di Andrea Pagliantini
CASTELNUOVO BERARDENGA. Enzo Gambelli nasce a Campi, come il fiume Ombrone, negli anni in cui il tempo si misurava ancora in quanta terra un paio di bovi riuscivano a coltrare in un giorno, come in epoca etrusca e romana.
Appollaiati sul bordo di quel nido d’aquila, si scorge uno di quei paesaggi più ventricolari al mondo: la stesa di Berardenga, le Crete, le nebbie della Val d’Arbia, il biondo sublime dell’Amiata.
Enzo era un autista del Train, ha condotto la linea Basso Chianti – Siena per anni, portando a scuola tanti studenti e tanti lavoratori della malta, destinati a ciondolare nelle tre arterie del sonno dell’epoca: Banca, Provincia, Università.
Parlando di vino, si parlerebbe di verticale di annate, degustando gli inizi, le evoluzioni delle viti, della sensibilità di chi le cura, parlando di arte, si evidenzia il percorso evolutivo di sensibilità, ricerca e di studio che connota un bravo artista che perfora i tempi e li racconta.
Gli inizi dei dintorni delle camminate e delle osservazioni, le profondità del mare che trascina a riva la nostra ignobile civiltà dell’ignoranza consumistica, la civiltà etrusca e romana che ricompare, sparisce, ritorna, lascia un’impronta e guarda avanti.
Il seguito è una presa di coscienza profonda sul nostro modo di vivere: le immonde menti che gettano nei boschi materiali da disfarsi celermente, ma che l’ingegno, l’arte, il sensibile vederci altro di chi ha prospettiva acuta, li trasforma in pezzi di ruggine con lampi di colore.
Ferite immani nelle coscienze di chi ancora non ha mai smesso di amare: è possibile visitare la mostra fino al 5 novembre, ogni pomeriggio, tranne il lunedi, presso la Società Filarmonico Drammatica di Castelnuovo Berardenga.