Una mostra nello spazio esposizioni temporanee del Museo dell’Opera del Duomo a Firenze
di Giulia Tacchetti
SIENA. Per un artista una mostra personale di arte sacra significa il raggiungimento della maturità espressiva, ma significa anche uscire dalla propria territorialità per entrare nella grande categoria del Sacro, cavalcando i secoli in una sintesi di passato e presente, per poi rimandare con il materiale e le tecniche usate al proprio territorio.
Nato a Pistoia, Pier Luigi Olla si trasferisce a Siena all’età di sei anni e ne rimane immediatamente affascinato: le alte mura con le grandi porte, i cavalli del Palio, i colori delle contrade. I suoi occhi di bambino sognano e lo spingono a respirare quello spirito artistico che da sempre anima la città e che ha prodotto attraverso i secoli opere di grande bellezza. In questo clima cresce l’artista ed incomincia la sua attività di scultore, ma non solo, affronta anche la pittura e l’abbigliamento (suoi i costumi, le bandiere, i simboli araldici di diverse contrade, suoi i Drappelloni per il Palio di luglio del 1976 e del 1977 ed i costumi per la progettazione del Carroccio). Le sue opere, frutto di oltre cinquant’anni di lavoro, sono sculture, bassorilievi, pannelli celebrativi, arredi urbani, tabernacoli, ante di porta in terracotta, legno, marmo, bronzo.
Ieri (21 dicembre), è stata inaugurata a Firenze, presso il Museo dell’Opera del Duomo, una mostra, aperta fino all’8 gennaio 2017, comprendente diciotto opere: cibori, ostensori, pissidi, pastorali, reliquiari, crocifissi, busti e figure di santi, che fanno scrivere a Bruno Santi, consigliere dell’Opera di S. Maria del Fiore: – “ ….Maestro schivo e riservato, ma dotato di una rara capacità di conciliare la tradizione……con l’attualità. “- I temi sacri della crocifissione e della pietà sono trattati in chiave moderna con i nudi dei corpi (anche la Madonna è nuda in un basso rilievo in terracotta), che si avvolgono in spirale nella tensione drammatica della rappresentazione. I capelli del Cristo in croce ricadono appuntiti sul volto come spine. La Madonna nera con il bambino (terracotta), commissionata per un ospedale del Benin , ha il corpo vigoroso tipico delle donne del popolo; la sacralità le viene conferita da un tendaggio sul fondo come la Madonna Rucellai e dei Francescani di Duccio. Quindi nella scultura di Olla il sacro non viene espresso per simboli, come si può osservare in certi manufatti (ostensori , pissidi, pastorali), ma attraverso corpi a volte nervosi ed allungati nella loro drammaticità, a volte dalle linee morbide (angeli, santi), che esprimono armonia ed eleganza formale. E’ presente nelle sue opere un vissuto di persona lontana dall’oratoria di cui si riempiono le mostre, ma amante della bellezza divina ed umana (il corpo).
L’abilità con cui lavora materiali preziosi come l’avorio e l’ebano per il pastorale dell’Arcivescovo di Siena, l’oro e l’argento per i reliquiari e le croci pettorali ribadiscono un sentimento religioso carico di umanità. Una riflessione sul rapporto tra il sacro e l’arte già era apparsa nella splendida cornice fiorentina nel 2015 con la mostra a Palazzo Strozzi la “Bellezza Divina” con opere di Van Gogh, Chagall , Guttuso ed altri, sia perché la produzione artistica dell’Occidente non si può comprendere senza le sue radici cristiane, sia perché nessun artista può esimersi dall’affrontare il “divino” . Non è necessario andare in India per avere risposte religiose che ogni uomo porta dentro di sé, come invece è stato necessario per artisti come Clemente, lo dimostra questa mostra che premia un artista che per anni ha lavorato, frugando con le sue mani nel mistero della vita degli uomini, nel tentativo di dare risposte a sé ed a chi lo guarda.