C'è ancora la magia di una volta?
di Paola Dei
Qual è il profumo del tuo Natale? A questa domanda senti arrivare alle narici ricordi di infanzia fra dolci e candele o – chiudendo gli occhi – senti l’indimenticabile profumo di Chanel che almeno una volta nella vita avrai indossato anche solo per prova, oppure senti l’odore del fuoco di un camino dove le scintillanti monachine sono ancora segno di prosperità per l’anno nuovo?
Fuochi sacri legati alle credenze e ai riti del solstizio d’inverno, in collegamento diretto col sole, nel segno della luce.
Qualunque sia la tua opzione di certo non potrai fare a meno di associare gli odori ai colori; mai come in questo periodo una festa di luci e fuochi d’artificio nelle vetrine, sulle terrazze e nelle case della gente si stampa nella nostra mente evocando sensazioni ed emozioni di ogni tipo. La festa in tutte le sue tonalità: vivace, allegra, profonda, seria, consumistica, prepotente. In mezzo a questi contrasti spiccano bleu, rosso, argento, oro a cui si associa spesso l’immancabile bianco della neve che sembra voler mettere a tacere ogni rumore per assaporare il senso più profondo del 25 dicembre, giorno durante il quale Gesù Cristo sceglie di tornare in mezzo noi.
Bianco come è il latte, primo cibo che Gesù come tutti neonati ha assaporato e odorato, bianco come cibo della purezza e come elemento che giunge dal ventre sotterraneo per saziare la fame di ciscuno di noi desiderosi di sogni, speranze. Bianco come lo spettacolo che la Fondazione Alda Fendi ha proposto dall’8 al 15 dicembre in Via del Foro Traiano a Roma, dove la location è il suggestivo Silos aggregatore di idee sede della Fondazione, il cui livello ipogeo corrisponde in parte all’antica Basilica Ulpia, a pochi passi dalla Colonna Traiana, ha offerto una interpretazione che mette in figura una danse macabre in quadricormia, antiretorica e senza sbavature di pietà che, come la stessa Fondazione ha scritto: ” in uno stesso gesto iconoclasta calpesta le macerie di due imperi: da una parte la Roma dei Cesari, le cui vestigia sopravvivono miti nei Fori Imperiali, e dall’altra il regime dell’effimero globale e connesso. In sottofondo, come un coro festoso di voci bianche, il languore di mondo sfigurato nel vorticare di immagini, smaterializzato, remixato dalla molteplice fascinazione dei fuochi fatui accesi in miliardi di schermi azzurrini, televisori gonfi di flussi di seducenti jingle che sobillano eserciti di consumatori ad assaltare il fortino di un’illusione di felicità in offerta speciale per il giorno della crapula”.
Una visione amplificata di una realtà che cannibalizza se stessa in virtù di un presunto benessere che spesso non vede al di là della scintillante superficie del Natale consumistico. Una rappresentazione per riflettere e odorare il vero senso del Natale racchiuso probabilmente in quelle monachine propiziatorie che tutti ci aspettiamo di vedere. Un appuntamento con noi stessi da non perdere in una notte nella quale ogni cuore ha diritto a sognare.
Difficile mantenere la magia del Natale se lo si vede con l’occhio della rappresentazione propostaci ma chissà che anche la consapevolezza non riesca a portare un po’ di magia ed il bianco a farci ricordare il sapore e l’odore del latte, cibo prediletto dagli Dei al quale in troppi siamo divenuti intolleranti o allergici mentre la società inseguiva le chimere!