaco e Assessore alla Cultura, ribadisce il tutto nel suo intervento, sottolineando il forte impegno dell’amministrazione in vari eventi culturali. Tra essi uno dei migliori fiori all’occhiello è sicuramente questo premio letterario tra i più antichi d’Italia, nato oltre ottanta anni fa dalla passione di Leonida Repaci, il ‘leone di Calabria’ che lo intitolò alla cittadina balneare, che ora, dopo la sua scomparsa, ne ha inglobato il nome in un’unica etichetta, così ambita da scrittori e case editrici, che, se è bellissimo vincere, altrettanto prestigioso è essere inserito nella terna finale o anche solo potersi fregiare di giungere ‘finalista’.
E’ infatti un lavoro lungo e ampio quello svolto con serietà e competenza dalla giuria che esamina una vasta gamma di opere prima di annunciare una rosa ristretta di nomi. E certo scorrere l’elenco dei premiati e partecipanti nel corso dei decenni suscita non poca emozione: sembra di leggere una quasi storia della letteratura italiana: Gramsci, Luzi, Moravia, Morante, etc.. (della sua storia e documenti si sta occupando con passione Francesca Romana De Angelis). Nel 1946 il grande Umberto Saba, archetipo di altri ’canzonieri’, è il primo premiato per la Sezione Poesia istituita quell’anno e nel corso delle edizioni il premio è cresciuto nella considerazione nazionale e oltre, si è arricchito di sezioni “Viareggio-Tobino” (quest’anno il premiato è stato Sergio Zavoli), “Premio giornalistico Cesare Garboli” (andato alla penna arguta di Vincenzo Gallo), “Viareggio Scuola”, suscitando sempre grande interesse e a volte infuocate polemiche e dibattiti, pubblici o sotterranei.
Ma questa è un’edizione più tranquilla, oggi è giorno di festa e arrivano quindi sulla terrazza, un po’ stanchi per il viaggio ed emozionati al punto giusto, i premiati: Nicola Lagioia, barese trentasettenne, vincitore nella sezione Narrativa con il romanzo “Riportando tutto a casa” (Einaudi), Pierluigi Cappello, friulano, quarantatre anni, vincitore per la Poesia con “Mandate a dire all’imperatore” Crocetti) e Michele Emmer (figlio del regista Luciano), romano, docente universitario di matematica, la cui originalissima opera “Bolle di sapone.Tra arte e matematica”(Bollati Boringhieri), ha vinto nella sezione Saggistica. Giunge anche da Vicenza il poeta e critico Fernando Bandini, classe 1931, premiato dal presidente Rosanna Bettarini, oltre che per l’ultima raccolta “Quattordici poesie” (Obliquo), per la sua opera poetica complessiva, in cui, oltre che in italiano, si cimenta egregiamente con il latino e il veneto. Sono quattro protagonisti di prim’ordine, animati da una coscienza intellettuale che non sfigura accanto a Vargas Llosa. Si dà loro la parola e si apre un dibattito attraverso le domande dei giornalisti: si parla del ruolo di testimonianza critica della letteratura, della funzione rivitalizzatrice della parola poetica, della necessità di professionalità nella scrittura, mentre lo scrittore peruviano anticipa con la consueta passione il suo prossimo romanzo: una denuncia del genocidio operato con atrocità verso i congolesi, amara vicenda sul colonialismo e imperialismo incentrata sulla vita di un diplomatico… C’è un sole pieno e un cielo azzurro, nessun rumore che disturbi, siamo al quarto piano, ma sembra quasi di essere al settimo cielo, o meglio nella dimensione vera di chi ama l’invenzione e la ricerca letteraria, di chi crede, come afferma Cappello e poi ribadisce Bandini, che le parole della letteratura siano un lavoro indispensabile nel laboratorio della lingua, un fenomeno in sè, un gesto che non sfuma nell’attimo, che ha una “durata” che il tempo non distrugge ma consolida.
Nicola Lagioia parla del suo romanzo ambientato nella Bari degli anni ’80, “città matrioska”, come lui la definisce, calderone di bene e male in cui si addentrano tre adolescenti: “in realtà è anche romanzo sul presente perchè riferito all’ultima mutazione antropologica”. “E’ storia di contrasto sociale o esistenziale?” gli viene chiesto.“L’uno e l’altro insieme” – risponde – romanzo di formazione e rappresentazione di un vuoto ideologico, di una generazione ormai alle corde”. E la sera, alla cerimonia ufficiale al teatro Eden, alla domanda della conduttrice “E’ cambiato qualcosa?”, Lagioia chiarirà ancora: “E’ rimasto troppo, la cancrena di allora è l’oggi, occorre cambiare pagina iniziando dal rivalutare il linguaggio letterario, antitesi e antitodo a quello politico e commerciale”.
Di lingua parla molto anche il fiuliano Pierluigi Cappello: “Vengo da un paesino tra Austria e Slovenia e se a volte ricorro a termini dialettali è per reagire all’appiattimento dei mass media, usando il friulano come lingua d’arte”. La poesia dunque come mezzo per entrare nel corpo vivo di una lingua al crepuscolo e farla rinascere, arricchendola di un alone semantico, rastremandone il terreno per gettarvi semi nuovi. Mentre si svolge la conferenza, un aquilone si libra nel cielo di Viareggio e scatta la domanda a Cappello, sul rapporto tra la sua scrittura e il volo, di cui è appassionato ( lui a cui un incidente ha cambiato la vita). “Anche la poesia, come ogni velivolo, ha un suo assetto di volo, un equilibrio tra forze statiche e dinamiche, e chi scrive poesie compie questa continua ricerca all’interno della lingua, per cui un ‘lapsus’ può risultare non una caduta ma un atto creativo”. Anche Bandini ha ricorso al bilinguismo italiano-latino e ricorda i primi tentativi di scrivere esametri, sull’esempio di Pascoli, ma anch’egli spronato sempre più dalla corruzione attuale di una lingua massificata, tanto da affermare , paradossalmente, che “la sola lingua viva oggi è quella dei morti”.
