di Gianni Basi
SIENA. Il “Michelangelo String Trio”, che suonerà due ampie pagine di Beethoven e Mozart venerdi alle 21 in Palazzo Chigi, è nato solo otto anni fa ad opera del violoncellista Frans Helmerson, ma ha la particolarità di essere formato da musicisti con alle spalle già una carriera di tutto rispetto. Dapprima solisti girovaghi, si sono poi accompagnati a partner cameristici e ad orchestre di grande prestigio, prima di approdare a quello che, all’inizio, fu concepito come quartetto ma che ben presto si adattò a duetto o trio a seconda delle esigenze.
Si presentano al Micat in Vertice chigiano lasciando a casa il quarto componente, Stephen Pichard, ed affidano al violino di Mihaela Martin alla viola di Nobuko Imai e al violoncello di Helmerson il classicismo del “Trio in sol maggiore op.9 n.1” di Beethoven e la vivacità del “Divertimento in mi bemolle maggiore K.563” di Mozart. I patiti della musica da camera si preparino ad un concerto d’archi di notevole spettacolarità con Beethoven e Mozart in formissima nel misurarsi in quanto a freschezza ed abilità compositiva. Si avrà inoltre la sensazione, nell’evolversi dei trii, di ascoltare una sintesi eloquente della varietà del repertorio di ciascun artista, più che mai in Mozart. Nei tre movimenti del brano di Beethoven, scritto nel 1794, si avvicenderanno temi meditativi ed altri di tale forza da dare un’idea grandiosamente orchestrale, con gli strumenti all’unisono seppure impegnati in registri diversi. Una maestria impressionante, con gli archi portati in scivolo sulle corde e, nel punto più centrale, il più dolce, col violoncello a fare da guida. Suoni in sordina ed altri con impeto, specie nei finali. Ci chiediamo se Beethoven, scrivendo questa musica che somiglia a un sogno d’amore, pensasse già a quella Joséphine von Brunswick a cui, anni dopo, potrebbe avere indirizzato una famosa lettera, che volle intestare “all’amata immortale”. Peccato che, riservato com’era, non ebbe poi il coraggio di spedirgliela. Ma il senso di immortale dedicato a chi si ama basta a far capire di che pasta fosse quest’uomo e da quale sensibilità nascesse la sua musica. Nell’88, all’Auditorium di Roma, il trio fu eseguito da un terzetto composto dalla Mutter, Giuranna e Rostropovich. Un unicum memorabile.
Dei sei movimenti del “Divertimento K.563”, che Mozart dedicò all’amico Michael Puchberg, il quarto tempo, un andante stupendo dai fraseggi belli pieni e ballabili con dentro anche qualcosa di mediterraneo che sa di andaluso, è tra i più sereni e comunicativi. Ma il resto, che non è certo da meno, è fatto di passi di girandole di valzer, di minuetti e di Laendler, che si avvicendano tra calme che trafiggono ed impennate euforiche. E si finisce col sentirsi immersi nel mondo di Mozart. Richiesto di quanto la sua bravura lo portasse a scrivere con facilità estrema pezzi di bellezza così limpida, Mozart si schermiva dicendo “ma che dite, è sbagliato quel che pensate, nessuno immagina quanto ogni musica mi costi tempo e applicazione!”. Riflettere un istante sul lavoro certosino e per nulla comodo dei compositori di una volta ci porta a considerare sia il fatto che mai essi potessero riascoltarsi (riproduttori e grammofono erano di là da venire) sia che, per il pubblico, assistere ad un concerto era la sola opportunità per vivere quella musica divina. Pensieri che rendono ancor più apprezzabile, ed appetibile, il nostro facile e fortunato accostarsi – dal vivo o in disco – tanto ai compositori di ieri che agli esecutori di oggi.
