Mauro Giuntini e Emanuela Cavallini per dibattere sul contemporaneo
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di giorgio mancini
PONTEDERA (Pisa). Un altro appuntamento, questa volta, il primo autunnale, al Centro per l’Arte Otello Cirri, che prosegue il ciclo di eventi per dibattere sull’arte contemporanea. Mettere a confronto i tanti linguaggi artistici per stimolare riflessioni e discussioni sull’arte. Vogliono essere incontri per tutti, non appuntamenti solo per gli addetti ai lavori, che molte volte si presentano con parole artefatte, vuote di significato, ma gonfie di neologismi inventati da strabordanti nullità.
Questo piace molto a certi critici, il più delle volte artisti mancati che, specie nella provincia “ignorantotta d’arte”, fanno della “A-critica” (la A sta per assenza) la rovina di artigiani-artisti, che potrebbero avere, senza essere incensati dalla stupidità delle parole, invece, la loro giusta valutazione con grande rispetto artistico, dignitoso, ma reale.
Al Centro Cirri, diretto da Grazia Mancini, si cerca, invece, di coinvolgere in questo “dibattito sul contemporaneo”, progettato da Ilario Luperini, il fruitore finale dell’arte con l’artista, come è avvenuto anche in quest’ultima inaugurazione, molto partecipata dal pubblico, aprendo un dialogo per capire il “prodotto”. Perché l’arte, infine, non è che un prodotto: il “prezzo”, inteso non come valore venale, è definito, come per tutte le altre cose, dallo scaffale o dalla vetrina deve viene esposto. Dal supermercato alla boutique. Dal prodotto di grande consumo, al pezzo singolare, unico, introvabile, se presentato dal noto antiquario che dà la certificazione di “qualità”.
Quindi vedere, riflettere, capire, soprattutto capire, ma infine sentire col cuore, per “palpare”, con tutti i sensi, la qualità dell’anima. L’arte è un messaggio universale, semplice e complesso al tempo stesso. Non a caso i bambini la sentono, la vivono senza parole astruse. L’arte, quella della scultura antica africana, lontana millenni dal nostro bello ellenico, ha dato vita all’arte moderna: Picasso, Derain, Matisse, ce l’hanno insegnato, come Braque ha “copiato” gli “scarabocchi” colorati dei bambini e Chagall il volo dei sogni e della musicalità. Al Centro Cirri ci stanno provando, ripartendo con una “bi/mostra”, come la chiamano il sindaco di Pontedera Simone Millozzi e il suo assessore alla cultura Liviana Canovai. In questi giorni, fino al 30 ottobre, si possono vedere esposte le opere, in sale giustamente separate, di Mauro Giuntini e Emanuela Cavallini. La mostra di Giuntini, titolata “Ricordi e passioni”, è presentata da Grazia Mancini, quella della Cavallini “Palpiti del vissuto” è introdotta da Alessandra Scappini.
Mauro è essenzialmente uno scultore, che usa la carta per le sue opere leggere. Ma non sono solo di carta; usa, tra l’altro, il lamierino di rame, trattandolo come se fosse carta. Nel 1990, per presentare una sua straordinaria mostra a San Gimignano, scrissi istintivamente: “Scultura, non scrittura, carta e non cartapesta; queste sono le bici, i ciclomotori, le vespe di Mauro Giuntini che con ironia meticolosa costruisce come “ trompe-l’oeil” identiche a quelle vere, ma coloratissime come giocattoli per stravolgere, ingannare e confondere l’osservatore. Fragili come le ali di farfalla, perché create per affidarle al sogno effimero e leggero come il volo di un aquilone”.
Emanuela è una pittrice che usa il colore come espressione legato alla materia e rielaborato dalla mente e dall’anima, ma ricicla anche i ritagli di scarto di lavorazione delle calzature.
Le due mostre, legate in un’unica esposizione, sono corredate da due piccoli, ma eleganti cataloghi. Due mostre da rivedere, come è necessario trascrivere gli appunti delle impressioni lasciate, guardando i lavori di Emanuela Cavallini e Mauro Giuntini, per tracciare sulla carta due storie, ben separate, che non hanno niente in comune, se non proprio il colore e le diversità dell’arte.
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