di Gianni Basi
SIENA. Sabato 22 novembre si festeggia la ricorrenza di Santa Cecilia, patrona della musica, e questo giorno segna da sempre l’apertura del “Micat in Vertice”, ovvero di una delle rassegne più note al mondo.
L’Accademia Musicale Chigiana, a partire dallo scorso anno, ha voluto arricchire l’incipit della sua stagione concertistica con un matinée di riflessione profonda che precedesse l’evento serale. Alle ore 11, infatti, in Duomo presso l'altare del Santissimo Sacramento, sarà officiata la santa messa e, a seguire, un momento musicale che alla liturgia unirà il ricordo del conte Chigi Saracini, padre e mentore dell’Accademia. Saranno i suoni armoniosi degli archi ad aleggiare fra le volte della cattedrale, facendo della preghiera un naturale sfociare nella spiritualità della musica. Bella musica. Sia quella dedicata a Franz Joseph Haydn per il suo bicentenario (col culmine al concerto serale delle ore 21 al Teatro dei Rozzi), sia con le pagine di Mozart. Galuppi, Durante e Bach che esalteranno l’abilità strumentale del Quartetto Bernini, primo grande interprete di questo atteso 86° Micat in Vertice 2008-09.
Tredici date imperdibili, sino al 17 aprile, con la curiosa costante di presentarsi – tranne questo sabato – tutte di venerdi. Come ogni anno, cinque saranno i concerti in offerta promozionale per studenti e giovani sotto i 26 anni: questo d’apertura ai Rozzi, quello del 5 dicembre, poi i concerti del 20 e 27 febbraio, e infine la maestosa chiusura del 17 aprile in onore dei 250 anni dalla nascita di Georg Friedrich Haendel.
Del Quartetto Bernini, famoso nel mondo col marchio di qualità “QB”, il Washington Post ha parlato di “esplosivo ensemble di musicisti”, e ne ha vantato il prestigio dato dagli originali strumenti, tutti sei-settecenteschi. Al primo violino, il valente Marco Serino, diploma in Santa Cecilia e studi di perfezionamento in vari istituti musicali d’Europa fra cui la Chigiana, si accompagnano l’altro violino, la giapponese Yoko Ichinara, la viola di Gianluca Saggini e il violoncello di Valeriano Taddeo. Vincitori di molte competizioni internazionali, vantano collaborazioni con Salvatore Accardo e Franco Petracchi, le ospitate nelle migliori orchestre e le frequenti tournée con l’Accademia Filarmonica di Roma.
Sarà il “Quartetto in re minore K173” di Mozart ad aprire l’anteprima mattutina di Micat in Vertice. Composto ad appena 16 anni, offre dell’adolescente e già osannato salisburghese (che cominciava a firmarsi vezzosamente “Amadè”) un condensato di destrezza e originalità letteralmente estirpate dalla potenzialità degli archi. La fuga dell’allegro finale è portentosa. Sedici anni, e sedicimila note di là a venire. Di Baldassarre Galuppi, poi, il “Largo dalla I^ Sonata a quattro n.1 in sol minore”. Chiaro stile contrappuntistico, intreccio perciò di variazioni con ritorno al tema, insomma alla Bach, col risultato di una sonata gradevolissima, in altalenanza tra barocco e sacro. Pensare che Galuppi mancò poco e diventava barbiere. Ma dagli insuccessi iniziali, frustranti, lo sollevò presto Benedetto Marcello (quello dell’”Anonimo Veneziano”, pur se pare fu scritto dal semisconosciuto fratello Alessandro… ma non complichiamoci la vita), ridandogli nuovo vigore e ispirazione. Ed ecco Haydn. In esecuzione una pagina sonora fra le più intense della passione di Cristo, l’Introduzione da “Le ultime sette parole del Cristo Redentore”. Non all’origine, ma successivamente, l’intensità del dolore di Gesù in croce fu resa dalla voce recitante. Gli archi del “Bernini” daranno i brividi, ma mancherà, fra le implorazioni, la più umana: il grido straziante “ho sete!, ho sete!”.
