di Viola Caon
SIENA. Entra in scena con le scarpe infilate al contrario e cammina zoppicando Valdimiro, uno dei due protagonisti di Aspettando Godot. Rappresentato il 23 giugno al Santa Maria della Scala nell’ambito del Festival Voci di Fonti dalla collaborazione dalle associazioni teatrali Egumteatro e Lut, lo spettacolo ha riscosso un particolare successo di pubblico, tanto da costringere gli organizzatori a due spettacoli anziché uno come previsto. Quella delle scarpe è una delle tante incongruenze che fanno da costellazione a quella basilare sulla quale si fonda l’intero dramma: l’attesa di qualcosa che non arriverà mai, l’attesa di Godot.
Scenografia spoglia, essenziale come vuole la tradizione del teatro dell’assurdo, dove tutto punta alla minimalità e l’attenzione dello spettatore deve essere tutta indirizzata sui protagonisti e i loro dialoghi, ovviamente parossistici e il più delle volte senza senso. Il dramma tragicomico dell’insensatezza dell’esistenza è messo in scena con sapienza ed equilibrio dai registi, Annalisa Bianco e Virginio Liberti, in un’osservanza rispettosa ma non obbligata del testo originale.
La trama è sempre la stessa: quattro attori in scena, Vladimiro ed Estragone i due compagni d’attesa legati da un rapporto d’amore e odio, i quali tuttavia sono indispensabili l’uno per l’altro. Lucky e Pozzo, secondo alcune interpretazioni il capitalismo e il proletariato, legati da una corda da un laccio di schiavitù che li costringe ad una simbiotica esistenza, che intervengono sulla scena a modulare la sterile attesa dei primi due. Il tempo è il tempo dilatato dell’attesa che trasporta la scena in una dimensione in cui ieri può sembrare lontano un anno e un minuto dura ore. I due atti assolutamente simmetrici contribuiscono a dare l’idea di un tempo ciclico in cui ogni cosa resta uguale a se stessa e aspettare Godot si rivela sempre più una chimera.
“Andiamo via”, dice Vladimiro a Estragone, “Non possiamo” gli risponde quest’ultimo, “aspettiamo Godot”. È così che l’attesa di questo personaggio fantomatico finisce per rivelarsi nella sua essenza di croce e delizia. I due protagonisti, infatti, soffrono estremamente del mancato arrivo, doppiamente rimandato, del Signor Godot fino al punto in cui essa finisce per diventare il motore principale della loro esistenza.
Bravissimi e particolarmente intensi gli attori Segio Licatalosi, Francesco Pennacchia, Massimiliano Poli e Angelo Romagnoli che hanno saputo giocare bene sulla scena espressività fisica e verbale. Alla fine dello spettacolo, il senso è chiaro: ogni attesa della nostra esistenza, nonostante la sofferenza che comporta, finisce per rivelarsi essenziali alla prosecuzione di essa e alla proiezione delle sue aspettative.