
di Gianni Basi
SIENA. Saranno i Wiener Klaviertrio a dedicare interamente a Schumann e al suo bicentenario il terz’ultimo concerto dell’87° Micat in Vertice dell’Accademia Chigiana. Occasione ghiotta, venerdi 12 alle 21 in Palazzo Chigi, per i patiti di questo autore che molti dipingono come il più romantico fra i romantici, uno che visse, soffrì, gioì e creò musica per una donna, massimo trait d’union fra ispirazione e composizione. I suoi “Phantasiestücke op.88”, pensati in odore di matrimonio con Clara Wieck e subito dopo scritti, sembrano il compendio di sensazioni contrapposte. Vi sono dentro, a ondate, i sentimenti cupi che attraversarono la sua vita prima di sposare l’agognata Clara, e quelli felici che poi finalmente cominciava ad assaporare con l’amata di sempre. E’ uno Schumann perciò un po’ pazzerello, come travolto da tumulti d’ogni tipo che, una volta messi in musica, rivelano tracce di uno stato d’animo assai provato ma al contempo sollevato, una naturalezza degli istinti lasciata come a se stessa pur se guidata dalla congenita, consueta eleganza. Dei quattro movimenti di cui il brano si compone, il primo, la Romanza, parte con gli strumenti all’unisono e si ha l’impressione di un veloce refrein anticipato. Poi il cambio d’umore e c’è un brevissimo flash tenero tenero (meno di un minuto ma vale l’intera sonata) in cui si avverte l’essenza dell’universo poetico di Schumann. Che riprende poi, con bordate di piano, a divagare in una fase più conviviale e giocosa (l’Humoresque) sino alla struggente chiacchierata in “Duett” fra violino e violoncello, col pianoforte a fare da discreto “ed io tra di voi”. Il finale, che riporta vagamente al tema introduttivo, si chiude con scambi strumentali intrisi di aura eroica che sono preceduti da un bizzarro motivetto in marcetta russa. Uno Schumann perciò lunatico e a briglia sciolta. Energia e passione che saranno trasmesse al pubblico da parte dei tre giovani e valenti viennesi del Klaviertrio. Stefan Mendl è al piano, Wolfgang Redik al violino e Matthias Gredler al violoncello.
Dopo cotanto assaggio, il concerto scivola in un movimento languido e malinconico. E’ il “Trio n.3 in sol minore op.110” ed è anche il più maturo fra i tre che saranno eseguiti. Incentrato su un morbido “adagio”, si snoda cullante vivacizzandosi appena nello “scherzo” e facendo da quieto apripista al secondo brano, il sorprendente “Trio n.2 in fa maggiore op.80” per il quale Schumann, per meglio soppesarne la portata, non avrebbe certo sbagliato a designare un nome preciso. A pennello sarebbe stato “La Tempesta”, e nemmeno Shakespeare pensiamo avrebbe avuto nulla da ridire. Il pezzo, difatti, e come spesso accade nella marea del grande classico, è stranamente meno conosciuto e meno suonato di altri. Come ignorare una vitalità così straripante? C’è un “a salire e a scendere” che è un delizioso e galoppante intreccio strumentale, con archi e piano che si avviluppano, gonfi di euforia e di dramma, concedendosi qua e là piccole pause e cali d’intensità che, in realtà, sono solo una ripresa di fiato. E’ come se il tutto non vede l’ora di riagitarsi tornando ai temi iniziali ma senza ricalcarne la metrica poichè un motivo vero proprio non c’è, nè ci può essere in un intrico affascinante di questa fatta. La musica è una mistura linda e forte, in certi punti trascinante come nel mitico “tutto archi” del crescendo finale dell’”Estate” vivaldiana. Uno spettacolo di suoni.
L’ultimo Trio in serata, il “n.1 in re minore op.63”, è invece quello più noto, il più celebrato, che si dipana ampio e solenne con colpi d’ala frequenti a stuzzicare il tema di base. L’ultimo movimento, detto “con fuoco”, smuove poi tutto l’ascolto e gioca umorale in una solare ricchezza espressiva. Sarà dunque un concerto prevalentemente luminoso, quello di venerdi in Palazzo Chigi. Vera vetrina di “pezzi fantastici” che non si limiterà alla bellezza della Phantasiestücke ma inonderà trio su trio di questo Schumann in formissima e coi Wiener che, ad ogni attacco d’archi e di piano, daranno il brivido di un decollo a spirale.
