di Giovanni Elia
SIENA. Si chiude stasera (10 ottobre), nella splendida atmosfera del chiostro di San Francesco, la tredicesima edizione del TerradiSiena Film Festival con la consegna del Sanese d'oro a due protagonisti del cinema contemporaneo: il regista Bob Rafelson, che oggi abbiamo avuto la possibilità di incontrare, e Valeria Golino.
Rafelson è stato, insieme a Dennis Hopper, Jack Nicholson ed altri, l'esponente di punta del movimento cinematografico della “New Hollywood” agli inizi degli anni Settanta, quando film come “Easy Rider” ed il suo “Cinque pezzi facili” si imposero per la potenza del loro messaggio sociale oltre che per la loro qualità, segno di un impegno e di una passione che si intuiscono ancora chiaramente nelle parole del settantacinquenne regista di New York.
Riguardo la città che lo ospita, Rafelson ha solo parole di apprezzamento e di grande stima: “Ho visitato tutto il mondo da quando avevo quattordici anni ad oggi, ma penso di non avere mai visto una città così meravigliosa come Siena. Quattro anni fa ho visitato il Duomo e non ho mai alzato lo sguardo una sola volta, ho sempre e solo guardato il pavimento. Invece oggi ci sono tornato con una guida e ho alzato per la prima volta gli occhi – ma devo dire che la visuale del pavimento è la migliore. Mi piacciono molto la storia di indipendenza, di fierezza e la natura rivoluzionaria che questa città ha nel suo sangue, è una cosa che sento mia e che condivido profondamente. Mi sento a mio agio qui”. Sulla Festa, poi, Rafelson ha avuto parole di profondo rispetto: “Ho visto il Palio quando avevo diciotto anni, ma non ho mai pensato di girare un film su di esso: è qualcosa che ammiro ma non è parte di me. Ritengo che sia una cosa che si deve sentire dentro per raccontarla al meglio”.
Per quanto riguarda le tematiche del Festival, che hanno prediletto aspetti di impegno sociale e temi difficili come la pedofilia e l'immigrazione, Rafelson ha sottolineato come un film non abbia l'obbligo di essere sempre e comunque un atto di critica sociale: “L'aspetto davvero importante è che il film venga dal cuore. Anche con gli attori ho sempre privilegiato il rapporto umano piuttosto che quello professionale”, ha poi proseguito, “cercando di coinvolgerli nel progetto piuttosto che dargli solo ordini. Oggi non è più sempre così, anche per colpa di una timidezza e di una ricerca del successo che fa male ai registi. Si cercano troppo il successo ed il guadagno, come se non ci fossero altri obbiettivi, e si parte con budget enormi. Io e Jack Nicholson, mentre lavoravamo a “Cinque pezzi facili”, eravamo costretti a dividere una sola stanza di un motel perché non c'erano i soldi per prenderne due”, ha detto ridendo. Ma la conclusione di questo maestro del cinema mondiale, il suo ammonimento alle nuove leve, è tutt'altro che ilare: “Rispetto alla Hollywood che conoscevo, oggi c'è troppa timidezza nel mondo del cinema. C'è troppo conformismo, troppo timore nel creare. Nessuno crede più che osare sia importante in sé e per sé: si pensa troppo ai soldi ed al successo. Ai giovani registi e produttori dico solo una cosa: siate coraggiosi, siate senza paura. Il resto verrà da sé”.
SIENA. Si chiude stasera (10 ottobre), nella splendida atmosfera del chiostro di San Francesco, la tredicesima edizione del TerradiSiena Film Festival con la consegna del Sanese d'oro a due protagonisti del cinema contemporaneo: il regista Bob Rafelson, che oggi abbiamo avuto la possibilità di incontrare, e Valeria Golino.
Rafelson è stato, insieme a Dennis Hopper, Jack Nicholson ed altri, l'esponente di punta del movimento cinematografico della “New Hollywood” agli inizi degli anni Settanta, quando film come “Easy Rider” ed il suo “Cinque pezzi facili” si imposero per la potenza del loro messaggio sociale oltre che per la loro qualità, segno di un impegno e di una passione che si intuiscono ancora chiaramente nelle parole del settantacinquenne regista di New York.
Riguardo la città che lo ospita, Rafelson ha solo parole di apprezzamento e di grande stima: “Ho visitato tutto il mondo da quando avevo quattordici anni ad oggi, ma penso di non avere mai visto una città così meravigliosa come Siena. Quattro anni fa ho visitato il Duomo e non ho mai alzato lo sguardo una sola volta, ho sempre e solo guardato il pavimento. Invece oggi ci sono tornato con una guida e ho alzato per la prima volta gli occhi – ma devo dire che la visuale del pavimento è la migliore. Mi piacciono molto la storia di indipendenza, di fierezza e la natura rivoluzionaria che questa città ha nel suo sangue, è una cosa che sento mia e che condivido profondamente. Mi sento a mio agio qui”. Sulla Festa, poi, Rafelson ha avuto parole di profondo rispetto: “Ho visto il Palio quando avevo diciotto anni, ma non ho mai pensato di girare un film su di esso: è qualcosa che ammiro ma non è parte di me. Ritengo che sia una cosa che si deve sentire dentro per raccontarla al meglio”.
Per quanto riguarda le tematiche del Festival, che hanno prediletto aspetti di impegno sociale e temi difficili come la pedofilia e l'immigrazione, Rafelson ha sottolineato come un film non abbia l'obbligo di essere sempre e comunque un atto di critica sociale: “L'aspetto davvero importante è che il film venga dal cuore. Anche con gli attori ho sempre privilegiato il rapporto umano piuttosto che quello professionale”, ha poi proseguito, “cercando di coinvolgerli nel progetto piuttosto che dargli solo ordini. Oggi non è più sempre così, anche per colpa di una timidezza e di una ricerca del successo che fa male ai registi. Si cercano troppo il successo ed il guadagno, come se non ci fossero altri obbiettivi, e si parte con budget enormi. Io e Jack Nicholson, mentre lavoravamo a “Cinque pezzi facili”, eravamo costretti a dividere una sola stanza di un motel perché non c'erano i soldi per prenderne due”, ha detto ridendo. Ma la conclusione di questo maestro del cinema mondiale, il suo ammonimento alle nuove leve, è tutt'altro che ilare: “Rispetto alla Hollywood che conoscevo, oggi c'è troppa timidezza nel mondo del cinema. C'è troppo conformismo, troppo timore nel creare. Nessuno crede più che osare sia importante in sé e per sé: si pensa troppo ai soldi ed al successo. Ai giovani registi e produttori dico solo una cosa: siate coraggiosi, siate senza paura. Il resto verrà da sé”.