La trasposizione della fiaba non è all'altezza
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SIENA. Se Belle e Sebastien è stata una felice trasposizione di un film di animazione in una storia con personaggi reali, non altrettanto si può dire de La bella e la bestia rivisitata da Christophe Gans che rende impossibile non fare paragoni con la versione disneyana e con quella raffinatissima di Jean Cocteau. Con Vincent Cassel e Lea Seydoux dal 27 febbraio nelle Sale, La bella e la bestia è laversione più mitologica che mette in luce parti più trascurate delle precedenti versioni attingendo dall’opera di Madame Villeneuve pubblicata nel 1756 da Jeanne Marie Leprince de Besumont in “Magasin des enfants, ou dialogues entre une sage gouvernante et plusieurs de ses élèves”.
Un ricco mercante dopo aver perso tutti i suoi beni in mare si rifugia in campagna con moglie e figli e qui sembra riuscire a sanare la sua disastrata situazione. Durante un viaggio nel quale cerca uno dei figli, dedicatosi ad una vita dissoluta, e cerca di portare a termine delle commissioni per le figlie femmine, fra cui Belle che ha chiesto solo una rosa, entra nel castello della Bestia e promette che, dopo aver consegnato la rosa tirnerà al castello. Belle appresa la disavventura del padre si reca al Castello al suo posto e lentamente scopre la vita de la Bestia prima del sortilegio che l ‘ha colpito innamorando scene suo malgrado..
Effetti speciali grandiosi, goduria di colori e immagini, metafore sulla vita e sul valore dell’interiorità, meccanismi di difesa, non bastano però a rendere la pellicola godibile e leggera ed anche il cast di attori appare sprecato. Unico aspetto positivo è la scoperta di quelle parti più nascoste delle precedenti versioni e qualche risposta in più rispetto sulla storia a noi tutti nota.