SIENA. A Siena, Gordon Moran arrivò come un ciclone all’inizio degli anni Ottanta. Viveva a Firenze, dove si era trasferito dagli Stati Uniti, suo Paese d’origine e nel quale (all’Università di Yale) si era laureato con una tesi su Ambrogio Lorenzetti. Arrivò con una affermazione sconcertante: il Guidoriccio di Simone Martini, nella Sala del Mappamondo del Palazzo Comunale, non è di Simone. All’inizio lo presero per un mattocchio e lo snobbarono; poi, quando Gordon cominciò a costruire il dossier delle incongruità e quando la sua tesi cominciò a convincere anche alcuni fra i grandi nomi della storia dell’arte (a Siena anche Enzo Carli, per non fare che un nome di prestigio), scattò l’allarme rosso. Dibattiti, discussioni, polemiche. Se la sua tesi fosse stata valida, si sarebbe dovuto riscrivere un bel po’ di pagine di storia della pittura del Trecento. E se l’affresco (scoperto mentre le polemiche infuriavano) sotto il Guidoriccio fosse davvero la raffigurazione simoniana del condottiero che conquista Arcidosso, chi sarebbe l’autore del cavaliere solitario che cavalca sullo sfondo di arcigni castelli sovrastati da un cielo drammaticamente scuro? Nessun problema, dissero gli storici dell’arte: il castello ritrovato non è di Simone ma di Duccio. E quello sopra è di Simone, senza se e senza ma.
Le polemiche continuarono; poi, come sempre succede, passarono di moda e si smorzarono. Ma non si smorzò l’entusiasmo e la vis polemica di Gordon che ha continuato praticamente fino all’ultimo giorno di vita a difendere la sua tesi, peraltro, ancora una volta, supportato da altri studiosi di fama internazionale.
Ma a Siena, Gordon non trovò solo un argomento di studio. Trovò anche una città che (a onta dell’ostracismo del quale fu vittima da parte del settore accademico) lo accolse e lo stimò. Di certo, trovò una contrada, il Nicchio, alla quale si era accostato, che lo considerò come se fosse nato in via dell’Oliviera o in Santa Chiara. Gordon fu la dimostrazione che la contrada è “inclusiva” e non “chiusa” (come superficialmente sostiene chi, non senese, sbaglia l’approccio con essa) e che considera suo “figlio” (senza ulteriori aggettivi o specificazioni) chi ne capisce lo spirito. Soprattutto quello di servizio. Al Nicchio, infatti, Gordon si avvicinò come semplice simpatizzante; poi cominciò a sentircisi sempre di più a casa e a condividere la convinzione che essere contradaiolo è dare tempo e impegno per far vivere una cosa unica nel suo genere. Per anni, lo abbiamo trovato di servizio alla Pania durante la Fiera gastronomica, sempre affettuoso con tutti, sempre in vena di chiacchierare di arte o di Palio, con quel suo italiano perfetto nella sintassi e nei vocaboli, ma buffo per l’accento da “caramella in bocca” che, da bravo nativo d’oltreoceano, Gordon non era mai riuscito ad eliminare e che faceva un elemento ulteriore di simpatia nei suoi confronti.
Non sapremmo dire quale memoria avrà di lui Siena. Magari un giorno verrà fuori che, sul Guidoriccio, aveva ragione lui (del resto, non pochi già ne sono convinti). Di certo sappiamo quale memoria avrà di lui la “sua” contrada. Lo ricorderemo come uno dei vari contradaioli che, per caso o per sbaglio, sono nati fuori da Siena e dal rione, ma che in Siena e nella contrada ci sono “rinati”. E siccome dove nasci è casuale, ma dove rinasci no, Gordon resterà sempre nel cuore di noi nicchiaioli perché abbiamo perduto uno di noi.
Duccio Balestracci per la Contrada del Nicchio