Beffa e donne al centro di una superba interpretazione di Leo Gullotta
di Giulia Tacchetti
SIENA. Due ore e mezzo sono volate via come un soffio di vento. Questa è la durata dello spettacolo Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare portato in scena da Leo Gullotta, con la regia di Fabio Grossi, al Teatro dei Rinnovati dall’11 al 13 gennaio. L’opera, ambientata al tempo della regina Elisabetta, è stata scritta in fretta, in una quindicina di giorni circa, tra il 1599 e il 1601. L’anno di stesura è incerto e così la motivazione: su richiesta della regina stessa, che, secondo le affermazioni di Nicola Rowe nella sua “Life of Shakespeare” del 1709 “ordinò di continuare (le vicende di Falstaff) con un altro dramma e di mostrarlo innamorato” o per essere rappresentata in occasione della partecipazione della regina alla Festa della Giarrettiera il 23 aprile 1597, ipotesi sostenuta dalle allusioni contenute nel testo all’Ordine della Giarrettiera. Proprio per questo troneggia al centro della scena dello spettacolo di Leo Gullotta una gigantesca figura della regina Elisabetta I, seduta in trono, che richiama le grandi e mobili figure di cartapesta dei carri di Viareggio.
In questo ricco e grandioso allestimento, scene e costumi sono di Luigi Perego, si succedono i vari avvenimenti con i personaggi introdotti o fatti uscire di scena attraverso una scaletta, che compare e scompare tra le gambe della regina ornate da una vistosa giarrettiera rossa. Rosso è il magnifico vestito di Elisabetta, che si apre come un sipario, i cui colori sono resi suggestivi dagli effetti delle luci di Valerio Tiberi.
Il clima è fin dall’inizio della rappresentazione frizzante, allegro, movimentato dai balletti (le coreografie sono di Monica Codena, le musiche di Germano Mazzocchetti), che rimandano al tema centrale della commedia: la beffa e le donne. Sir John Falstaff, trovandosi a corto di soldi, pensa di risolvere i suoi problemi facendo la corte alle mogli di Ford e di Page, due ricche signore di Windsor. Intorno ai tentativi di seduzione di Falstaff e sfruttando la terribile gelosia del marito della signora Ford si costruiscono le beffe delle donne, venute a conoscenza dei reali interessi del loro corteggiatore. Questa commedia non solo fornisce uno spaccato della società provinciale inglese del tempo, ma con i suoi personaggi, che nel vizio e nella corruzione conducono la loro esistenza, con la sopraffazione nei rapporti sociali e il vuoto della quotidianità rimanda anche ai nostri tempi. Gullotta fa divertire, ma nello stesso tempo, in maniera volutamente leggera, fa riflettere all’interno di uno spettacolo che non rinuncia alla grande rappresentazione: sedici attori con sfarzo di scene e costumi. L’intreccio secondario è dato dal contrasto tra la signora Page e suo marito per la scelta del consorte da dare alla figlia Anne, innamorata di un giovanotto, Fenton. La madre favorisce il dottor Cajus, medico francese; il padre Stanghetta, sciocco cugino del giudice Zucca. Queste figure sono rese magistralmente dai due attori, dal francese maccheronico dell’ uno e dalla mimica dell’altro. Eccezionale, ma non dovrebbe più costituire una sorpresa, è l’interpretazione di Leo Gullota, che si trasforma attraverso un pesante trucco: appare come un barile di grasso, tutta pancia e sedere, con una voce gravata dal vino e dal cibo.
Il prossimo appuntamento al Teatro dei Rinnovati è con “I pugni in tasca” con Ambra Angiolini e Pier Giorgio Bellocchio, altro interessante spettacolo da non perdere.