di Patrizia Fazzi
SIENA. Con 393 voti la raccolta di poesie “Credere all’invisibile” (Einaudi,) di Cesare Viviani ha vinto il Premio Pen Club 2009, svoltosi a Compiano (Pr) dal 4 al 6 settembre. Un premio ‘controcorrente’, quello ideato dal Pen Italia, presieduto da Sebastiano Grasso, e nel quale sono i soci, tutti narratori, poeti e saggisti di fama spesso nazionale e oltre, a scegliere la cinquina finalista e decretare la classifica finale, anche se ‘sono tutti vincitori’, come ha dichiarato il Presidente onorario Lucio Lami, giornalista e scrittore di grande livello, da anni anima e mente organizzativa dell’evento. Nel piccolo borgo medievale, angolo di terra emiliana tra Liguria e Toscana dominato dall’omonimo castello, convergono ogni anno in gran numero soci, giornalisti e appassionati, riunendosi nella mitica piazzetta con panorama a perdita d’occhio sulla Val di Taro. Qui un pubblico attento ha seguito col fiato sospeso lo spoglio dei voti segnati su cinque grandi cartelloni, mentre si succedevano le interviste agli autori finalisti: oltre al vincitore Viviani, in lizza Stefano Rodotà con il saggio “Perché laico” (Laterza) e tre narratori : Giorgio Montefoschi, con “Le due ragazze dagli occhi verdi” (Rizzoli), Elena Lowenthal con “Conta le stelle, se puoi” (Mondadori,) (la scrittrice era in lizza quasi contemporaneamente anche al Campiello e quindi assente giustificata) e il giovane Flavio Soriga con “L’amore a Londra e in altri luoghi”( Bompiani).
Dal 2002 un libro di poesia non risultava primo, pur essendo entrati in cinquina nomi eccellenti come Silvio Ramat, Paolo Conte, Nelo Risi. Grande la soddisfazione dunque per gli amanti del verso e in particolare di Cesare Viviani, che ha dedicato la vittoria a due amici scomparsi, Mario Luzi e Giuliano Gramigna. Nato a Siena nel 1947, ma residente a Milano dove opera come psicanalista, Viviani, autore di numerose raccolte poetiche, ha definito la poesia una metafora dell’inafferrabilità della vita, esprimendo in componimenti brevi, colloquiali, il senso del limite umano di fronte all’”invisibile” rappresentato dalla realtà naturale e dalle esperienze di vita, spesso indecifrabili. La via indicata è l’umiltà di fronte all’”eternità incomprensibile”, al “miracoloso spazio” dell’universo, di cui dovremmo essere grati di far parte.
Un atteggiamento di rispetto che ritorna nel libro di Rodotà, il quale ha affermato: “nessuno ha la verità in tasca” e quindi ‘laico’ significa ‘libero’ contro le imposizioni. L’amore, il tempo, la storia, sono al centro delle opere anche degli altri finalisti, tra i quali vince per simpatia il sardo Flavio Soriga, outsider di comunicativa. Originale, per il paradosso dell’invenzione letteraria che riscrive la storia italiana immaginando la morte di Mussolini nel 1924, il romanzo “Conta le stelle se puoi”di Elena Lowenthal, come pure avvincente la trama del libro di Montefoschi, imperniata su un amore straordinario che si riaccende dopo anni di lontananza e deve fare i conti con il mutar del tempo e gli schemi sociali. Il parere, ora, ai futuri lettori dei libri.