Il film di Bong John-ho, Palma d'oro a Cannes, è al Pendola di Siena
di Paola Dei
SIENA. Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes Parasite del regista coreano Bong John-ho, viene proiettato in questi giorni al Cinema Pendola di Siena. Selezionata per rappresentare la Corea agli Oscar, l’opera é un capolavoro di regia che sfata tutti gli stereotipi sulla bontà delle classi meno abbienti. Coriacei, spietati, ingordi, invidiosi, non hanno nessun nobile ideale da perseguire, tranne il loro stare meglio e anche quando riescono ad ottenerlo non possono togliersi di dosso il tipico odore che, nonostante lavaggi e profumi, trasmette la loro interiorità. Bong John-ho riesce ad entrare dentro alle idiosincrasie familiari con la stessa facilità con la quale il regista greco Yorgos Lanthimos ha narrato le vicende della regina Anna d’Inghilterra nel film La favorita e anche sulle orme di Scappa – Get out del regista Jordan Peele che con sfumature satiriche ha realizzato una angosciante critica socio-politica al liberalismo degli Stati Uniti d’America e a ben vedere possiamo trovare collegamenti anche con Joker di Todd Philips con uno strepitoso Joaquin Phoenix, dove la risata del protagonista ricorda la risata nervosa di Ki-woo, nelle scene finali.
Registi e opere che non hanno peli sulla lingua e che narrano lo sconcerto di un sociale dove la rabbia e l’invidia divengono la lente con la quale viene declinata la nuova lotta di classe. In Parasite anche le architetture die luoghi riflettono le condizioni sociali delle due famiglie protagoniste. Incastrata fra i cunicoli tortuosi di un seminterrato la casa dei Kim, con odori nauseabondi e insetti é anche orinatoio di ubriachi che vi passano davanti. Disposta su una collina con un meraviglioso prato la casa dei Park.
Il regista ha l’accuratezza di utilizzare la macchina da presa per metterci di fronte al sentimento dell’invidia, che neppure per un attimo diventa riconoscenza. L’invidia distorce, alimenta, ingigantisce ciò che é dell’altro. Bon John-ho in uno dei suoi film altrettanto bello The Host, ci mostrava come i rifiuti tossici generavano un mostro che si nascondeva nelle fogne di Seul, mentre in Snowpiercer, la sopravvivenza della specie era sotto la botola di un inarrestabile treno.
La capacità del regista di mostrarci le aberrazioni della rabbia, laddove si trasforma in invidia e non viene elaborata é pari a quella con la quale Kim ki-duk, altro regista coreano senza peli sulla lingua, riesce a mostrarci le trasformazioni che avvengono nell’essere umano attraverso i sentimenti. Nel film Parasite Bong John-ho sviluppa la storia a partire dal figlio dei Kim, Ki woo che intravede una possibilità di riscatto per la famiglia quando un amico gli offre la possibilità di fare l’insegnante presso ricchi signori. Il giovane amico gli regala anche una roccia da studioso, un suseok, poco adatto alla cantina dove vivono i Kim, e Ki-woo esclama:” É così metaforico!” Frase che nel finale svela la capacità del regista di collegare fatti e vicende.
Da questi episodi si dipanano gli avvenimenti in un crescendo di voluttà, invidia, desideri grandiosi, espedienti di bassa lega, che permettono alla sorella di Ki-woo di essere assunta come educatrice del figlio minore, alla madre di essere assunta come cameriera e al padre di essere assunto come autista, fino a sfociare in un imprevedibile finale.
Una sceneggiatura serrata ed efficace con frasi lapidarie ed emblematiche come quella pronunciata da Ki-taek, padre di Ki-woo. “Sono ricchi ma sono gentili”. “No” ribatte la moglie:”Sono gentili perché sono ricchi”. Mentre stanno dicendo questo suona il citofono e comincia la guerra fra poveri……e successivamente fra ricchi e…poveri.