Abbiamo gli originali, perché far vedere le "copie" proiettate?
di Ilaria Sciascia
SIENA. Questa estate dal Piemonte alla Puglia, senza dimenticare il Lazio e la Toscana, sono state inagurate numerose iniziative culturali che servono solo a trasformare la valorizzazione dei beni culturali in puro ed esclusivo prodotto commerciale.
Come afferma Tomaso Montanari nel suo articolo “Benvenuti nel grande luna – park del passato” su “il Venerdi” dell’11 settembre, l’antico centro storico di Cosenza va irremediabilmente in rovina, mentre il comune lavora da anni ad un fantomatico museo di Alarico.
A Taranto si sta concretizzando il progetto di un colonnato in marmo completo di sculture bronzee con la raffigurazione di Falanto, mitico fondatore spartano della città, che andrebbe a sostituire una pregevole e antica fontana.
Continua Montanari: “In Toscana ci si è orientati alla spettacolarizzazione delle opere d’arte più famose.
Allora perché emozionarsi di fronte ad un capolavoro come la “MAESTÀ” dell’elegante e celebrato Duccio da Boninsegna, pittore fra i più famosi del 1200 – 1300 senese, quando la sera te lo puoi vedere proiettato in formato gigante sulla facciata del “duomo nuovo”!?!
E’ quella che offre la “Divina Bellezza” definito il primo evento di storia raccontata d’Italia.
Non si può nascondere che le immagini siano curatissime e di grande impatto, ma come è possibile raccontare la storia medievale di Siena in mezz’ora, in doppia lingua e godersi lo spettacolo per il modico prezzo di 13 euro?
Stessa scelta a Firenze, dove va di scena “Magnificent, l’incredibile storia della bellezza rinascimentale, che ha rivoluzionato il mondo, in cui le più belle opere artistiche scorrono in immagini digitalizzate.
Tutto questo mentre alcuni musei italiani non hanno illuminazione e climatizzazione adeguati, personale per offrire al pubblico l’apertura di tutte le sale e una valanga di opere artistiche e architettoniche avrebbero bisogno di accurati restauri.
L’Italia non è l’America, non ha bisogno di spettacolarizzazione, ma di conoscenza, professionalità, amore per il nostro patrimonio e soprattutto lungimiranza nel comprendere che i nostri beni culturali potrebbero essere realmente il volano dell’economia.