Nuovo contrappunto, stavolta misto, e con divertimento finale, nel brano seguente dell’“Allegro della Sonata a quattro n.2 in sol minore” di Francesco Durante. Anche qui, un melodioso pot-pourri di sacro e barocco, di radice tanto cembalistica da anticipare e introdurre il “Contrapunctus n.1 e n.9” di Bach. E’ uno fra i passi più gai dell’Arte della Fuga, rivisitato negli anni ’40 da un Glenn Gould che lo suonò con frenesia bachiana, “a mani sospese”, oltre a canticchiarci sopra parole indecifrabili, alla Keith Jarrett. Quanto alle sonate a quattro, singolare la definizione di un copista dell’epoca, Bartolomeo Magni, che riportiamo: “da sonarsi con diversi stromenti in Chiesa, ma anco in camera, con alcune correnti a quatro, che si ponno sonare puro a tre, e puro a due”. Uno legge queste parole e gli scappa da ridere: eppure ne nacquero dei capolavori. Di Mozart, infine, di tre minuti solo tre minuti, dunque brevissima, la celebre “Lacrymosa”. Praticamente una goccia di Requiem, una sintesi stringatissima che si muove in un raffinato saliscendi di tutti gli archi, alzate a flussi regolari e poi un breve ritorno di calma, quasi un respiro che contagia gli spettatori, col petto che va su e giù. Per Mozart (uomo che sa sorridere tanto e soffrire tanto, nei momenti giusti) questa musica è la supplica nel momento cruciale del giudizio divino: “Buon Dio, risparmia all’uomo i dolori, dagli solo il riposo”. E se il respiro si fa affannoso (ma sentite che musica dolce!) è per l’ansia che cresce.
I cuori pulsanti di gioia riprenderanno a battere la stessa sera, al Teatro dei Rozzi alle ore 21, con un Haydn vigoroso ed anche un po’ mattacchione. Tre le versioni proposte per accostarci alla varietà della sua musica. La prima, la “Sinfonia n.86 in re maggiore”, è una delle più brillanti delle sinfonie parigine. Taglio eroico, monumentale in alcuni passi, e poi un poderoso moto perpetuo finale. La seconda, l’elegante “Concerto in mi bemolle maggiore per tromba e orchestra”, è un omaggio ad Anton Weidinger per l’ingegno profuso nel creare la prima tromba in assolo capace di eseguire l’intera scala cromatica: una della poche intromissioni dei fiati solisti nei corpi orchestrali settecenteschi, usata anche da Haydn come epilogo a più trombe nella patriottica “Messa coi timpani”.
La terza e ultima, la “Sinfonia n.94 in sol maggiore, detta “La Sorpresa” e appartenente alle sinfonie londinesi, comincia con un movimento lento e via via riserva impennate briose, e addirittura inaspettate. Fu la parte scanzonata di Haydn a prendersi una piccola rivincita sulle anziane signore che abitualmente seguivano in prima fila i suoi concerti. Infastidito dal loro frequente addormentarsi, con questa sinfonia si tolse la soddisfazione di dar loro delle scosse “a sorpresa”, e ai posteri lasciò uno dei suoi pezzi più graziosamente kitsch.
Ai Rozzi suonerà la prestigiosa Orchestre des Champs Elysées, diretta con perizia e ardore da uno dei suoi fondatori, Philippe Herreweghe. Bacchetta barocca fra le maggiori in circolazione, Herreweghe, oltre a un’infinità di altri lusinghieri riconoscimenti, è stato eletto “Personaggio musicale dell’anno” nel ’90, e “Cavaliere della Légion d’Honneur di Francia” nel 2003. Fra il concerto mattutino in Duomo e quello serale al Teatro dei Rozzi, interpreti ed autori tra i più vari assicureranno uno scenario degno dell’autentica musica della vecchia Europa, intrisa d’illuminismo e di sogni. Questo piccolo riflettore puntato su quel mondo sonoro accenderà ora la ribalta sempre giovane e affascinante del nuovo Micat in Vertice.
Sarà meglio affrettarsi per gli ultimi biglietti: interi dai 10 ai 20 euro, 6 i ridotti; vendita venerdi 21 (h. 16-18 a Palazzo Chigi) e sabato 22 a partire dalle ore 16 al Teatro dei Rozzi. Info: 0577/22091, www.chigiana.it.
