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di Patrizia Fazzi
FORLI’. Un’occasione imperdibile per chi ama ammirare dal vivo capolavori dell’arte: questo il primo pregio di “PIERO DELLA FRANCESCA: INDAGINE SU UN MITO”, la grande mostra ai Musei San Domenico di Forlì, presentata il 12 febbraio ad un foltissimo numero di giornalisti, esperti, appassionati e poi ufficialmente inaugurata nel pomeriggio alla presenza di autorità istituzionali cittadine e oltre. Agli occhi di chi percorre i due piani in cui si snoda l’esposizione appaiono ben 250 opere che vanno dal ‘400 ai giorni nostri e comprendono oltre 70 diversi artisti: da Beato Angelico a Hopper e Balthus, passando per Domenico Veneziano, Giovanni Bellini, Bartolomeo della Gatta, fino ai macchiaioli Fattori, Lega, Signorini, ai francesi Suerat e Degas e a grandi nomi del ‘900 come Carrà, Soffici, Casorati, Guidi, Campigli, Donghi, Morandi, solo per citarne alcuni…Tutte opere legate dal filo del dialogo con un “mito” su cui la mostra vuole “indagare”, quel Piero della Francesca, “monarca de la pictura”, che tanta influenza ha avuto sull’arte coeva e successiva.
E’ questo il ‘fil rouge’ su cui si impernia l’esposizione, organizzata dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì e curata dal Comitato Scientifico presieduto da Antonio Paolucci e diretto da Gianfranco Brunelli. Il raffinato allestimento, all’interno della antiche mura, è dello Studio Lucchi e Biserni e per realizzare il tutto sono giunte opere da importanti musei e collezioni italiane e straniere, tra cui spiccano le due immagini icone della mostra: “La Madonna della Misericordia”(1445-1455) di Piero, giunta dal Museo Civico di Sansepolcro, patria dell’artista rinascimentale, e “Il ritratto di Silvana Cenni” (1922) di Felice Casorati, opere che giganteggiano all’ingresso e che si rimandano l’un l’altra in modo impressionante sia all’interno che in un particolare videomontaggio, giustificando quasi da sole il senso e la validità dell’intera mostra.
Il grande genio è presente con altre quattro opere di più piccole dimensioni (tra cui “Sant’Apollonia” e “San Girolamo in preghiera”) e con numerose riproduzioni di sue opere da parte di artisti dell’800, specie inglesi e francesi (a riprova del fascino sempre esercitato dalla sua arte, benchè poco conosciuta, su chi la ammirava dal vivo tra i viaggiatori del Gran Tour), mentre nelle pareti delle scale troneggiano due grandissime riproduzioni di scene degli affreschi della “Leggenda della Vera Croce” di Arezzo, ad opera del celebre copista francese Charles Loyeux. E secondo Roberto Longhi, autore della famosa monografia che riscoprì nel 1927 il genio toscano, proprio queste riproduzioni esposte a Parigi nel 1873 avrebbero influenzato artisti come Cezanne, Seurat e Degas (quest’ultimo visitò anche nel 1858 gli splendidi affreschi aretini).
Ma nella storia del dialogo tra Piero e gli artisti successivi tanti sono i fili che si intrecciano, le fascinazioni da lui esercitate attraverso l’innovazione della luce, il rigore prospettico e geometrico, le gamme cromatiche, le numerose simbologie, i valori etici e spirituali emanati dai suoi personaggi sia regali che umili, dai paesaggi ispirati all’amata Valtiberina, sfondo al “Battesimo di Cristo”, alla “Resurrezione” o all’”Adorazione del Sacro legno”. Le opere esposte puntualizzano molti di questi echi inconfutabili, di questi dialoghi silenziosi intercorsi tra lo sguardo di Piero e quello di grandi artisti, tra il suo pennello che ha catturato il colore in forme e tonalità già “moderne” e quello dei tanti altri che hanno rivisitato in chiave personale, ma irresistibilmente condizionati, questo “mito” universalmente apprezzato e riconosciuto.
![Da sin. Gianfranco Brunelli, Fernando Mazzocca, Davide Drei, Roberto Pinza, Antonio Paolucci, Daniele Benati, Massimo Ciampa](https://www.ilcittadinoonline.it/wp-content/uploads/2016/02/FORLI-2-300x183.jpg)
Da sin. Gianfranco Brunelli, Fernando Mazzocca, Davide Drei, Roberto Pinza, Antonio Paolucci, Daniele Benati, Massimo Ciampa
Così, come sottolineato da Fernando Mazzocca, Casorati sarà ossessionato dall’uovo della “Pala di Brera” e altri rimandi a questo ed altri elementi si trovano nelle opere di Virgilio Guidi, Achille Funi, Corrado Cagli, Antonio Donghi, fino allo stesso Andy Warhol. Grande l’influenza esercitata nei primi decenni del ‘900 sul cosiddetto ‘ritorno all’ordine’ e sul ‘realismo magico’ dal senso della sacralità, del mistero, dello stupore lucido emanato dalle forme essenziali di tante opere pierfrancescane, dalle quali tuttavia traspare anche la volontà di trasmettere contenuti universali, l’anelito al riscatto, alla fede, al dialogo oltre il conflitto.
Definire meglio e indagare la ‘mitografia’ di Piero della Francesca era l’obiettivo della mostra, la vera novità distintiva. E anche se altri episodi, coincidenze, nomi potrebbero aggiungersi a quelli esposti (due soli esempi: i paesaggi, urbani e non, di Ottone Rosai e la storia di Wolfango Peretti Poggi, che negli anni 1982-4 riprodusse fedelmente “La vittoria di Costantino su Massenzio” traendola da un acquarello ottocentesco di Joachim Ramboux), certamente l’intento dell’esposizione è realizzato fin dalle due opere poste all’inizio delle undici sezioni in cui essa si articola: il “Busto di Battista Sforza”(1474) scolpito in marmo levigatissimo da Francesco Laurana e l’olio su tela “L’amante dell’ingegnere” (1921) di Carlo Carrà. “Cinquecento anni le dividono, eppure si parlano ancora” ha dichiarato Antonio Paolucci all’inaugurazione, aggiungendo che “attraversare la mostra è come entrare in una galleria degli specchi”, in cui, aggiungiamo noi, ogni visitatore può riconoscere l’opera o il particolare che più lo colpisce o rappresenta, quello che vuole portare con sé ringraziando chi lo ha creato.
E quindi Forlì val bene un viaggio per tuffare lo sguardo in veri capolavori e inebriarlo della bellezza dell’arte, per riscoprire ancora Piero e poi magari andare a visitare dal vivo le sue opere, quelle intraspostabili, ad Arezzo, Monterchi, Sansepolcro, Rimini, Urbino, Perugia e oltre. La mostra è corredata da un raffinato Catalogo di Silvana Editoriale, curato da Daniele Benati, Frank Dabell, Fernando Mazzocca, Paola Refice, Ulisse Tramonti, con numerose illustrazioni e molti interventi critici, in cui si da spazio anche agli influssi di Piero sull’arte inglese e americana, sul cinema (Pasolini, Zurlini, Visconti), la pubblicità, il design, la musica. E tanti altri aspetti e chiavi di lettura sotto forma di documentari e di presentazioni saranno oggetto di eventi collaterali innovativi durante la mostra, che rimarrà aperta fino al 26 giugno. Già sono migliaia le prenotazioni e per info: www.mostrapierodellafrancesca.com – tel. 199.15.11.34.