di Giulia Tacchetti
SIENA. “Con questa mostra viene restituita alla chiesa senese, alla città ed ai molti visitatori della cattedrale una significativa testimonianza dell’identità culturale, artistica e spirituale di Siena”.
Così oggi 1° marzo è stata presentata alla stampa la mostra “Dalla Spada alla Croce. Il Reliquiario di San Galgano restaurato”, nella “Cripta” del Duomo a Siena (2 marzo-5 novembre 2023), alla presenza di Giovanni Minucci, rettore dell’Opera della Metropolitana di Siena, e Don Enrico Grassini, direttore Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici.
Al centro di questa vicenda un furto clamoroso avvenuto nel 1989 nel Museo Diocesano dell’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, all’epoca allestito nei locali adiacenti al Pontificio Seminario Regionale “Pio XII” (in località Montarioso), da cui vennero trafugati oggetti di oreficeria medievale e barocca di grande valore religioso ed artistico. Tra questi il Reliquiario di San Galgano, proveniente dall’antica abbazia, recuperato trenta anni dopo grazie al Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale.
Don Enrico Grassini esprime tutta la sua soddisfazione per la sinergia nata tra le varie istituzioni: l’Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, l’Opera della Metropolitana, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Siena- Grosseto- Arezzo, i Musei Vaticani, Opera Laboratori, Sillabe, che ha curato il catalogo e l’Unisi.
Il frutto di questa collaborazione è l’esposizione di dieci degli undici oggetti rubati, compresi tra il XII ed il XIX secolo; il pezzo mancante è un seicentesco calice in argento proveniente dalla chiesa di Certosa di Maggiano. L’opera più antica è una Croce liturgica, rame e bronzo dorato, di manifattura renana-toscana del XII secolo.
Il reliquiario di San Galgano (terzo decennio del XIV sec.) è al centro dell’attenzione di tutti: rame dorato e argento, smalti champlevés e traslucidi, che raffigurano episodi della vita di San Galgano. Opera epocale, secondo Elisabetta Cioni dell’Università di Siena (che ha suggerito il Laboratorio di Restauro Metalli e Ceramiche dei Musei Vaticani), perché segna un cambiamento, in quanto fino ad allora gli orafi erano stati alle dipendenze degli scultori.
Alla domanda perché è stato scelto il Laboratorio di Restauro dei Musei Vaticani, Elisabetta Cioni ci comunica un particolare che non tutti sanno. In un recente passato il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, si era valso dello stesso laboratorio per restaurare il Calice di Marmoraia (provincia di Siena), della fine del XII secolo. Non dimentichiamoci che Paolucci è stato direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana fino al 2006, poi nominato da Papa Pio XII direttore dei Musei Vaticani, sostituito nel 2017 da Barbara Jatta. Quel calice presenta forti legami con quelli in mostra e poteva facilitare il percorso ai restauratori. P
er noi una piccola sorpresa nell’apprendere la collaborazione dell’argentiere Giovanni Raspini di Arezzo, nel cui laboratorio lavorano grandi artisti come Lucio Minigrilli, a cui si deve il rifacimento della piccola croce in cima al reliquiario. Questi ha realizzato precedentemente il reliquiario del beato Ambrogio Sansedoni, nella ricorrenza dell’ottavo centenario della nascita, posto nella Cappella di Palazzo Sansedoni.
Si ricorda che nella Chiesa di S. Raimondo al Refugio ci sono due opere galganiane visibili venerdì e sabato dalle 9.30 alle 13.00.