La trama del film di Luchetti affronta la scabrosità di legami familiari che diventano soffocanti, come catene o lacci
di Paola Dei
SIENA. Film di apertura alla 77 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Lacci di Daniele Luchetti tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone, attualmente al Cinema Metropolitan di Siena, affronta il tema dei legami familiari con un cast d’eccezione che vede sulla scena Alba Rohrwacher, Luigi Lo Cascio, Laura Morante, Silvio Orlando, Adriano Giannini, Giovanna Mezzogiorno oltre a giovani attori che si sono cimentati in una storia non facile da interpretare.
Impossibile non collegare il film a Carnage del regista Roman Polanski, a Storie da un matrimonio di Noah Baumbach con Adam Driver e Scarlett Johansson e, andando molto indietro nel tempo, anche a Kramer contro Kramer di Robert Benton con Dustin Hoffman e Meryl Streep, che si aggiudicò ben cinque Oscar. Generazioni post sessantottine che si scontrano con la libertà di coppia e i legami interiori che condizionano i figli, seppur, nelle opere citate, con scelte totalmente diverse.
Il tema del film é ancora quantomai attuale e interessante e il racconto affronta la scabrosità di legami familiari che diventano soffocanti, come catene o lacci che non permettono la differenziazione dei vissuti da parte dei membri che compongono la stessa famiglia. La storia é molto semplice e narra le vicende di Aldo, un padre apparentemente buono e tranquillo, che tradisce la moglie Vanda e abbandona la famiglia per Livia, una ragazza dal sorriso accattivante e la voce dolce. Lo fa con una modalità passivo-aggressiva contraria a quella della moglie Vanda che reagisce in maniera decisa, pronta a tutto per il bene della famiglia e dei figli, sia nella prima parte del film dove a interpretarla é Alba Rohrwacher, sia nella seconda parte dove a vestire i panni della protagonista é Laura Morante, che appare più disincantata e più pungente dopo quaranta anni all’interno di un matrimonio che non ha permesso neppure ai figli di respirare, ma sempre con le caratteristiche tipiche del suo carattere che la spingono a dire: “Forse ho capito perché volevo così tanto che tu tornassi. Perché dicevo….così se torna posso andarmene io”.
Anche Aldo ha mantenuto il suo carattere taciturno che conferma quando, interpretato da Silvio Orlando, nella seconda parte del film sostiene che: “Per stare assieme bisogna parlare poco, l’indispensabile”.
Il troppo parlare soffoca le emozioni, le traveste di significati che spesso non corrispondono a quanto provano i membri di una famiglia e questo è anche quanto accade nel film che in alcune scene si sovraccarica di conversazioni svuotate di sentimenti, come accade quando Aldo e Livia affrontano il tema del loro rapporto, mostrando come la stanchezza incominci ad insinuarsi anche in una relazione fresca e come la famiglia e i figli creino legami indissolubili che vanno al di là di un innamoramento che forse rimane per tutta la vita chiuso dentro una misteriosa scatola.
I lacci delle scarpe sono una metafora della personalità di Aldo che non si allaccia le scarpe come gli altri, ma ha un suo modo molto particolare. Attorciglia due nodi che sembrano rappresentare il simbolo della sua doppia vita e della sua costante indecisione. Un nodo che lui stesso ha creato tradendo la moglie senza la possibilità di slacciare.
Luchetti, noto al grande pubblico anche come attore, offre una lettura originale dell’opera di Starnone e affronta la struttura narrativa con grande padronanza abbinandola ad un montaggio pressoché perfetto, ma i dialoghi diventano, man mano che il film va avanti, troppo artificiosi, più adatti ad una struttura drammaturgjca teatrale che non cinematografica. I termini a tratti sono troppo ricercati e mal si adattano alle emozioni che vivono i protagonisti. Appare assurdo sentire uno dei personaggi chiedere all’altro: “Tu devi dire quello che provi” quando le dinamiche relazioni fortemente problematiche impediscono di far emergere qualsiasi vissuto e dove hanno il sopravvento emozioni forti e legami indissolubili che condizionano pesantemente anche i figli, come vediamo nelle scene finali, dove Anna e Sandro, interpretati da Adriano Giannini e da Giovanna Mezzogiorno, vittime loro malgrado della storia asfittica vissuta dai genitori, , danno libero sfogo ad uno scoppio d’ira dopo aver trattenuto la rabbia per quaranta anni.
L’opera é stata rappresentata nel 2018 al Teatro Eliseo interpretata da Silvio Orlando con la regia di Armando Pugliese che ha parlato del romanzo come di una sinfonia del dolore. Silvio Orlando ha invece
“In Aldo c’è una parte della biografia di ciascuno di noi, dei nostri vicini, dei nostri amici, anche di me. Tutti hanno vissuto una crisi matrimoniale, chi più chi meno. Qui però ne viene mostrato il lato paradossale ed estremo…”