Il “Michelangelo String Trio” è fra questi. Della rumena Mihaela Martin il Washington Post esaltò il suo debutto alla Carnegie Hall newyorkese pronosticandole un radioso avvenire. Vinse infatti subito dopo il concorso Tibor di Varga e quello di Indianapolis. La violinista, che ora insegna alla Musikhochshule di Colonia – ruolo ricoperto anche da Frans Helmerson col quale ha tra l’altro inciso un sontuoso concerto di Brahms – suona spesso con le orchestre più importanti ed è ospite dei grandi festival internazionali accompagnandosi con solisti del calibro della Marta Argerich e di illustri conoscenze chigiane come Yuri Bashmet e David Geringas. La Nobuko Imai, “Nastro Viola” del governo giapponese per meriti musicali e vincitrice dei concorsi di Monaco e Ginevra, è oggi considerata una delle massime violiste al mondo ed è molto apprezzata negli Stati Uniti dove si è perfezionata alla Julliard School dopo gli studi in patria al Toho Gakuen College. Direttrice negli anni ’90 dell’International Hindemith Viola Festival, è ora docente alla Hochshule di Detmond ed ai Conservatori di Amsterdam e Ginevra. Dal 2000, inoltre, è alla guida della “East West Baroque Academy”, uno straordinario ensemble itinerante formato da giovani musicisti olandesi e giapponesi. Lo svedese Frans Helmerson, infine, che è stato primo violoncello dell’Orchestra della Radio Svedese dal ’68 al ’74, ha fatto tesoro degli insegnamenti di Sergiu Celibidache e di Mstislav Rostropovich primeggiando al Premio Cassadò di Firenze e in vari festival europei. Ha svolto poi un’intensa attività solistica in America, Asia ed Australia sino ad intraprendere fattive collaborazioni coi maggiori direttori alternandole alle docenze sia nei conservatori norvegesi che al Collegio della Musica della Radio Svedese. Oggi è direttore artistico dei festival finlandesi di Umea e di Korsholm ed egli stesso si dedica sempre più alla direzione d’orchestra tra un impegno e l’altro col “Michelangelo String”.
Per ascoltare questo terzetto così carico di gloria, appuntamento nel salone dei concerti in Palazzo Chigi alle ore 21 di venerdi e ultimi biglietti ancora acquistabili al botteghino di Via di Città 89 (tel.0577-22091). Farina di Mozart o Beethoven che sia, il “divertimento” che verrà dispensato in Palazzi Chigi è assicurato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SIENA. Il “Michelangelo String Trio”, che suonerà due ampie pagine di Beethoven e Mozart venerdi alle 21 in Palazzo Chigi, è nato solo otto anni fa ad opera del violoncellista Frans Helmerson, ma ha la particolarità di essere formato da musicisti con alle spalle già una carriera di tutto rispetto. Dapprima solisti girovaghi, si sono poi accompagnati a partner cameristici e ad orchestre di grande prestigio, prima di approdare a quello che, all’inizio, fu concepito come quartetto ma che ben presto si adattò a duetto o trio a seconda delle esigenze.
Si presentano al Micat in Vertice chigiano lasciando a casa il quarto componente, Stephen Pichard, ed affidano al violino di Mihaela Martin alla viola di Nobuko Imai e al violoncello di Helmerson il classicismo del “Trio in sol maggiore op.9 n.1” di Beethoven e la vivacità del “Divertimento in mi bemolle maggiore K.563” di Mozart. I patiti della musica da camera si preparino ad un concerto d’archi di notevole spettacolarità con Beethoven e Mozart in formissima nel misurarsi in quanto a freschezza ed abilità compositiva. Si avrà inoltre la sensazione, nell’evolversi dei trii, di ascoltare una sintesi eloquente della varietà del repertorio di ciascun artista, più che mai in Mozart. Nei tre movimenti del brano di Beethoven, scritto nel 1794, si avvicenderanno temi meditativi ed altri di tale forza da dare un’idea grandiosamente orchestrale, con gli strumenti all’unisono seppure impegnati in registri diversi. Una maestria impressionante, con gli archi portati in scivolo sulle corde e, nel punto più centrale, il più dolce, col violoncello a fare da guida. Suoni in sordina ed altri con impeto, specie nei finali. Ci chiediamo se Beethoven, scrivendo questa musica che somiglia a un sogno d’amore, pensasse già a quella Joséphine von Brunswick a cui, anni dopo, potrebbe avere indirizzato una famosa lettera, che volle intestare “all’amata immortale”. Peccato che, riservato com’era, non ebbe poi il coraggio di spedirgliela. Ma il senso di immortale dedicato a chi si ama basta a far capire di che pasta fosse quest’uomo e da quale sensibilità nascesse la sua musica. Nell’88, all’Auditorium di Roma, il trio fu eseguito da un terzetto composto dalla Mutter, Giuranna e Rostropovich. Un unicum memorabile.
