di Gianni Basi
SIENA. Mantice, somiere (grande cassa ad esso collegata), consolle (sede di tastiere, pedaliere, vibrato e vari registri), e infine le canne. Quelle più lunghe dai timbri bassi, le corte dai suoni alti. Stiamo parlando di quello straordinario strumento polivalente che è l'organo.
Derivato sorprendentemente dal rozzo flauto di Pan e dalla tuttora viva e vegeta zampogna, fu nel terzo secolo d.C. ideato nelle sue prime forme "a banchetto" da Ctesibio di Alessandria e poi, secoli poi, dai maestri organari del 1500 in sù, sia tedeschi (organetto di Barberia a manovella) che italiani (la famiglia Serassi di Bergamo). E fu il fiore all'occhiello di tutte le chiese e il vanto di tanti piccoli e grandi Bach.
Nella metà del '900, ecco i mitici "Hammond", roba da cultori, con negli anni '60 e '70 una romantica "A whiter shade of pale" che fece ballare mezzo mondo.
Ma, dopo averlo così presentato, un organo bisogna suonarlo o, perlomeno, andarlo ad ascoltare.
L'occasione più invitante, in questo momento, è fare un salto, venerdi (5 giugno), alla Cappella dell'Istituto Musicale "Rinaldo Franci" (Prato S. Agostino, 2 – tel. 0577-288904), dove, alle ore 18,30, si potranno apprezzare eleganza e sonorità di un organo nuovo di zecca appena acquistato dall'Istituto col contributo del Monte dei Paschi di Siena.
Ingresso libero, e una serie di arie apposite di vari autori, da Mozart al maestro Michele Manganelli, sommo organista del "Franci".
L'organo, un "Vincenzo Mascioni" che è quanto dire, viene direttamente dalla "Premiata Fabbrica d'Organi Vincenzo Mascioni", sede storica nel varesino, e sin dal 1829.
Anni addietro fummo presenti ad una intera serata d'organo in cattedrale, e fu in quelle due ore che ci convincemmo di quanto l'organo, e ancor più del pianoforte, sappia sostituirsi ad un'intera orchestra. Toni e timbri fanno una danza a sopresa: cullato da una melodia piena di pacati ghirigori ti aspetti un lieve rinforzo e invece ti arriva un suono dolcemente assordante, zeppo di variazioni pazzesche, cose che prendono alla gola. La "Mascioni", più di un migliaio di organi spediti nel mondo, ne produce della migliore qualità e dalle forme e suoni tra i più ricercati. Ve ne sono di notissimi, sparsi in chiese e conservatori. Un "Mascioni" campeggia in Duomo a Milano, nell'Abbazia di Montecassino, nella Basilica di San Gaudenzio a Novara e in quella di Intra. Sono inoltre nient'altro che dei "Mascioni" gli organi delle cattedrali di Firenze, Pisa, Cosenza, come pure quelli della Chiesa di San Francesco d'Assisi e del Santuario di San Francesco di Paola. Lo è anche l'imponente organo sito nell'Aula Paolo VI in San Pietro, e lo sono quelli presenti nei conservatori musicali di Vicenza, Padova, Pesaro e… adesso Siena, all'Istituto Franci, appunto. C'è un "Mascioni" perfino a Tokio, nella Saint Mary's Cathedral, e se non ve ne fosse uno anche nella cattedrale di Winchester ci sarebbe da restarne male. Ma probabilmente c'è. L'Istituto "Rinaldo Franci", nel fervore della sue mille iniziative di questi ultimi anni, si avvale perciò ora di un pezzo di assoluto prestigio. Con questo "Mascioni" arricchisce non solo il suo parco strumentale ma se ne servirà per creare nuovi valenti organisti.
Occorre ricordare, a questo proposito, che accostarsi all'organo non è un fatto preminentemente liturgico. Oggi, dall' "Hammond" dei Procol Harum in poi, non c'è gruppo d'avanguardia che non metta un po' d'organo a modulare un sottofondo o a dare una potente stilettata fra le stratocaster. Certo, quello classico, splendido nel suo disegno austero, gli intarsi, fregi e scannellature tra lo svettare delle canne lucenti (uno così bello e gigantesco si trova nella Chiesa del Sacro Cuore di Torino, un "Mascioni", e quale sennò?), fa piacere anche solo vederlo. Ma sentire vibrare un organo fin giù nello stomaco è molto, molto di più.