L’Accademia Musicale Chigiana, a partire dallo scorso anno, ha voluto arricchire l’incipit della sua stagione concertistica con un matinée di riflessione profonda che precedesse l’evento serale. Alle ore 11, infatti, in Duomo presso l'altare del Santissimo Sacramento, sarà officiata la santa messa e, a seguire, un momento musicale che alla liturgia unirà il ricordo del conte Chigi Saracini, padre e mentore dell’Accademia. Saranno i suoni armoniosi degli archi ad aleggiare fra le volte della cattedrale, facendo della preghiera un naturale sfociare nella spiritualità della musica. Bella musica. Sia quella dedicata a Franz Joseph Haydn per il suo bicentenario (col culmine al concerto serale delle ore 21 al Teatro dei Rozzi), sia con le pagine di Mozart. Galuppi, Durante e Bach che esalteranno l’abilità strumentale del Quartetto Bernini, primo grande interprete di questo atteso 86° Micat in Vertice 2008-09.
Tredici date imperdibili, sino al 17 aprile, con la curiosa costante di presentarsi – tranne questo sabato – tutte di venerdi. Come ogni anno, cinque saranno i concerti in offerta promozionale per studenti e giovani sotto i 26 anni: questo d’apertura ai Rozzi, quello del 5 dicembre, poi i concerti del 20 e 27 febbraio, e infine la maestosa chiusura del 17 aprile in onore dei 250 anni dalla nascita di Georg Friedrich Haendel.
Del Quartetto Bernini, famoso nel mondo col marchio di qualità “QB”, il Washington Post ha parlato di “esplosivo ensemble di musicisti”, e ne ha vantato il prestigio dato dagli originali strumenti, tutti sei-settecenteschi. Al primo violino, il valente Marco Serino, diploma in Santa Cecilia e studi di perfezionamento in vari istituti musicali d’Europa fra cui la Chigiana, si accompagnano l’altro violino, la giapponese Yoko Ichinara, la viola di Gianluca Saggini e il violoncello di Valeriano Taddeo. Vincitori di molte competizioni internazionali, vantano collaborazioni con Salvatore Accardo e Franco Petracchi, le ospitate nelle migliori orchestre e le frequenti tournée con l’Accademia Filarmonica di Roma.
Sarà il “Quartetto in re minore K173” di Mozart ad aprire l’anteprima mattutina di Micat in Vertice. Composto ad appena 16 anni, offre dell’adolescente e già osannato salisburghese (che cominciava a firmarsi vezzosamente “Amadè”) un condensato di destrezza e originalità letteralmente estirpate dalla potenzialità degli archi. La fuga dell’allegro finale è portentosa. Sedici anni, e sedicimila note di là a venire. Di Baldassarre Galuppi, poi, il “Largo dalla I^ Sonata a quattro n.1 in sol minore”. Chiaro stile contrappuntistico, intreccio perciò di variazioni con ritorno al tema, insomma alla Bach, col risultato di una sonata gradevolissima, in altalenanza tra barocco e sacro. Pensare che Galuppi mancò poco e diventava barbiere. Ma dagli insuccessi iniziali, frustranti, lo sollevò presto Benedetto Marcello (quello dell’”Anonimo Veneziano”, pur se pare fu scritto dal semisconosciuto fratello Alessandro… ma non complichiamoci la vita), ridandogli nuovo vigore e ispirazione. Ed ecco Haydn. In esecuzione una pagina sonora fra le più intense della passione di Cristo, l’Introduzione da “Le ultime sette parole del Cristo Redentore”. Non all’origine, ma successivamente, l’intensità del dolore di Gesù in croce fu resa dalla voce recitante. Gli archi del “Bernini” daranno i brividi, ma mancherà, fra le implorazioni, la più umana: il grido straziante “ho sete!, ho sete!”.
