Domani i dati sulla percezione del sentimento nazionale negli italiani

L’assessore alla cultura Marcello Flores d’Arcais, docente universitario di Storia contemporanea, come la gran parte dei relatori presenti alla due giorni senese, che continuerà domani mattina, ha aperto l’importante appuntamento che ha al centro lo studio l’identità collettiva sulla quale riflettere per ricordare gli avvenimenti passati, indispensabili a costruire il futuro della storia italiana all’interno di una dimensione europea. “L’idea – come ha detto l’assessore Flores – è di mettere a confronto le identità collettive, analizzare nazionalismi e totalitarismi anche attraverso i risultati del sondaggio fatto appositamente da un gruppo di ricerca coordinato da Pierangelo Isernia, docente alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Siena, sulla percezione che hanno gli italiani in merito alla loro identità nazionale”. Capire, in sintesi, come guerre e nazionalismi abbiano contribuito a formare più identità e rappresentare elementi di continuità o di rottura con i sistemi politici dei vari periodi storici.
Nicola Labanca (Presidente del corso di laurea magistrale in Documentazione e ricerca storica alla Facoltà di Lettere a Siena) affrontando il tema “Il nazionalismo in Europa tra guerre e costruzione unitaria”, ha illustrato come sia sempre stato molto stretto il legame tra nazionalismo e guerra e come il nazionalismo abbia forza nel costruire un’identità nazionale in grado di inglobare identità multiple. “Il nazionalismo oltre ad essere esclusivo può essere anche inclusivo. Varia nel tempo e nello spazio. Può creare solidarietà nazionale. Da molti studiosi non viene visto più come in antitesi con la democrazia, perché può, addirittura, consolidarla come quello inclusivo statunitense”. Allora più che cacciarlo lo si deve trasformare. “Il punto non è la forza del nazionalismo, ma la debolezza dell’europeismo”. Il nazionalismo, insomma, come strumento per veicolare le varie identità e non rafforzare quella puramente nazionale.
Del resto come ha spiegato Pier Paolo Poggio (Direttore della Fondazione ‘Luigi Micheletti’ Centro di ricerca sull’età contemporanea), analizzando la situazione della Russia comunista, si può meglio comprendere come il concetto di nazionalismo venga usato in maniera dominante per la creazione del popolo sovietico e come perda, a livello extra nazionale. Quando la Cina si allontana dal diktat di Stalin creando due poli comunisti la tendenza universale del nazionalismo fallisce. “Il comunismo dello scorso secolo è scomparso definitivamente, forse il suo futuro è in altre dimensioni, come quelle economiche”.
Ma la ricerca storica non solo fa comprendere, indaga. Alberto De Bernardi (docente all’Università di Bologna) nel suo intervento dal titolo “L’identità italiana tra patriottismo e fedeltà sopranazionale”, ha fatto notare come sia determinante usare le fonti del passato senza restarne prigionieri “Non limitarsi a riprodurle, bensì declinarle in un altro contesto”. De Bernardi è entrato nel vivo di quello che per molti di noi rimane ancora un interrogativo difficile da spiegare. Come un popolo ha potuto essere fascista e al contempo sperare nella vittoria degli avversari? Come in quell’Italia si siano contrapposti due concetti agli antipodi: dittatura e democrazia? “Il patriottismo degli italiani si è condensato in una guerra di civiltà. Da una parte i valori estremizzati dal nazionalismo, dall’altra quelli alla base di una libera cittadinanza e dell’uguaglianza civile. Già alla fine degli anni ’30 l’adesione degli italiani al fascismo iniziò a sgretolarsi, serpeggiava il dubbio sull’idea di nazione elaborata dal regime”. Gli italiani, come ha evidenziato De Bernardi, non riuscivano a essere patrioti, la speranza per il loro futuro era in mano a quello che fino a poco prima era considerato il nemico. Per questo la guerra antifascista divenne, anche, una <<disfatta morale e civile per il nostro Paese>>. La nostra era una nazione che aveva perso la propria dignità, come scrisse Curzio Malaparte, e come sostenevano altri intellettuali che non riuscirono a cogliere i contenuti della Resistenza. Noi ci ammazzavamo tra noi, mentre gli altri morivano per noi. Per questo la necessità di cancellare il fascismo e come gesto di patriottismo scrivere la Costituzione.
Una serie di eventi, quelli che dall’Unità a oggi hanno toccato pesantemente il nostro Paese, che, indubbiamente, hanno ostacolato il riconoscersi in una patria comune, possibile, solo dopo il grande conflitto, quando tutti gli italiani hanno potuto iniziare a partecipare al processo democratico. Un percorso, questo, delineato da Ariane Landuyt (ordinario alla facoltà di Scienze Politiche a Siena), con l’intervento “L’identità europea nella storia della Repubblica”, che ha spiegato come il percorso identitario italiano sia iniziato nel momento in cui ha partecipato al processo di costruzione europea. A lungo non c’è stata coincidenza tra nazione e Stato, a differenza della Francia, ma simili alla Germania. L’universalismo derivante dalla nostra cultura romana e di professione di fede è la caratteristica italiana che consolida il radicamento europeo. “Nel 1861 nasce lo Stato italiano, ma la struttura centralizzata non corrisponde a quello che chiameremo unità nella diversità. II pensiero di Carlo Cattaneo”. L’identità europea all’interno dell’identità nazionale nasce solo dopo la Seconda guerra mondiale per liberare, citando Tommaso Padoa Schioppa, “ lo Stato nazionale dal demone del totalitarismo”. Riscattare la Patria. Il riconoscimento degli italiani all’interno del contesto europeo è, nel tempo, alternante, come ha evidenziato la docente, inoltre il <<modello intergovernativo, cioè confederale, si confronta con quello sovranazionale, cioè federale>>. Nell’elemento sovrannazionale la novità, e questo lo si deve all’Italia. “L’approccio italiano alla costruzione europea è fortemente caratterizzato dall’interesse verso la dimensione politica a scapito di una economica, come per altri paesi fondatori”. L’identità europea, quindi, si è intrecciata alla storia della nostra Repubblica. Ne è un esempio il sostegno dato dall’Italia, dopo Maastricht, per la stesura di una Carta dei diritti e l’elaborazione di un Trattato istitutivo della Costituzione europea.
L’unità d’Italia compie 150 anni. Dal convegno di Siena le cause storiche di un ritardo nella nascita di un sentimento nazionale in grado di ostacolare i totalitarismi, al contempo la capacità del nostro Paese di pensare e agire anche entro limiti che vadano oltre i confini nazionali. Domani, dai risultati del sondaggio curato dal professor Isernia, potremo sapere il contributo dell’Italia nell’Europa e magari, scoprire come il federalismo possa incidere.