Mendl, Redik e Gredler, sono diventati gruppo inosssidabile dal 2001, anno in cui Wolfgang Redik sostituì al cello Marcus Trefny, co-fondatore con Mendl della formazione nell’88. Per diversi anni sono stati ospiti principali nelle stagioni del Musikverein di Vienna e da ultimo hanno fatto da protagonisti nei concerti della Konzerthaus nella celebre Sala Mozart. Partecipano incessantemente ai più lontani festival internazionali di musica da camera spostandosi come nulla fosse dalle rassegne viennesi a quelle di Canada e Australia, e si esibiscono in tour nei teatri di Parigi, Londra, Berlino, New York, Barcellona, Città del Messico. Come si vede sono acclamati ovunque e si avvalgono degli insegnamenti del grande Isaac Stern, che fu fra i loro maestri, per riversare qualità e talento nei seguitissimi corsi di perfezionamento che tengono alla londinese Wigmore Hall nonchè in accademie di Francia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Premiati con il Classical Album of the Year, il Choice Gramophone e il BBC Radio soprattutto per registrazioni di opere di Haydn Mozart e Beethoven, questi globetrotter delle note hanno recentemente inciso tutti i trii di Schubert e i trii con piano di Smetana e Caikowskij. Sono tre giovani pieni di entusiasmo e di amore smisurato per la musica. Redik insegna presso il Mozarteum di Salisburgo e, con Gredler, suona su “Guadagnini” originali risalenti alla metà del ‘700. Stefan Mendl è il gran capo del gruppo, pianista di doti innate, un trascinatore. La loro bravura, la loro simpatia, irradieranno il salone di Palazzo Chigi e saranno il miglior tributo che l’Accademia senese abbia potuto offrire quest’anno alla memoria ed alla poesia di Robert Schumann.
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SIENA. Saranno i Wiener Klaviertrio a dedicare interamente a Schumann e al suo bicentenario il terz’ultimo concerto dell’87° Micat in Vertice dell’Accademia Chigiana. Occasione ghiotta, venerdi 12 alle 21 in Palazzo Chigi, per i patiti di questo autore che molti dipingono come il più romantico fra i romantici, uno che visse, soffrì, gioì e creò musica per una donna, massimo trait d’union fra ispirazione e composizione. I suoi “Phantasiestücke op.88”, pensati in odore di matrimonio con Clara Wieck e subito dopo scritti, sembrano il compendio di sensazioni contrapposte. Vi sono dentro, a ondate, i sentimenti cupi che attraversarono la sua vita prima di sposare l’agognata Clara, e quelli felici che poi finalmente cominciava ad assaporare con l’amata di sempre. E’ uno Schumann perciò un po’ pazzerello, come travolto da tumulti d’ogni tipo che, una volta messi in musica, rivelano tracce di uno stato d’animo assai provato ma al contempo sollevato, una naturalezza degli istinti lasciata come a se stessa pur se guidata dalla congenita, consueta eleganza. Dei quattro movimenti di cui il brano si compone, il primo, la Romanza, parte con gli strumenti all’unisono e si ha l’impressione di un veloce refrein anticipato. Poi il cambio d’umore e c’è un brevissimo flash tenero tenero (meno di un minuto ma vale l’intera sonata) in cui si avverte l’essenza dell’universo poetico di Schumann. Che riprende poi, con bordate di piano, a divagare in una fase più conviviale e giocosa (l’Humoresque) sino alla struggente chiacchierata in “Duett” fra violino e violoncello, col pianoforte a fare da discreto “ed io tra di voi”. Il finale, che riporta vagamente al tema introduttivo, si chiude con scambi strumentali intrisi di aura eroica che sono preceduti da un bizzarro motivetto in marcetta russa. Uno Schumann perciò lunatico e a briglia sciolta. Energia e passione che saranno trasmesse al pubblico da parte dei tre giovani e valenti viennesi del Klaviertrio. Stefan Mendl è al piano, Wolfgang Redik al violino e Matthias Gredler al violoncello.