Nuovo contrappunto, stavolta misto, e con divertimento finale, nel brano seguente dell’“Allegro della Sonata a quattro n.2 in sol minore” di Francesco Durante. Anche qui, un melodioso pot-pourri di sacro e barocco, di radice tanto cembalistica da anticipare e introdurre il “Contrapunctus n.1 e n.9” di Bach. E’ uno fra i passi più gai dell’Arte della Fuga, rivisitato negli anni ’40 da un Glenn Gould che lo suonò con frenesia bachiana, “a mani sospese”, oltre a canticchiarci sopra parole indecifrabili, alla Keith Jarrett. Quanto alle sonate a quattro, singolare la definizione di un copista dell’epoca, Bartolomeo Magni, che riportiamo: “da sonarsi con diversi stromenti in Chiesa, ma anco in camera, con alcune correnti a quatro, che si ponno sonare puro a tre, e puro a due”. Uno legge queste parole e gli scappa da ridere: eppure ne nacquero dei capolavori. Di Mozart, infine, di tre minuti solo tre minuti, dunque brevissima, la celebre “Lacrymosa”. Praticamente una goccia di Requiem, una sintesi stringatissima che si muove in un raffinato saliscendi di tutti gli archi, alzate a flussi regolari e poi un breve ritorno di calma, quasi un respiro che contagia gli spettatori, col petto che va su e giù. Per Mozart (uomo che sa sorridere tanto e soffrire tanto, nei momenti giusti) questa musica è la supplica nel momento cruciale del giudizio divino: “Buon Dio, risparmia all’uomo i dolori, dagli solo il riposo”. E se il respiro si fa affannoso (ma sentite che musica dolce!) è per l’ansia che cresce.
I cuori pulsanti di gioia riprenderanno a battere la stessa sera, al Teatro dei Rozzi alle ore 21, con un Haydn vigoroso ed anche un po’ mattacchione. Tre le versioni proposte per accostarci alla varietà della sua musica. La prima, la “Sinfonia n.86 in re maggiore”, è una delle più brillanti delle sinfonie parigine. Taglio eroico, monumentale in alcuni passi, e poi un poderoso moto perpetuo finale. La seconda, l’elegante “Concerto in mi bemolle maggiore per tromba e orchestra”, è un omaggio ad Anton Weidinger per l’ingegno profuso nel creare la prima tromba in assolo capace di eseguire l’intera scala cromatica: una della poche intromissioni dei fiati solisti nei corpi orchestrali settecenteschi, usata anche da Haydn come epilogo a più trombe nella patriottica “Messa coi timpani”.
La terza e ultima, la “Sinfonia n.94 in sol maggiore, detta “La Sorpresa” e appartenente alle sinfonie londinesi, comincia con un movimento lento e via via riserva impennate briose, e addirittura inaspettate. Fu la parte scanzonata di Haydn a prendersi una piccola rivincita sulle anziane signore che abitualmente seguivano in prima fila i suoi concerti. Infastidito dal loro frequente addormentarsi, con questa sinfonia si tolse la soddisfazione di dar loro delle scosse “a sorpresa”, e ai posteri lasciò uno dei suoi pezzi più graziosamente kitsch.
Ai Rozzi suonerà la prestigiosa Orchestre des Champs Elysées, diretta con perizia e ardore da uno dei suoi fondatori, Philippe Herreweghe. Bacchetta barocca fra le maggiori in circolazione, Herreweghe, oltre a un’infinità di altri lusinghieri riconoscimenti, è stato eletto “Personaggio musicale dell’anno” nel ’90, e “Cavaliere della Légion d’Honneur di Francia” nel 2003. Fra il concerto mattutino in Duomo e quello serale al Teatro dei Rozzi, interpreti ed autori tra i più vari assicureranno uno scenario degno dell’autentica musica della vecchia Europa, intrisa d’illuminismo e di sogni. Questo piccolo riflettore puntato su quel mondo sonoro accenderà ora la ribalta sempre giovane e affascinante del nuovo Micat in Vertice.
Sarà meglio affrettarsi per gli ultimi biglietti: interi dai 10 ai 20 euro, 6 i ridotti; vendita venerdi 21 (h. 16-18 a Palazzo Chigi) e sabato 22 a partire dalle ore 16 al Teatro dei Rozzi. Info: 0577/22091, www.chigiana.it.
