Weners riesce nel tentativo di raccontare la vitalità della danza
di Paola Dei
ROMA. Se c’è un modo per trasmettere emozioni intense e dare spessore al silenzio Pina Bausch l’ha trovato e nonostante non sia più con noi la sua presenza è più viva che mai in un film, in cui Wim Wenders è riuscito ad esprimere la liberazione fisica di ogni vissuto e di ogni sensazione.
Pellicola fuori concorso alla sesta edizione del Festival del Cinema di Roma (del quale ricordiamo sono rispettivamente direttore artistico Piera Detassis e presidente Gianluigi Rondi), il film è uscito nelle sale il 4 novembre ed è stato capace di mobilitare l’intero spazio della Sala Santa Cecilia all’Auditorium di Roma.
Uno spazio animato dove i corpi si smontavano e rimontavano davanti ai nostri occhi come se la loro materialità fosse di gomma, ma una gomma intrisa di sensazioni e di tutta la gamma e le gradazioni delle parole che ogni giorno ci troviamo a pronunciare spesso svuotandole di senso. Nata a Solingen in Germania, Pina ha cominciato la sua attività come attrice teatrale e si è poi trasferita a New York, grazie ad una borsa di studio. Qui è diventata ballerina professionista e tornata in Germania ha continuato a svolgere questa professione dedicandosi però anche all’attività di coreografa e fondando nel 1973 la Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, dove ha sperimentato un tipo di teatro-danza che include elementi recitativi come l’uso del gesto e della parola. In questo modo porta avanti un modo tutto suo e personale di fare danza e formando più di una generazione di ballerini con i quali ha generato spettacoli entrati nella storia, come “Café Müller“.
Wim Wenders ha raccontato di aver conosciuto Pina in Italia proprio a Venezia e da allora ha sentito profondamente che la sua vita era cambiata. Pina in tutti coloro che la conoscevano era capace di lasciare una impronta indelebile, di scrutare l’anima ancor prima della parola e di trovare una carica di umanità in ognuno di quelli che la incontravano.
Il sogno di Wim da quei lontani 25 anni era sempre stato quello di realizzare una pellicola su di lei ma purtroppo nessun mezzo a disposizione riusciva a rendere l’intensa vitalità della danza della ballerina, l’attesa non è stata vana e con l’avvento del 3D il sogno di Wim si è realizzato con leggerezza eppure con grande profondità, senza troppe parole eppure con una miriade di cose dette. La coreografa tedesca è un prezioso ricordo per chi l’ha amata ed una grande scoperta per chi non l’ha conosciuta quando era in vita.
Scomparsa improvvisamente due anni fa, Pina non ha potuto vedere la pellicola per la quale assieme a Wenders aveva scelto i pezzi e le coreografie: Café Müller, Le Sacre du printemps, Vollmond e Kontakthof, presentati assieme a immagini e file audio della vita privata di Pina, e a riprese in 3D di alcuni ballerini della compagnia del Tanztheater Wuppertal, che nella primavera del 2010 hanno danzato ricordi personali dell’artista scomparsa.
Una pellicola dalla quale si esce cambiati, in assonanza con quanto afferma Wim. Una pellicola che mi sento di consigliare a tutti non foss’altro per scoprire le innumerevoli potenzialità del nostro corpo spesso sconosciuto persino a noi stessi.
ROMA. Se c’è un modo per trasmettere emozioni intense e dare spessore al silenzio Pina Bausch l’ha trovato e nonostante non sia più con noi la sua presenza è più viva che mai in un film, in cui Wim Wenders è riuscito ad esprimere la liberazione fisica di ogni vissuto e di ogni sensazione.
Pellicola fuori concorso alla sesta edizione del Festival del Cinema di Roma (del quale ricordiamo sono rispettivamente direttore artistico Piera Detassis e presidente Gianluigi Rondi), il film è uscito nelle sale il 4 novembre ed è stato capace di mobilitare l’intero spazio della Sala Santa Cecilia all’Auditorium di Roma.
Uno spazio animato dove i corpi si smontavano e rimontavano davanti ai nostri occhi come se la loro materialità fosse di gomma, ma una gomma intrisa di sensazioni e di tutta la gamma e le gradazioni delle parole che ogni giorno ci troviamo a pronunciare spesso svuotandole di senso. Nata a Solingen in Germania, Pina ha cominciato la sua attività come attrice teatrale e si è poi trasferita a New York, grazie ad una borsa di studio. Qui è diventata ballerina professionista e tornata in Germania ha continuato a svolgere questa professione dedicandosi però anche all’attività di coreografa e fondando nel 1973 la Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, dove ha sperimentato un tipo di teatro-danza che include elementi recitativi come l’uso del gesto e della parola. In questo modo porta avanti un modo tutto suo e personale di fare danza e formando più di una generazione di ballerini con i quali ha generato spettacoli entrati nella storia, come “Café Müller“.
Wim Wenders ha raccontato di aver conosciuto Pina in Italia proprio a Venezia e da allora ha sentito profondamente che la sua vita era cambiata. Pina in tutti coloro che la conoscevano era capace di lasciare una impronta indelebile, di scrutare l’anima ancor prima della parola e di trovare una carica di umanità in ognuno di quelli che la incontravano.
Il sogno di Wim da quei lontani 25 anni era sempre stato quello di realizzare una pellicola su di lei ma purtroppo nessun mezzo a disposizione riusciva a rendere l’intensa vitalità della danza della ballerina, l’attesa non è stata vana e con l’avvento del 3D il sogno di Wim si è realizzato con leggerezza eppure con grande profondità, senza troppe parole eppure con una miriade di cose dette. La coreografa tedesca è un prezioso ricordo per chi l’ha amata ed una grande scoperta per chi non l’ha conosciuta quando era in vita.
Scomparsa improvvisamente due anni fa, Pina non ha potuto vedere la pellicola per la quale assieme a Wenders aveva scelto i pezzi e le coreografie: Café Müller, Le Sacre du printemps, Vollmond e Kontakthof, presentati assieme a immagini e file audio della vita privata di Pina, e a riprese in 3D di alcuni ballerini della compagnia del Tanztheater Wuppertal, che nella primavera del 2010 hanno danzato ricordi personali dell’artista scomparsa.
Una pellicola dalla quale si esce cambiati, in assonanza con quanto afferma Wim. Una pellicola che mi sento di consigliare a tutti non foss’altro per scoprire le innumerevoli potenzialità del nostro corpo spesso sconosciuto persino a noi stessi.