Il volume mostra l'atmosfera culturale vivace e unica a Siena nel primo Novecento
SIENA. Domani (13 maggio) alle ore 17.30 presso la Sala Storica della Biblioteca comunale degli Intronati sarà presentato il volume “Autoritratto (involontario) di Elena de Bosis Vivante da sue lettere”. Alla presentazione parteciperanno Roberto Barzanti, Presidente della Biblioteca, Paolo Maccari e Riccardo Donati, curatore del libro.
Nella sua villa di Solaia, a pochi chilometri da Siena, il 30 aprile 1963 morì Elena de Bosis Vivante, figlia dello scrittore Adolfo de Bosis e sorella dell’eroe antifascista Lauro, “signora di noi tutti” come la definì Eugenio Montale in “Quartetto”. Sconvolto dalla perdita della sua amica più cara, il grande poeta ligure Camillo Sbarbaro si affretta a raccogliere le lettere ricevute da lei nell’arco di un trentennio (dagli anni Trenta alla morte) e a costruire un libro che riporti in vita, per frammenti epistolari, i pensieri e la voce di Elena, «perché chi la conobbe la senta ancora parlare».
Nasce così l’ “Autoritratto (involontario) di Elena de Bosis Vivante da sue lettere”, struggente fotografia di un’amicizia tenerissima e toccante testimonianza della vita di una donna di grande umanità e vivacità intellettuale, che del Novecento ha vissuto sulla propria pelle gli aspetti più cupi e quelli più luminosi. Ma anche documento di un’epoca irripetibile della cultura senese e italiana, quando villa Solaia era uno straordinario crocevia di talenti, luogo di incontro e scambio per letterati, artisti, filosofi provenienti da tutto il mondo, dagli stessi Sbarbaro e Montale a Salvemini, De Pisis, Pound, Morante, Bemporad, per non citare che alcuni nomi. A cinquant’anni di distanza dalla sua apparizione, grazie all’editore San Marco de’ Giustiniani di Genova il volume torna a essere disponibile, arricchito da un saggio introduttivo, note esplicative e un ricco apparato documentario per le cure del critico Riccardo Donati. “Come ci si presenta l’ ‘Autoritratto’ – scrisse Alceste Angelini appena apparve l’antologia voluta da Sbarbaro – rassomiglia a una diario più che a una silloge epistolare, un diario tenuto dalla Vivante per propria memoria e consolazione, sì spesso ci sembra di essere ammessi in una zona ove i gesti si compiono con assoluta naturalezza e le parole cadono come in una sicura solitudine”.
Nella sua villa di Solaia, a pochi chilometri da Siena, il 30 aprile 1963 morì Elena de Bosis Vivante, figlia dello scrittore Adolfo de Bosis e sorella dell’eroe antifascista Lauro, “signora di noi tutti” come la definì Eugenio Montale in “Quartetto”. Sconvolto dalla perdita della sua amica più cara, il grande poeta ligure Camillo Sbarbaro si affretta a raccogliere le lettere ricevute da lei nell’arco di un trentennio (dagli anni Trenta alla morte) e a costruire un libro che riporti in vita, per frammenti epistolari, i pensieri e la voce di Elena, «perché chi la conobbe la senta ancora parlare».
Nasce così l’ “Autoritratto (involontario) di Elena de Bosis Vivante da sue lettere”, struggente fotografia di un’amicizia tenerissima e toccante testimonianza della vita di una donna di grande umanità e vivacità intellettuale, che del Novecento ha vissuto sulla propria pelle gli aspetti più cupi e quelli più luminosi. Ma anche documento di un’epoca irripetibile della cultura senese e italiana, quando villa Solaia era uno straordinario crocevia di talenti, luogo di incontro e scambio per letterati, artisti, filosofi provenienti da tutto il mondo, dagli stessi Sbarbaro e Montale a Salvemini, De Pisis, Pound, Morante, Bemporad, per non citare che alcuni nomi. A cinquant’anni di distanza dalla sua apparizione, grazie all’editore San Marco de’ Giustiniani di Genova il volume torna a essere disponibile, arricchito da un saggio introduttivo, note esplicative e un ricco apparato documentario per le cure del critico Riccardo Donati. “Come ci si presenta l’ ‘Autoritratto’ – scrisse Alceste Angelini appena apparve l’antologia voluta da Sbarbaro – rassomiglia a una diario più che a una silloge epistolare, un diario tenuto dalla Vivante per propria memoria e consolazione, sì spesso ci sembra di essere ammessi in una zona ove i gesti si compiono con assoluta naturalezza e le parole cadono come in una sicura solitudine”.