Il film racconta la storia vera di una madre che cerca il figlio perduto

di Paola Dei
SIENA. Direttamente dalla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia in questi giorni nelle sale ed a Siena al Cinema Pendola, una pellicola intrisa di tenerezza, loschi inganni, moralismo ed una grande capacità di perdonare senza però alzare troppo i piedi da terra.Questo l ‘ultimo film di Stephen Frears con il premio Oscar Judi Dench che a Venezia si è contesa fino all’ultimo la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile con Elena Cotta.Accanto a lei un ispirato Steve Coogan ed un cast di attori di grande espressività.
Nel 1952 in Irlanda, Philomena, ancora adolescente resta incinta e viene inviata dalla sua famiglia a Roscrea in un convento di suore dove partorirà per non rivedere mai più il figlio. Suo unico desiderio, coltivato per tutta la vita, è ritrovare il frutto del suo “peccato”. Chiede aiuto ad un giornalista, ex collaboratore di Blair che, seppur controvoglia, si offre di aiutarla in cambio di un servizio giornalistico. Gli ostacoli che il Convento fa in modo di frapporre fra la vera storia e la ricerca dei due, rendono tutto più complesso e difficile ma rafforza la volontà del reporter di aiutare la donna che lentamente scopre lati del carattere del figlio, debolezze, gusti sessuali e quant’altro.
La superba interpretazione di Judi Dench ci disvela i sentimenti e le emozioni nell’animo di una madre che porta sulle spalle un peso enorme ed alterna momenti di sconforto a momenti di grande intuitività. Mentre Judi Dench è una attrice ed una donna molto colta, la protagonista è una donna semplice a tratti apparentemente ingenua e la grandezza della recitazione dell’attrice emerge proprio nella capacità di calarsi in qualcuno che è altro da sè.
Stephen Frears trae il racconto dal libro “The lost Child of Philomena Lee” dove viene raccontata la storia vera di una madre alla ricerca del figlio perduto che Martin Sixsmith, l’autore del libro, ha reso nota. Pubblicato nel 2009, il libri ha consentito a molte donne di sentirsi sostenute nel raccontare vicende del loro passato. Frears che ha incontrato la vera Philomena, dice: “Incontrando la vera Philomena Lee ero sorpreso dal fatto che volesse venire sul set, cosa che ha fatto il giorno in cui veniva girata la scena terribile della lavanderia. Philomena è una donna magnifica, priva di autocommiserazione, che continua ad avere fede nonostante le ingiustizie subite”. Il senso profondo di questa delicata pellicola può essere riassunto in queste poche parole che descrivono la protagonista. Mai farsi trasformare l’animo da avvenimenti avversi della vita, commuoversi ma restare con i piedi ben saldi al terreno e non perdere la speranza.
Parole che in un momento difficile come quello che stiamo attraversando, fanno riflettere, pensare e sorridere e assumono la funzione di un cartello segnaletico che ci indica le strade da percorrere. Già nel 2002 Peter Mullan aveva denunciato con Magdalene, la terribile situazione di ragazze affidate a persone con fede presunta, ma Frears lo fa in maniera più delicata e senza che la protagonista perda mai, nemmeno per un attimo, la fede.