Dei sei movimenti del “Divertimento K.563”, che Mozart dedicò all’amico Michael Puchberg, il quarto tempo, un andante stupendo dai fraseggi belli pieni e ballabili con dentro anche qualcosa di mediterraneo che sa di andaluso, è tra i più sereni e comunicativi. Ma il resto, che non è certo da meno, è fatto di passi di girandole di valzer, di minuetti e di Laendler, che si avvicendano tra calme che trafiggono ed impennate euforiche. E si finisce col sentirsi immersi nel mondo di Mozart. Richiesto di quanto la sua bravura lo portasse a scrivere con facilità estrema pezzi di bellezza così limpida, Mozart si schermiva dicendo “ma che dite, è sbagliato quel che pensate, nessuno immagina quanto ogni musica mi costi tempo e applicazione!”. Riflettere un istante sul lavoro certosino e per nulla comodo dei compositori di una volta ci porta a considerare sia il fatto che mai essi potessero riascoltarsi (riproduttori e grammofono erano di là da venire) sia che, per il pubblico, assistere ad un concerto era la sola opportunità per vivere quella musica divina. Pensieri che rendono ancor più apprezzabile, ed appetibile, il nostro facile e fortunato accostarsi – dal vivo o in disco – tanto ai compositori di ieri che agli esecutori di oggi.
Il “Michelangelo String Trio” è fra questi. Della rumena Mihaela Martin il Washington Post esaltò il suo debutto alla Carnegie Hall newyorkese pronosticandole un radioso avvenire. Vinse infatti subito dopo il concorso Tibor di Varga e quello di Indianapolis. La violinista, che ora insegna alla Musikhochshule di Colonia – ruolo ricoperto anche da Frans Helmerson col quale ha tra l’altro inciso un sontuoso concerto di Brahms – suona spesso con le orchestre più importanti ed è ospite dei grandi festival internazionali accompagnandosi con solisti del calibro della Marta Argerich e di illustri conoscenze chigiane come Yuri Bashmet e David Geringas. La Nobuko Imai, “Nastro Viola” del governo giapponese per meriti musicali e vincitrice dei concorsi di Monaco e Ginevra, è oggi considerata una delle massime violiste al mondo ed è molto apprezzata negli Stati Uniti dove si è perfezionata alla Julliard School dopo gli studi in patria al Toho Gakuen College. Direttrice negli anni ’90 dell’International Hindemith Viola Festival, è ora docente alla Hochshule di Detmond ed ai Conservatori di Amsterdam e Ginevra. Dal 2000, inoltre, è alla guida della “East West Baroque Academy”, uno straordinario ensemble itinerante formato da giovani musicisti olandesi e giapponesi. Lo svedese Frans Helmerson, infine, che è stato primo violoncello dell’Orchestra della Radio Svedese dal ’68 al ’74, ha fatto tesoro degli insegnamenti di Sergiu Celibidache e di Mstislav Rostropovich primeggiando al Premio Cassadò di Firenze e in vari festival europei. Ha svolto poi un’intensa attività solistica in America, Asia ed Australia sino ad intraprendere fattive collaborazioni coi maggiori direttori alternandole alle docenze sia nei conservatori norvegesi che al Collegio della Musica della Radio Svedese. Oggi è direttore artistico dei festival finlandesi di Umea e di Korsholm ed egli stesso si dedica sempre più alla direzione d’orchestra tra un impegno e l’altro col “Michelangelo String”.
Per ascoltare questo terzetto così carico di gloria, appuntamento nel salone dei concerti in Palazzo Chigi alle ore 21 di venerdi e ultimi biglietti ancora acquistabili al botteghino di Via di Città 89 (tel.0577-22091). Farina di Mozart o Beethoven che sia, il “divertimento” che verrà dispensato in Palazzi Chigi è assicurato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
