di Lorenzo Pini
SIENA. Una Siena dimenticata. Una Siena che lo ha dimenticato. Eppure Valentino Bruchi nutrì sempre per la sua città grande amore, anche quando la sua professione lo costrinse a girare l’Italia. Era attore e regista, il Bruchi: nato a Siena nel 1912, fu un protagonista della scena teatrale e cinematografica italiana anni ’30, ’40 e ’50 dello scorso secolo. Oggi esce la sua autobiografia: “Passeggiate nel tempo, tra ceroni e microfoni”, Pascal Editrice.
LEGGERE È VOLARE. il libro è stato presentato ieri (giovedì 19) nell’ambito della XIX edizione della Festa del libro per ragazzi e giovani promossa e organizzata dalla Provincia di Siena nella tensostruttura allestita in Piazza Jacopo della Quercia. All’incontro, che rientra tra gli appuntamenti del primo Salone degli editori senesi, sono intervenuti Sergio Micheli, docente di Storia del cinema all’Università per Stranieri di Siena, l’attore Francesco Burroni e l’editore del libro Fausto Tanzarella: "Prima di tutto, un sentito ringraziamento a Valentino Bruchi e a sua figlia Anna, che ha conservato il manoscritto, e al professor Micheli che l’ha valutato e considerato", apre il direttore della Pascal, che prosegue: "Siena non ha saputo ricambiare abbastanza l’amore di questo suo figlio; ci auguriamo che la pubblicazione di questo libro segni un’inversione di tendenza".
COMPRIMARIO DEL SUO TEMPO. "Il libro parla anche di cose tecniche, e rivela molti aneddoti legati al ruolo di comprimario", commenta il professor Micheli, a cui Tanzarella fa eco: "Bruchi era un bilingue, e il suo massimo contributo l’ha dato al teatro. Mai primo attore, ma grande comprimario. E non si limitava a recitare. Sul set inventava, creava. Nel 1951 lavorava come aiuto regista in Quo Vadis di Le Roy e inventò una tecnica tutta sua per rendere credibile il labiale delle comparse, italiane, che dovevano recitare in inglese. Faceva pronunciare loro parole che non esistono ma che rendevano un suono analogo".
Una figura controversa e poliedrica quella dell’attore senese: recitava in teatro con Ermete Zacconi, Ruggero Ruggeri, Vittorio De Sica. Nel cinema fu aiuto regista e coregista con Mervin Le Roy, Orson Welles, Ladislao Vayda. "Valentino Bruchi fa il suo ingresso nell’ambiente teatrale a Roma, ove realizza pure un film, con Angelo Musco. L’allora giovane regista Michele Gandin, una ventata di novità che si opponeva al cinema “dei telefoni bianchi”, lo ingaggiò per realizzare una pellicola su “Cinci” di Pirandello. Era il 1939 e fu il primo film neorealista, che darà inizio al dibattito sul tema del cinema come arte figurativa".
È proprio nel rapporto che lega il Bruchi alla sua epoca e alla nascita del neorealismo che il libro trae gran parte della sua linfa. Il periodo d’oro di Bruchi può essere circoscritto agli anni ’30 e ’40. Dopo la guerra si dedicò quasi esclusivamente al doppiaggio, mentre gli anni ’60 conobbero il suo declino. L’attore, regista e insegnante senese Francesco Burroni, dopo aver letto alcuni passi dell’autobiografia, prova a cogliere il doppio filo che percorre la figura del Bruchi: "Teatro e cinema, per il loro rapporto con il pubblico, sono due cose estremamente diverse per l’attore. Bruchi ci parla di questa differenza in un’epoca di passaggio e di rivoluzione per la produzione artistica e cinematografica italiana". "Ma a proposito di quest’epoca – interviene Tanzarella – Bruchi ne è sì una “spia”, ma va detto che rimase escluso dal cambiamento del dopoguerra, non lo comprese. Giudicò come una fase di decadenza quella che noi oggi valutiamo nel cinema come epoca artistica e creativa dalle vette altissime".
L’AUTOBIOGRAFIA. Galleria di personaggi ormai entrati nella mitologia dello spettacolo, della letteratura, dell’arte (oltre ai nomi già citati si ricordano Gandusio, Cervi, Benelli ecc.), il libro si propone come un percorso di vita costellato da aneddoti, citazioni, riflessioni in presa diretta, di un’epoca ricca di fermenti culturali. Valentino Bruchi restituisce l’immagine del teatro italiano del primo novecento e del cinema di quei tempi, che viveva i primi timidi passi verso il suo destino di intrattenimento di massa. Un’autobiografia in cui, come chiude l’editore, "si sono incontrate, in una sola direzione, le volontà di più persone legate all’attore: riaccendere la luce su un uomo che, nonostante la sua carriera straordinaria, Siena non ha apprezzato abbastanza".