di Annalisa Coppolaro
SIENA. Brillante, giocoso, affascinante. Una mente pronta e vivace. Mario Monicelli, 94 anni, incanta Siena in un’ora di intervista al Santa Maria della Scala prima della proiezione del film L’Armata Brancaleone. La Sala San Pio, gremita di gente, lo ha salutato con affetto, mentre, intervistato dall’assessore alla cultura Marcello Flores d’Arcais e dal critico Alessandro Boschi, ha ripercorso e fatto rivivere alcuni dei suoi 63 film quali la stessa Armata Brancaleone, la Grande Guerra, Amici Miei. Monicelli ha diretto i più grandi attori italiani come De Sica, Gassmann, Sordi, Totò, Chiari, Villaggio, Cardinale, Loren, Vitti, in un curriculum che lo rende senza dubbio il più grande regista italiano vivente. E non stanco del cinema, a 91 anni ha diretto il film La Rosa del deserto, instancabile ed autorevole come in tutta la sua carriera.
Mario Monicelli, classe 1915, viareggino, a Siena ha stupito tutti per le battute veloci e pronte, per la sua natura ironica, brillante, giocosa, umile, di una competenza impressionante. E del resto non poteva essere altrimenti. E, parlando dell’Armata Brancaleone, ha esordito: ‘’Volevo dipingere un Medioevo che non si vede mai, – ha detto Monicelli – non quello lezioso dell’amor cortese e dei nobili, ma quello della violenza, dell’analfabetismo, dell’ignoranza, della geurra, un’epoca dura e feroce. E farlo tramite un cavaliere con poche qualità ci ha dato modo di mostrare cose insolite, di narrare questo periodo in modo provocatorio’.
Alla domanda di Flores sulla scelta di Vittorio Gassmann come interprete di Brancaleone da Norcia, ha commentato: ‘’Gassmann per me apparve subito come l’attore perfetto per narrare un eroe generoso ma perdente. Lo conoscevo bene, ero amico della sua prima moglie, viareggina. Fresco, generoso, allegro, osservatore, ma talvolta ingenuo. Mio grande amico e di certo la scelta migliore per l’Armata Brancaleone. Attore superbo: ero rimasto sconvolto dalla sua interpretazione di Adelchi. Ci avevamo lavorato in I solito Ignoti e La Grande Guerra. Aveva enormi capacità istrioniche’.
"Quindi sembrò a tutti la scelta più naturale?", chiede Marcello Flores. "No, affatto. Io lo volevo, lui era contentissimo di fare personaggio di ogni tipo e mi sembrava adatto, era disponibile, molto semplice, convincente. Ma ho condotto una battaglia di quasi un anno per convincere tutti. Molti pensavano che il personaggio di Brancaleone da Norcia dovesse essere interpretato da un attore comico come Sordi o Manfredi, non da Gassmann. E infatti dovemmo cambiargli i connotati, fargli le labbra gonfie, i capelli come Pappagone…’’
E poi continua: ‘’Parlo al plurale perchè si parla sempre del regista quando si racconta un film, ma dietro c’è un enorme lavoro di scrittura, che si fa con altri, e che può impiegare da due a dieci mesi per avere un testo buono. Per questo film ed altri con me c’erano Age e Scarpelli, che voglio citare. Dagli autori dei testi dipende il fatto che un film diverta o deluda’’.
Grandi film di Monicelli hanno ricevuto critiche discordi. E infatti il critico Boschi a sottolineato che ‘’bisogna sempre diffidare della critica cinematografica. I critici sul film hanno detto che è anacronistico, che vi sono incongruenze come il tacchino ai banchetti che non c’era nel Medioevo o altre cose ‘errate’. Ma la coerenza del film è nella storia, nei colori, nei costumi…Colori che si ritrovano nel film successivo, La ragazza con la pistola.’’
"E’ vero- ha aggiunto Monicelli – Io credo che se si ha qualcosa dentro da raccontare, bisogna farlo, magari con qualche incongruenza. Io ho raccontato un Medioevo che avevo in testa.I ragazzi capirono questo mio film, grazie anche a loro e alle musiche di Rustichelli il film fu un successo. Un paese su una collina, i soldatacci di un’armata sconclusionata. Lo aveva fatto anche Ferreri in Donne e soldati. Il mio Medioevo assomiglia a quello di Don Chisciotte, personaggio drammatico ma ridicolo, un fallito. Ma anche un sognatore che visse in tempi più sereni".
Ci parli de La Grande Guerra, un film che rilesse la storia della I Guerra Mondiale, che la presentò in modo lontano dagli stereotipi. E pose l’accento sulla gente…
"Sì, ho voluto raccontare la Grande guerra con una semplicità di fondo, a mio modo. Con ironia, mettendo l’accento sui soldati in trincea, un modo lontano dalla retorica con cui si raccontava nei libri di storia. Se qualcuno ha qualcosa da dire è importante che la dica, appunto. Spero di aver fatto proprio questo.’’
E poi Monicelli risponde al pubblico. Raccontando anche come il film Amici miei si sia ispirato a leggende metropolitane di Firenze, ‘fatti e leggende che abbiamo messo nel film".
"Anche la scena degli schiaffi alla stazione è davvero accaduta, la storia degli amici fiorentini così famosa in realtà parla di storie davvero accadute, ci ho messo poca fantasia".
Gli chiedono ‘’Le piace il nuovo cinema italiano? Cosa in particolare?"
"Mi piace Soldini, tra i nuovi. E mi ha colpito il film Pranzo di Ferragosto, di Gianni di Gregorio". E poi, di nuovo ironico e soprendente: "Vado poco al cinema, mi fa fatica, vado in taxi. Ma ho un problema, al rientro non so come chiamarne un altro perchè non ho il cellulare".