SIENA. Mantice, somiere (grande cassa ad esso collegata), consolle (sede di tastiere, pedaliere, vibrato e vari registri), e infine le canne. Quelle più lunghe dai timbri bassi, le corte dai suoni alti. Stiamo parlando di quello straordinario strumento polivalente che è l'organo.
Derivato sorprendentemente dal rozzo flauto di Pan e dalla tuttora viva e vegeta zampogna, fu nel terzo secolo d.C. ideato nelle sue prime forme "a banchetto" da Ctesibio di Alessandria e poi, secoli poi, dai maestri organari del 1500 in sù, sia tedeschi (organetto di Barberia a manovella) che italiani (la famiglia Serassi di Bergamo). E fu il fiore all'occhiello di tutte le chiese e il vanto di tanti piccoli e grandi Bach.
Nella metà del '900, ecco i mitici "Hammond", roba da cultori, con negli anni '60 e '70 una romantica "A whiter shade of pale" che fece ballare mezzo mondo.
Ma, dopo averlo così presentato, un organo bisogna suonarlo o, perlomeno, andarlo ad ascoltare.
L'occasione più invitante, in questo momento, è fare un salto, venerdi (5 giugno), alla Cappella dell'Istituto Musicale "Rinaldo Franci" (Prato S. Agostino, 2 – tel. 0577-288904), dove, alle ore 18,30, si potranno apprezzare eleganza e sonorità di un organo nuovo di zecca appena acquistato dall'Istituto col contributo del Monte dei Paschi di Siena.
Ingresso libero, e una serie di arie apposite di vari autori, da Mozart al maestro Michele Manganelli, sommo organista del "Franci".
L'organo, un "Vincenzo Mascioni" che è quanto dire, viene direttamente dalla "Premiata Fabbrica d'Organi Vincenzo Mascioni", sede storica nel varesino, e sin dal 1829.
Anni addietro fummo presenti ad una intera serata d'organo in cattedrale, e fu in quelle due ore che ci convincemmo di quanto l'organo, e ancor più del pianoforte, sappia sostituirsi ad un'intera orchestra. Toni e timbri fanno una danza a sopresa: cullato da una melodia piena di pacati ghirigori ti aspetti un lieve rinforzo e invece ti arriva un suono dolcemente assordante, zeppo di variazioni pazzesche, cose che prendono alla gola. La "Mascioni", più di un migliaio di organi spediti nel mondo, ne produce della migliore qualità e dalle forme e suoni tra i più ricercati. Ve ne sono di notissimi, sparsi in chiese e conservatori. Un "Mascioni" campeggia in Duomo a Milano, nell'Abbazia di Montecassino, nella Basilica di San Gaudenzio a Novara e in quella di Intra. Sono inoltre nient'altro che dei "Mascioni" gli organi delle cattedrali di Firenze, Pisa, Cosenza, come pure quelli della Chiesa di San Francesco d'Assisi e del Santuario di San Francesco di Paola. Lo è anche l'imponente organo sito nell'Aula Paolo VI in San Pietro, e lo sono quelli presenti nei conservatori musicali di Vicenza, Padova, Pesaro e… adesso Siena, all'Istituto Franci, appunto. C'è un "Mascioni" perfino a Tokio, nella Saint Mary's Cathedral, e se non ve ne fosse uno anche nella cattedrale di Winchester ci sarebbe da restarne male. Ma probabilmente c'è. L'Istituto "Rinaldo Franci", nel fervore della sue mille iniziative di questi ultimi anni, si avvale perciò ora di un pezzo di assoluto prestigio. Con questo "Mascioni" arricchisce non solo il suo parco strumentale ma se ne servirà per creare nuovi valenti organisti.
Occorre ricordare, a questo proposito, che accostarsi all'organo non è un fatto preminentemente liturgico. Oggi, dall' "Hammond" dei Procol Harum in poi, non c'è gruppo d'avanguardia che non metta un po' d'organo a modulare un sottofondo o a dare una potente stilettata fra le stratocaster. Certo, quello classico, splendido nel suo disegno austero, gli intarsi, fregi e scannellature tra lo svettare delle canne lucenti (uno così bello e gigantesco si trova nella Chiesa del Sacro Cuore di Torino, un "Mascioni", e quale sennò?), fa piacere anche solo vederlo. Ma sentire vibrare un organo fin giù nello stomaco è molto, molto di più.