Dopo cotanto assaggio, il concerto scivola in un movimento languido e malinconico. E’ il “Trio n.3 in sol minore op.110” ed è anche il più maturo fra i tre che saranno eseguiti. Incentrato su un morbido “adagio”, si snoda cullante vivacizzandosi appena nello “scherzo” e facendo da quieto apripista al secondo brano, il sorprendente “Trio n.2 in fa maggiore op.80” per il quale Schumann, per meglio soppesarne la portata, non avrebbe certo sbagliato a designare un nome preciso. A pennello sarebbe stato “La Tempesta”, e nemmeno Shakespeare pensiamo avrebbe avuto nulla da ridire. Il pezzo, difatti, e come spesso accade nella marea del grande classico, è stranamente meno conosciuto e meno suonato di altri. Come ignorare una vitalità così straripante? C’è un “a salire e a scendere” che è un delizioso e galoppante intreccio strumentale, con archi e piano che si avviluppano, gonfi di euforia e di dramma, concedendosi qua e là piccole pause e cali d’intensità che, in realtà, sono solo una ripresa di fiato. E’ come se il tutto non vede l’ora di riagitarsi tornando ai temi iniziali ma senza ricalcarne la metrica poichè un motivo vero proprio non c’è, nè ci può essere in un intrico affascinante di questa fatta. La musica è una mistura linda e forte, in certi punti trascinante come nel mitico “tutto archi” del crescendo finale dell’”Estate” vivaldiana. Uno spettacolo di suoni.
L’ultimo Trio in serata, il “n.1 in re minore op.63”, è invece quello più noto, il più celebrato, che si dipana ampio e solenne con colpi d’ala frequenti a stuzzicare il tema di base. L’ultimo movimento, detto “con fuoco”, smuove poi tutto l’ascolto e gioca umorale in una solare ricchezza espressiva. Sarà dunque un concerto prevalentemente luminoso, quello di venerdi in Palazzo Chigi. Vera vetrina di “pezzi fantastici” che non si limiterà alla bellezza della Phantasiestücke ma inonderà trio su trio di questo Schumann in formissima e coi Wiener che, ad ogni attacco d’archi e di piano, daranno il brivido di un decollo a spirale.
Mendl, Redik e Gredler, sono diventati gruppo inosssidabile dal 2001, anno in cui Wolfgang Redik sostituì al cello Marcus Trefny, co-fondatore con Mendl della formazione nell’88. Per diversi anni sono stati ospiti principali nelle stagioni del Musikverein di Vienna e da ultimo hanno fatto da protagonisti nei concerti della Konzerthaus nella celebre Sala Mozart. Partecipano incessantemente ai più lontani festival internazionali di musica da camera spostandosi come nulla fosse dalle rassegne viennesi a quelle di Canada e Australia, e si esibiscono in tour nei teatri di Parigi, Londra, Berlino, New York, Barcellona, Città del Messico. Come si vede sono acclamati ovunque e si avvalgono degli insegnamenti del grande Isaac Stern, che fu fra i loro maestri, per riversare qualità e talento nei seguitissimi corsi di perfezionamento che tengono alla londinese Wigmore Hall nonchè in accademie di Francia, Nuova Zelanda e Stati Uniti. Premiati con il Classical Album of the Year, il Choice Gramophone e il BBC Radio soprattutto per registrazioni di opere di Haydn Mozart e Beethoven, questi globetrotter delle note hanno recentemente inciso tutti i trii di Schubert e i trii con piano di Smetana e Caikowskij. Sono tre giovani pieni di entusiasmo e di amore smisurato per la musica. Redik insegna presso il Mozarteum di Salisburgo e, con Gredler, suona su “Guadagnini” originali risalenti alla metà del ‘700. Stefan Mendl è il gran capo del gruppo, pianista di doti innate, un trascinatore. La loro bravura, la loro simpatia, irradieranno il salone di Palazzo Chigi e saranno il miglior tributo che l’Accademia senese abbia potuto offrire quest’anno alla memoria ed alla poesia di Robert Schumann.
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