L’applauso prolungato alla fine dello spettacolo dimostra che il pubblico senese, affluito numeroso, ha apprezzato una rappresentazione durata oltre due ore
![](https://www.ilcittadinoonline.it/wp-content/uploads/2018/12/Sei-personaggi-e1543850543215.jpg)
I “Sei personaggi in cerca d’autore” rivisitati da Michele Placido
Al Teatro dei Rinnovati
Articolo di Giulia Tacchetti
Cimentarsi con Pirandello per un attore o regista significa mettere in gioco tutta una carriera, in quanto Pirandello raffigura in Italia il podio più alto del teatro. La regia di Michele Placido snellisce l’opera, mantenendosi nel complesso fedele alle indicazioni dell’autore: non ci sarà una suddivisione in atti. I sei personaggi irrompono subito sul palcoscenico, guidati dal Padre e dalla Figliastra, senza però portare le maschere con le quali Pirandello indicava l’immobilità del sentimento da parte della figura costruita dall’artista. Piano piano emergono delle licenze che poco ci convincono. Gli attori non provano “Il giuoco delle parti” e si esprimono con accenti romaneschi e siciliani, anche se la sintassi del parlato siciliano è presente nel testo pirandelliano. La Figliastra intona la canzone “U sciccareddu” accompagnandosi con una gestualità che fa riferimento all’atto sessuale in modo troppo esplicito. La regia di Michele Placido sembra per un momento voler mettere in scena un testo che parla della società di oggi, dei suoi drammi: il femminicidio (gli attori stanno provando un dramma sulla morte violenta di una donna in una vasca piena di sangue).
Il Padre cerca di convincere il capocomico-regista a portare in scena la vicenda dei sei personaggi perché, nati vivi dalla fantasia di un autore, sono poi da lui rifiutati. Ecco il loro dramma: -“…essere più vivi, più vivi di quelli che respirano e vestono panni! Meno reali, forse, ma più veri..”- Il personaggio fissato sulla pagina o tela resta eterno e immutabile nello spazio e nel tempo; è più vero di ciò che è reale, perché il reale, nel momento in cui lo è, è soggetto al divenire, perciò cambia, mentre il personaggio è destinato a restare quello che è. “-..Chi era Sancho Panza? Chi era Don Abbondio? Eppure vivono eterni…”- Per questo i sei personaggi cercano un autore, per realizzarsi compiutamente. E mentre tentano di convincere il capocomico (Silvio Laviano) a non essere rappresentati dagli attori presenti, perché li potrebbero tradire con la loro recitazione, vanno raccontando la loro storia. Si rivela così il conflitto che separa il Padre dalla Figliastra, incontrata nella casa di piacere di Madama Pace (il rapporto incestuoso non avviene), che si vuole vendicare; il dolore della Madre, allontanata dal Padre, dopo averle tolto il figlio nato dal loro matrimonio e averla spinta a vivere con un altro uomo da cui avrà tre figli: la Figliastra, la Bambina, il Giovinetto. Gli attori assistono così ad un’altra rappresentazione teatrale e si trasformano essi stessi in spettatori: lo spettacolo nello spettacolo, quindi difficile distinguere realtà e finzione. La Bambina annega nella vasca del giardino e il Giovinetto si uccide con un colpo di pistola. Questo è quanto potrebbe avvenire, ma non avviene, perché i personaggi vivono uno stato puramente potenziale, perché manca l’autore che essi cercano . Secondo le parole di Pirandello “si rappresenta invece la commedia di questo loro tentativo”. In “Sei personaggi in cerca d’autore”, come in “Ciascuno a suo modo” e “Questa sera si recita a soggetto” (drammi scritti tra il 1920-29) Pirandello va oltre il tradizionale teatro, volendo dimostrare una tesi: l’impossibilità di rappresentare il dramma borghese in quanto l’Arte è incapace di cogliere il significato della vita, di dare una ragione all’assurdo.
La regia, secondo noi, fa emergere parzialmente la complessità del pensiero pirandelliano ed in certi momenti rende un po’ noiosa la rappresentazione. Gli attori risultano convicenti nella loro recitazione : Dajana Roncione (Figliastra) sia con le risate isteriche (forse un po’ troppo), sia con la forte presenza scenica rende pienamente il suo dramma. Ottima la recitazione di Guia Jelo ( la Madre). Velata e vestita di nero, non ha molte battute, eppure la composta gestualità ed il dialetto ci raccontano tutta la sua miseria ed infelicità. Queste potenti figure femminili mettono a volte in ombra il ruolo del Padre, non aiutato dal registro vocale di Michele Placido, che sembra sciogliere la tensione con il suo tono pacato, ma si riprende alla fine facendo emergere l’elemento drammatico.
Comunque l’applauso prolungato alla fine dello spettacolo dimostra che il pubblico senese, affluito numeroso, ha apprezzato una rappresentazione durata oltre due ore.