Una giornalista chiede agli scrittori presenti quale sia oggi, nella società dominata dalle immagini, la possibilità di un letterato di incidere nel tessuto della società in modo formativo, specie verso i giovani. “Un poeta è un giardiniere che si ostina a curare il suo giardino mentre la città è in fiamme” risponde Cappello, “bisogna scrivere nonostante tutto”. E già le frasi fin qui citate varrebbero tutto l’impegno degli organizzatori, ma Emmer aggiunge “Non solo scrivere, ma in modo chiaro e corretto, essere consapevoli e padroni dei propri mezzi; occorre studio, impegno serio in quello che facciamo: questo si dovrebbe far capire all’80% degli studenti”.
Ore 21, in un Teatro Eden affollato, la premiazione ufficiale del “Viareggio-Repaci”: tutta la autorevolissima giuria schierata sotto i riflettori e presenze importanti, tra cui Augusto Ferrero, ambasciatore del Perù in Italia, seduto con grande orgoglio accanto a Vargas Llosa, l’Assessore Regionale alla Cultura Cristina Scaletti, che loda la manifestazione e si associa ai suoi obiettivi di stimolo ad una cultura valorizzata e responsabile. Ci sono autorità civili, il Presidente e il Prefetto della Provincia di Lucca, rappresentanti di case editrici, tra cui Nicola Crocetti e Ricki Cavallero, e soprattutto partecipazione calorosa di pubblico durante la manifestazione condotta con garbo e rigore dalla bella attrice Tiziana Bagatella. Scorrono in sottofondo le dolci note di musiche pucciniane, che accompagnano l’entrata sul palco dei premiati, ma non ci sono le esibizioni dei cantanti, annullate all’ultimo momento per ‘incomprensioni’ nella scaletta del programma.
Ma in fondo di ‘premio letterario’ si tratta e la musica c’è già nelle parole scritte e donate ai lettori e i veri protagonisti della serata sono i libri e gli autori premiati, nonchè la giuria che, dopo il lungo lavoro, ora legge le sue ben scandite e non banali motivazioni. Così, come è giusto che sia, dopo la coinvolgente relazione della Presidente Rosanna Bettarini, si dà spazio alle interviste ai premiati, tutte intonate ad un alto livello etico oltre che culturale, e si leggono alcuni brani delle opere poetiche: il silenzio che si crea durante la lettura è subito interrotto dagli applausi finali. Michele Emmer, insigne matematico clandestinamente dedito alla scrittura d’arte, parla del suo libro dedicato alle bolle di sapone, una vera “avventura dell’intelligenza”, come scrive nella motivazione Sergio Givone, opera certamente innovativa, incrocio creativo e raro di discipline diverse intorno ad un tema in apparenza inconsistente e in realtà metafora della grandezza e fragilità del cosmo. Grande poi l’emozione quando sale sul palco Mario Vargas Llosa : racconta l’esperienza conflittuale con il padre, che, contrario (come spesso accaduto per grandi scrittori…), alla vocazione letteraria del figlio, lo spedisce in un collegio militare. Ma il giovane Vargas resiste, anzi fa tesoro di tutto, continua a scrivere e ora può affermare che la letteratura lo ha “sempre aiutato, se non a risolvere, a coesistere con i problemi”.
Ma il più spiritoso è di nuovo Fernando Bandini che, nonostante la voce e il passo incerto, ha la forza di sorridere sulle opere in versi, che troppi pensano di saper scrivere e troppo pochi comprano e leggono, mentre c’è – afferma con grande forza – “un’enorme necessità di valori dello spirito”. Certo, la poesia – prosegue il poeta vicentino – non è un bene-rifugio quotato e nessuno che mi abbia mai detto: ”Che bella poesia! me la vendi?!”… E’ vero, la poesia non si vende a milioni di copie e in genere tutta la letteratura non fa ‘audience’: forse è per questo che l’unica rete RAI presente era Rai 3? ma per chi ha seguito dal vivo questi momenti e ascoltato le voci dei protagonisti – e per tutti quelli che volessero saperne di più – basterà il servizio che andrà in onda sabato 4 settembre alle ore 13,30 su Rai 3: lo consigliamo vivamente, insieme alla lettura dei libri, premiati o non, purchè abbiamo quella ‘vocazione alla qualità’ che il Premio viareggino da sempre persegue e consacra. E allora, mentre cala il sipario sull’Eden, concordiamo con l’augurio formulato da Rosanna Bettarini : “Lunga vita al “Viareggio”.
(Nella foto, da sin. Marcello Ciccuto, Giuseppe Leonelli, Giorgio Pressburger, Simona Costa, Gloria Manghetti, Mario Graziano Parri, Rosanna Bettarini, Paolo Rossi, Alberto Melloni, Giorgio Amitrano, Grazia Livi, Marisa Bulgheroni, Sergio Givone, Piero Gelli, Paolo Fabbri).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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