La pellicola ha partecipato al Festival di Venezia
di Paola Dei
SIENA. Direttamente dalla Mostre del Cinema di Venezia, ripresentata al Festival del Cinema di Toronto, la pellicola “Parkland” di Peter Landesman, è andata in onda in anteprima nazionale su Rai 3 a 50 anni della morte controversa ed ancora piena di domande insolute, del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerard Kennedy, avvenuta nel novembre 1963. Uno strepitoso ma forse troppo metodico Paul Giamatti nei panni di Abraham Zapruder, che con semplice video amatoriale stava riprendendo la scena della parata presidenziale a Dallas, ci introduce nei momenti più salienti dell’assassinio portato a termine da Lee Harvey Oswald, senza che apparentemente fosse apparso un motivo plausibile. Il motivo diverrà sempre più imperscrutabile dopo la morte dello stesso Oswald, ritenuto dalla madre, poco credibile nei suoi deliri emotivi, un cecchino ingaggiato dai Servizi Segreti. Il titolo trae spunto dal Parkland Memorial Hospital, la struttura in cui arrivarono i corpi senza vita di Kennedy e Oswald e si basa su un libro del procuratore Vincent Bugliosi nel quale lo sforzo è quello di raccontare gli eventi nella maniera più obiettiva e seguendo la successione temporale degli eventi come in una video-cronaca con progressioni molto prevedibili.
Tra i protagonisti, vanno ricordati anche Zac Efron nei panni di Jim Carrico e Jeremy Strong nei panni di Lee Harvey Oswald. Il tailleur rosa di Jaqueline macchiato di sangue ed i suoi guanti bianchi che stringono un frammento del cervello del marito, da lei “acciuffato” quasi al volo mentre schizza in fondo all’auto di rappresentanza, sono divenuti un pezzo di storia del nostro secolo collegato subito dopo al l’assassinio del Fratello Robert, da cui fu tratto il Film Bob con Demi Moore e Sharon Stone e da alcuni anche alla morte di Marilyn Monroe. La pellicola non arricchisce di possibilità o soluzioni nuove l’intricata vicenda della morte di JFK e rimane un documento storico a tratti scontato, restano invece molto significativi i vissuti emozionali di Zapruder che con la sua 8 mm, fu destinato a farsi portavoce di uno dei reperti fra i più esaminati al mondo, sul quale ancora oggi, ogni scena ed ogni movimento, possono essere riletti alla luce di nuovi significati.
SIENA. Direttamente dalla Mostre del Cinema di Venezia, ripresentata al Festival del Cinema di Toronto, la pellicola “Parkland” di Peter Landesman, è andata in onda in anteprima nazionale su Rai 3 a 50 anni della morte controversa ed ancora piena di domande insolute, del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerard Kennedy, avvenuta nel novembre 1963. Uno strepitoso ma forse troppo metodico Paul Giamatti nei panni di Abraham Zapruder, che con semplice video amatoriale stava riprendendo la scena della parata presidenziale a Dallas, ci introduce nei momenti più salienti dell’assassinio portato a termine da Lee Harvey Oswald, senza che apparentemente fosse apparso un motivo plausibile. Il motivo diverrà sempre più imperscrutabile dopo la morte dello stesso Oswald, ritenuto dalla madre, poco credibile nei suoi deliri emotivi, un cecchino ingaggiato dai Servizi Segreti. Il titolo trae spunto dal Parkland Memorial Hospital, la struttura in cui arrivarono i corpi senza vita di Kennedy e Oswald e si basa su un libro del procuratore Vincent Bugliosi nel quale lo sforzo è quello di raccontare gli eventi nella maniera più obiettiva e seguendo la successione temporale degli eventi come in una video-cronaca con progressioni molto prevedibili.
Tra i protagonisti, vanno ricordati anche Zac Efron nei panni di Jim Carrico e Jeremy Strong nei panni di Lee Harvey Oswald. Il tailleur rosa di Jaqueline macchiato di sangue ed i suoi guanti bianchi che stringono un frammento del cervello del marito, da lei “acciuffato” quasi al volo mentre schizza in fondo all’auto di rappresentanza, sono divenuti un pezzo di storia del nostro secolo collegato subito dopo al l’assassinio del Fratello Robert, da cui fu tratto il Film Bob con Demi Moore e Sharon Stone e da alcuni anche alla morte di Marilyn Monroe. La pellicola non arricchisce di possibilità o soluzioni nuove l’intricata vicenda della morte di JFK e rimane un documento storico a tratti scontato, restano invece molto significativi i vissuti emozionali di Zapruder che con la sua 8 mm, fu destinato a farsi portavoce di uno dei reperti fra i più esaminati al mondo, sul quale ancora oggi, ogni scena ed ogni movimento, possono essere riletti alla luce di nuovi significati.