di Giulia Tacchetti
SIENA. Allo spettatore la terza replica di uno spettacolo può regalare una più intensa interpretazione (se mai ce ne fosse bisogno), a chi scrive la recensione può essere utile per raccogliere i commenti del prima, verificandoli con ciò che vede dopo. Ogni esibizione raccoglie critiche negative e positive, ma ieri pomeriggio (1° dicembre) il pubblico si è mostrato unanime nel dimostrare con gli applausi scroscianti il proprio consenso. Il divertimento ha coinvolto tutti per quasi tre ore, durante le quali gli attori si sono scambiati con un ritmo energico e vivace una battuta dietro l’altra, con un’abilità gestuale sorprendente, servendosi di una mimica facciale ed un dialogo visivo altrettanto stupefacente.
La vicenda prende subito forma con la narrazione fitta di inganni e colpi di scena, che coinvolge una coppia in crisi. Livio ha sempre tradito la moglie, ma le assicura una vita agiata, Lisa non è da meno. Esiste la famiglia perfetta? Forse è tutto un inganno. Con un testo divertente come questo di Home-Sauvajon (riadattato all’Italia di oggi)) la lettura della rappresentazione può avvenire su due piani. Classica commedia della ricca borghesia degli anni Settanta, con libertà di costumi e scarsi problemi morali (ricordiamoci il film del 1975 diretto da Luciano Salce, con Monica Vitti ed Ugo Tognazzi), in cui i protagonisti si muovono in mezzo a numerosi trabocchetti; nascondono i loro veri pensieri, ingannandosi a vicenda. Lo spettacolo si rivela impeccabile nel giuoco delle parti e delle battute brillanti e comiche; risponde pienamente al genere del feuilleton, ricco di colpi di scena, che mira al divertimento e coinvolgimento emotivo del pubblico. Sarebbe inadeguato, a mio parere, adottando questo punto di vista, avventurarsi in commenti che si rivolgono ai presupposti morali del vincolo matrimoniale in termini di rispettabilità, stima, dei figli, quando ci sono, come nel caso di questa commedia, che attraversano fugacemente la vicenda. Facciamo parlare il testo e gli attori.
Se vogliamo adottare un altro punto di vista, perché lo spettacolo non sia solo un viaggio di risate e riflessione fine a se stesso, emergono nelle azioni dei protagonisti emozioni, sentimenti, che a poco a poco ci trasportano da un vissuto fatto di inganni, ripicche, in cui ognuno manca di rispetto all’altro in modo cinico, ad un nuovo modo di vedere e, quindi, di impostare la propria vita. “L’amore per esistere ha bisogno di mistero. I sogni finiscono all’alba e ti ritrovi con un coniglio con le bretelle” con queste parole la moglie pone fine al suo innamoramento per Augusto Leopoldo, con cui vuole ricominciare lasciando il marito, perché si accorge di essere sempre innamorata di lui, nonostante i continui tradimenti, ed il marito si accorge che non vuole perderla. Alla fine vince l’amore? Mah, non mi fiderei molto di uno come Livio!!!!
Emilio Solfrizzi ci regala una interpretazione divertente, leggera con una presenza scenica incredibile. Gioca con la gestualità e la mimica facciale da attore consumato quale è. Spassoso l’equivoco che nasce dall’uso inappropriato del pronome personale ”tu, te, io, me” (vi ricordate i giochi di parole di Totò e Peppino De Filippo in “Malafemmina”?), scatenando la risata del pubblico. Carlotta Natoli rappresenta in modo piacevole i comportamenti di una donna delusa, decisa a cambiare vita, ma nello stesso tempo piena di ripensamenti. Padrona della scena, mantiene il ritmo serrato del dialogo con Solfrizzi; suscita solo qualche perplessità per il tono della voce, che non sempre fa giungere nelle ultime file del teatro le battute. Buona e divertente la recitazione di Beatrice Schiaffino e Antonella Piccolo, come quella di Ruben Rigillo. Riuscita la regia di Claudio “Greg” Gregori, che fa scorrere lo spettacolo in modo ritmato e piacevole con una scenografia appropriata ((Fabiana Di Marco). Forse, nella seconda parte, una sensazione di lentezza si sarebbe potuta evitare apportando qualche opportuno taglio.