L’opera del duo francese ci propone due attori strepitosi, Fabrice Luchinì e Patrick Bruel, che neanche per un momento si fanno trattenere dal pudore o dalla vergogna ma sono capaci di entrare totalmente nella parte dei personaggi senza volgarità ma con incomparabile classe, e si lasciano trasportare nel mondo e nell’interiorità di coloro che interpretano sempre intensi e credibili. Luchinì é noto al grande pubblico per interpretazioni impeccabili, sia che interpreti il commercialista di Confidenze troppo intime, sia che vesta i panni di personaggi spocchiosi e tignosi. Senza eccessi formali é capace di lasciare sempre il segno del suo talento, come quando alla Mostra del Cinema di Venezia 2015, ricevette il Leone d’Oro per l’interpretazione maschile nel film La corte. Patrick Bruel è invece un talentuoso musicista di origini algerine che ricorda vagamente il sorriso scanzonato di Jean Paul Belmondo. Accanto a loro recitano Zineb Triki e Pascale Arbillot.
Una sceneggiatura brillante e profonda tipica della comedié francese dove equivoci, profondi affetti e dialoghi spiritosi rendono la visione piacevole sia per gli addetti ai lavori, sia per un pubblico competente anche se non troppo rigoroso. L’umanità che abita i due personaggi li rende vivi persino nella morte fra scenari assurdi di vicende altrettanto folli e la verità di una amicizia inscalfibile.
Gusto estetico e un mix di comicità e dramma dosato con maestria fanno si che il film riesca da solo ad entrare nelle grazie di chi osserva raccontando la storia di due improbabili amici: un introverso e un estroverso che non potrebbero essere più diversi. Tanto é preciso, bravo, pignolo, Arthur, interpretato da Luchiní, tanto è farfallone, spregiudicato, simpaticone e insopportabile Cèsar, interpretato da Patrick Bruel.
“Io sapevo fare tutto ma avevo paura di tutto, lui non sapeva fare nulla ma non aveva paura di niente” dice Arthur parlando di Cesar.
Li lega una profonda amicizia e un rispetto che va al di là di ogni diversità.
Uno scambio di persona e la diagnosi di una malattia che non lascia scampo segnano il dipanarsi della storia dove c’è spazio per parlare anche di matrimoni finiti, di relazioni padre-figlio e di nuovi amori che nascono dalle rovine di vite già provate dalla sofferenza eppure ancora disponibili a rimettersi in gioco. Sono presenti delle sbavature e qualche momento non totalmente riuscito ma i due registi sanno riprendere immediatamente i fili della sceneggiatura e dimostrano anche nel finale di essere capaci di regalarci momenti di vera leggerezza. E quando tutto sembra finito, c’é ancora una lettera e la vita ricomincia…..