Givone, ordinario di Estetica all’Università di Firenze e filosofo di fama internazionale, dirige la rivista “Estetica” (edita da Il Nuovo Melangolo), collabora con altre riviste e interviene sulle pagine culturali di alcuni quotidiani nazionali. Ha lavorato alla Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche per RAI Educational ed è l’autore di numerosi saggi, fra i quali Storia del nulla (1995), Eros/ethos (2000), Prima lezione di estetica (2003), Il bibliotecario di Leibniz (2005). Tre i suoi romanzi, tutti usciti per Einaudi: Favola delle cose ultime (1998), Nel nome di un dio barbaro (2002), Non c’è più tempo (2008).
La filosofia è, per Givone, interpretazione di ciò che viene espresso da altro, ad esempio dall’arte; è quell’interrogazione capace di rivelare il senso delle cose che l’arte nasconde e custodisce. Così prendono sostanza filosofica le letture che Givone ha dato di Dostoevskij, di Blake, del fenomeno romantico e dei tanti romanzi a cui vengono affidate le tante Storie degli uomini: è su tali Storie che occorre fissare lo sguardo per cercare ciò che i filosofi da sempre hanno chiamato verità.
E’ nell’intreccio delle molteplici voci umane che si scopre il mondo, ed è grazie all’interpretazione delle scritture che le raccontano che di questo mondo si coglie l’infinita profondità. Proprio per questo Givone scrive anche romanzi: per praticare una scrittura che si libera, nel momento della narrazione, dell’univocità argomentativa e dimostrativa richieste tradizionalmente dalla filosofia, e per costruire una polifonia capace di penetrare nei recessi più oscuri e indicibili dell’essere e del pensiero, fino ad evocare il nulla.
E così il terrorismo, oggetto e protagonista del suo ultimo romanzo, quando esplode con violenza e logica agghiaccianti, ci obbliga alla percezione dell’irrealtà, e di una irrealtà irrevocabile; ci inchioda alla consapevolezza che tutto ormai si è compiuto, e ci muove alla nostalgia per quel possibile scorrere della vita che non è più possibile. Per questo sentimento del nulla, il terrorismo rivela la sua familiarità con il nichilismo – l’ospite inquietante, come lo chiama Nietzsche – e si intreccia con altri temi distintivi e peculiari della riflessione di Givone. Tra questi, lo stesso nulla, che vede come la tragica, ineliminabile piega dell’essere, l’ombra capace di mantenerne aperta la ricerca di senso. E il male, in particolare quello agito come fosse bene e in vista di un ulteriore bene, che non porterà la giustizia promessa, ma una sempre più insensata violenza. Ancora, la logica sacrificale, di cui talvolta il male si ammanta, come nel terrorismo, ma che non redime, anzi, tradisce la propria ambiguità: infatti, la violenza compiuta viene tenuta nascosta all’interno del gruppo, spesso addirittura autocelebrata dalla vittima.
Di tutto questo, e di altro ancora, è fatto il paesaggio concettuale di Non c’è più tempo, un romanzo “teatrale”, oltreché filosofico, perché rispettoso alla lettera delle unità di tempo, di luogo e d’azione. Il tempo si snoda da poco dopo la mezzanotte all’alba del 2 ottobre 1981. Il luogo è un quartiere di Firenze, occupato interamente da un caseggiato e reso impenetrabile da un cantiere trentennale. Proprio qui si addentra Venturino Filisdei, architetto fiorentino e docente universitario, perché vi è stato misteriosamente convocato per conoscere un figlio naturale, di cui ricorda solo il soprannome: Riseversi, “riso e verza”. Pian piano, al luogo convenuto, arriveranno anche gli altri. Sono Max Penitenti, Quisqualis, Feuer, Dolores Entierro, Confiteor; i loro nomi sono nomi di battaglia che, come anche quello “anagrafico” di Venturino, costruiscono le identità dei personaggi, come fossero maschere teatrali: personae appunto. L’azione, poi, è quella più squisitamente teatrale che si possa immaginare: un processo o, forse, una resa dei conti, con colpo di scena.
Gli attori Maria Adele Attanasio e Federico Giubilei leggeranno alcune pagine scelte del romanzo, in margine all’intervento del filosofo.
L’iniziativa è patrocinata dal Comune di Montepulciano.