SIENA. Brillante, giocoso, affascinante. Una mente pronta e vivace. Mario Monicelli, 94 anni, incanta Siena in un’ora di intervista al Santa Maria della Scala prima della proiezione del film L’Armata Brancaleone. La Sala San Pio, gremita di gente, lo ha salutato con affetto, mentre, intervistato dall’assessore alla cultura Marcello Flores d’Arcais e dal critico Alessandro Boschi, ha ripercorso e fatto rivivere alcuni dei suoi 63 film quali la stessa Armata Brancaleone, la Grande Guerra, Amici Miei. Monicelli ha diretto i più grandi attori italiani come De Sica, Gassmann, Sordi, Totò, Chiari, Villaggio, Cardinale, Loren, Vitti, in un curriculum che lo rende senza dubbio il più grande regista italiano vivente. E non stanco del cinema, a 91 anni ha diretto il film La Rosa del deserto, instancabile ed autorevole come in tutta la sua carriera.
Mario Monicelli, classe 1915, viareggino, a Siena ha stupito tutti per le battute veloci e pronte, per la sua natura ironica, brillante, giocosa, umile, di una competenza impressionante. E del resto non poteva essere altrimenti. E, parlando dell’Armata Brancaleone, ha esordito: ‘’Volevo dipingere un Medioevo che non si vede mai, – ha detto Monicelli – non quello lezioso dell’amor cortese e dei nobili, ma quello della violenza, dell’analfabetismo, dell’ignoranza, della geurra, un’epoca dura e feroce. E farlo tramite un cavaliere con poche qualità ci ha dato modo di mostrare cose insolite, di narrare questo periodo in modo provocatorio’.
Alla domanda di Flores sulla scelta di Vittorio Gassmann come interprete di Brancaleone da Norcia, ha commentato: ‘’Gassmann per me apparve subito come l’attore perfetto per narrare un eroe generoso ma perdente. Lo conoscevo bene, ero amico della sua prima moglie, viareggina. Fresco, generoso, allegro, osservatore, ma talvolta ingenuo. Mio grande amico e di certo la scelta migliore per l’Armata Brancaleone. Attore superbo: ero rimasto sconvolto dalla sua interpretazione di Adelchi. Ci avevamo lavorato in I solito Ignoti e La Grande Guerra. Aveva enormi capacità istrioniche’.
"Quindi sembrò a tutti la scelta più naturale?", chiede Marcello Flores. "No, affatto. Io lo volevo, lui era contentissimo di fare personaggio di ogni tipo e mi sembrava adatto, era disponibile, molto semplice, convincente. Ma ho condotto una battaglia di quasi un anno per convincere tutti. Molti pensavano che il personaggio di Brancaleone da Norcia dovesse essere interpretato da un attore comico come Sordi o Manfredi, non da Gassmann. E infatti dovemmo cambiargli i connotati, fargli le labbra gonfie, i capelli come Pappagone…’’
E poi continua: ‘’Parlo al plurale perchè si parla sempre del regista quando si racconta un film, ma dietro c’è un enorme lavoro di scrittura, che si fa con altri, e che può impiegare da due a dieci mesi per avere un testo buono. Per questo film ed altri con me c’erano Age e Scarpelli, che voglio citare. Dagli autori dei testi dipende il fatto che un film diverta o deluda’’.
Grandi film di Monicelli hanno ricevuto critiche discordi. E infatti il critico Boschi a sottolineato che ‘’bisogna sempre diffidare della critica cinematografica. I critici sul film hanno detto che è anacronistico, che vi sono incongruenze come il tacchino ai banchetti che non c’era nel Medioevo o altre cose ‘errate’. Ma la coerenza del film è nella storia, nei colori, nei costumi…Colori che si ritrovano nel film successivo, La ragazza con la pistola.’’
"E’ vero- ha aggiunto Monicelli – Io credo che se si ha qualcosa dentro da raccontare, bisogna farlo, magari con qualche incongruenza. Io ho raccontato un Medioevo che avevo in testa.I ragazzi capirono questo mio film, grazie anche a loro e alle musiche di Rustichelli il film fu un successo. Un paese su una collina, i soldatacci di un’armata sconclusionata. Lo aveva fatto anche Ferreri in Donne e soldati. Il mio Medioevo assomiglia a quello di Don Chisciotte, personaggio drammatico ma ridicolo, un fallito. Ma anche un sognatore che visse in tempi più sereni".
Ci parli de La Grande Guerra, un film che rilesse la storia della I Guerra Mondiale, che la presentò in modo lontano dagli stereotipi. E pose l’accento sulla gente…
"Sì, ho voluto raccontare la Grande guerra con una semplicità di fondo, a mio modo. Con ironia, mettendo l’accento sui soldati in trincea, un modo lontano dalla retorica con cui si raccontava nei libri di storia. Se qualcuno ha qualcosa da dire è importante che la dica, appunto. Spero di aver fatto proprio questo.’’
E poi Monicelli risponde al pubblico. Raccontando anche come il film Amici miei si sia ispirato a leggende metropolitane di Firenze, ‘fatti e leggende che abbiamo messo nel film".
"Anche la scena degli schiaffi alla stazione è davvero accaduta, la storia degli amici fiorentini così famosa in realtà parla di storie davvero accadute, ci ho messo poca fantasia".
Gli chiedono ‘’Le piace il nuovo cinema italiano? Cosa in particolare?"
"Mi piace Soldini, tra i nuovi. E mi ha colpito il film Pranzo di Ferragosto, di Gianni di Gregorio". E poi, di nuovo ironico e soprendente: "Vado poco al cinema, mi fa fatica, vado in taxi. Ma ho un problema, al rientro non so come chiamarne un altro perchè non ho il cellulare".