Nel film di Ciprì un Castellitto yolutamente sopra le righe

di Paola Dei
SIENA. Al Cinema Alessandro VII l’ultima pellicola di Ciprì: La buca, con Sergio Castellitto, Rocco Papaleo, Valeria Bruni Tedeschi, Jacopo. Cullin, Ivan Franek. Prodotto da Rai Cinema, Produttore delegato Film: Michela Pini.
Tenero e grottesco il film ci mette davanti alla facilità di accomodare le questioni a proprio piacimento della nostra nazione. Ciprì lo fa senza moralismi e ci accompagna ad assimilare i contenuti con occhio divertito e scanzonato mentre la recitazione degli attori contribuisce a mostrarci la tolleranza nazionale verso i vizi collettivi che troppo spesso si associa al fastidio per ciò che invece è virtuoso e intelligente.
La storia è quella di Oscar, Sergio Castellitto, avvocato cinico e misogino che sopravvive con piccoli e grandi espedienti nei quali coinvolge finti invalidi. Armando, interpretato da Rocco Papaleo invece è un pover’uomo che ha scontato ingiustamente anni di carcere per un omicidio mai commesso. Accanto a loro Carmen, personaggio interpretato da Valeria Bruni Tedeschi, che segna il confine fra i due e forse è un pò innamorata di entrambi. E poi c’è Internazionale, un cagnolino tenero bianco e nero che si affezionerà subito ad Armando diventando sua ombra e guardia del corpo, ignaro degli intrighi del genere umano ma bisognoso di quel briciolo di affetto che lo faccia sentire meno solo.Fra di loro Nancho, testimone che però non ha visto nulla a causa della miopia e il vero colpevole, colui che riuscì a salvarsi grazie ad Armando.Quando l’avvocato e l’ex detenuto s’incontrano Oscar architetta un piano perfetto per far risarcire Armando dell’ingiustizia patita senza immaginare che il cuore semplice di quest’ultimo riuscirà a smuovere in lui la compassione, mentre Armando, stufo di ingiustizie, lentamente trasformerà un po’ se stesso.
Un’Italia che come nel ilm, È stato il figlio, mostra tutti gli eccessi e le deroghe alla giustizia con un Sergio Catellitto volutamente sopra le righe che tenta, a suo modo, di rompere l’immobilismo dilagante di un Paese troppo accondiscendente con il vizio.