Il premio è da considerarsi la gran fondo della scrittura
SIENA. Il Premio Viareggio-Repaci roccaforte rocciosa (e toscanamente snob) della letteratura, alternativa ma nel contempo a vocazione e respiro internazionale come dimostra ad esempio, il prestigioso tributo dell’anno scorso al vate sudamericano Vargas Llosa che pochi mesi dopo sarebbe diventato ufficialmente col Nobel un immortale, è un fortunato tour a tappe che va da gennaio ad agosto. E sul primo traguardo, diciamo una specie di percorso molto selettivo, sulla distanza, intitolato a Mario Tobino, si è affermata quale “autore dell’anno” la capitolina Melania “Gaia” Mazzucco.
Il Premio-Tobino è insomma da considerarsi la gran fondo della scrittura alla quale vengono ammessi i pochi fortunati che hanno onorato l’arte della scrittura con singolarità stilistica e riscontri di vendita in libreria. Nell’arco di soli 15 anni la Mazzucco si è ritagliata una notorietà e un consenso premiate dalle vendite, e mi piace (senza offesa per nessunol) considerarla una sorta di Garcia Marquez in abiti femminili per le sue storie che hanno spesso un fondo di realtà e di documentazione, vengono da lontano ma volano alte, su pianeti dai linguaggi strani ai quali solo lei ha accesso.
Anche se uno dei due scrittori italiani del giorno d’oggi per i quali provo forte simpatia è veneto-ciociaro, arrivato a sorpresa al Premio Strega con “Canale Mussolini”(parlo di Antonio Pennacchi, che racconta la storia dell’umile famiglia sua arrivata dal nord per bonificare l’Agro Pontino ai tempi del Fascismo e lui stesso tiene storia singolarissima, forse più unica che rara di scrittore-operaio capace di sfuggire il destino della catena di montaggio e all’intruppamento ideologico), Melania Mazzucco è una ancor giovane (con i suoi 45 anni) e feconda “scrittrice di saggi e romanzi, soggettista e sceneggiatrice per il cinema, autrice di racconti e dialoghi per la radio e per il teatro, giornalista di ‘terza pagina’. Una figlia d’arte “subito catturata nell’atmosfera magica, seducente e pericolosa, esaltante e angosciosa, della scrittura”, questa la premessa della giuria del Premio nato ai primi del Novecento sulla spiaggia sabbiosa della perla della Versilia.
“In poco più di quindici anni – marca poi la motivazione dei giurati – “ha polarizzato l’attenzione di critica e pubblico per la qualità dei suoi romanzi, intessuti di infinite microstorie, deviazioni e ipotesti, che accompagnano il lettore nel labirintico percorso delle persone e delle cose, con la sua tipica padronanza nel destreggiare il flusso inestinguibile della narrazione, nel calcolare i ‘movimenti’ del testo come quelli di uno spartito musicale, con sapienza dosando dissolvenze ed epifanie. Ogni pagina dei suoi libri esprime quella fascinazione che la parola esercita su chi la cerca scritta, quell’incantesimo che ben si esprime nel titolo del primo romanzo del 1996 che ha rivelato il talento della Mazzucco, Il bacio della Medusa”.
Sì, la scrittrice che fuma un pacchetto di Camel al giorno convinta che il fumo crei una barriera di mistero invitante fra lei e il mondo, è scampata alla grande al bacio maledetto della mitologica dama con i serpenti sul capo che pietrifica, imprigiona. Lei, Melania, è la “Musa gentile” (e aggiungo simpatica) con quella sua inconfondibile capigliatura dai riccioli a cavatappi. Una proiezione terrena incarnatasi in una figura benefica che dispensa doni “e porta alla luce misteri e storie da mondi lontani, si trova a suo agio nella camera oscura della fantasia e dell’invenzione, non si risparmia in approfondite scorrerie negli archivi e nelle biblioteche alla caccia di altre parole e di altre storie”. Tesori e risorse espressive che sembrano una sua diretta ed esclusiva interazione con altri mondi. Col “Il bacio della Medusa” è stata finalista al premio Strega del ’96, e dopo aver fatto man bassa di premi nel 2000, il Chianciano, il Vittorini, il Premio Napoli e il Premio Bari Costa del Levante, la definitiva affermazione è arrivata nel 2003 col Premio Strega grazie a una storia appartenente alla sua famiglia, “Vita”.
Vita è una ragazzina di 9 anni dal fortissimo carattere che sa spostare gli oggetti con la forza della mente sbarcata assieme al dodicenne Diamante, suo nonno, in America ai primi del Novecento. Il libro ha conquistato anche l’ America creando un’attenzione sulle storie dei 12 mila emigranti che giornalmente sbarcavano a Ellis Island, riuscendo a entrare fra i Top Ten nelle vendite nella Grande America. Ha poi avuto molto successo anche come sceneggiatrice di “Un giornata perfetta” del regista Ferzan Ozpetek tratta dall’omonimo libro. In seguito il suo spirito “onnivoro” di scrittrice-commediografa-saggista l’ha portata su diversi sentieri, come in Iran, o a scrivere di Giovanni Pascoli fino all’ultimo importante libro dedicato a una grande famiglia di artisti veneti “Jacopo Tintoretto e i suoi figli”, la maggior opera che affianca quella del Vasari.
La scrittrice è stata premiata nell’Aula Consiliare del Comune di Viareggio, nell’anniversario della nascita dello scrittore e psichiatra Mario Tobino, col benvenuto del sindaco Luca Lunardini e l’introduzione di Rosanna Bettarini, presidente del Premio Viareggio-Repaci. Uno speciale ‘Ricordo di Mario Monicelli” ha ricordato il grande regista viareggino. Infine Melania Mazzucco è stata protagonista di un interessante colloquio col pubblico, quale sarà la prossima sorpresa?