A Palazzo Piccolomini le sculture dell'artista austriaca
“Dove mi porti mia arte?… / In che paradiso di salute, / di luce e libertà, / arte, per incantesimo mi scorti.” (Luzi, ” Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini”, Garzanti Milano 1994, pg.151)
PIENZA. Questa è la domanda da cui è partita Helga Vockenhuber con la sua scultura; qual è il viaggio spirituale che l’arte l’ha spinta a compiere? La risposta è nei mezzibusti dalle grosse dimensioni, circa tre metri di altezza, tre dei quali collocati nella piazza Pio II, il resto nelle sale del Palazzo Piccolomini, legati da una caratteristica: occhi chiusi, bocche silenti o appena dischiuse. I volti dai lineamenti distesi comunicano un forte senso di pace, come se riflettessero lo stato di elevazione raggiunto dall’anima, che ha combattuto e superato i conflitti dell’esistenza. Appare un uomo riconciliato con se stesso e con gli altri, in uno stato di forte spiritualità, perché ha accettato le proprie difficoltà ed il proprio limite, cioè la morte :-…”Cessa di dominare su fantasmi/verifica ogni giorno i tuoi confini/Solo l’amore dato ti riscatta/Solo la tua preghiera ti qualifica/….Solo in questa coscienza /E’ la tua luce.” Autore di questi versi “Preghiera per il nuovo Adamo” è Giuseppe Cordoni, curatore della mostra, poeta e critico d’arte, le cui poesie vanno sapientemente ad arricchire il catalogo “L’anima trovata”, riproponendo un legame semantico tra parola ed immagine, poste l’una di fronte all’altra. Ieri, durante la presentazione della mostra nelle sale del Palazzo Piccolomini (coordinamento di Patrizia Cerri e Opera Laboratori Fiorentini), Cordoni ha decifrato nei volti della Vockenhuber “ l’interiorità dell’uomo come sacra rappresentazione scolpita” . I volti esposti sembrano simili, sia quelli maschili come quelli femminili, perché non mirano a rappresentare i caratteri di una umanità cristiana o buddista, ma nei loro occhi chiusi, simbolo dell’interiorità, nelle loro labbra carnose appena dischiuse, celebrano l’anima ritrovata, l’armonia, che l’umanità ha in sè perché ha l’immagine del divino.
Cordoni, nato a Viareggio, spiega che il progetto della mostra è partito a Pietrasanta, capitale della scultura, nella Piazza del Duomo e nella Chiesa di S. Agostino. La mostra è itinerante: fino al 30/8 sarà a Pienza, poi a Firenze, a Villa Bardini (dal 5/9 al 22/11), quindi a Palazzo Medici Riccardi (dal 27/11 al 15/12), perché la scultura vuole tornare a dialogare con l’architettura, in un momento di profondo degrado delle nostre città. Nasce così un colloquio fra spazio e tempo, in questo caso fra le forme rinascimentali della Piazza Pio II (dove l’armonia è la cifra delle forme architettoniche) e le opere esposte. Questo dialogo, cambiando il punto di vista nella piazza, non sempre riesce ad essere fluido, forse per le grandi dimensioni dei mezzibusti, che diventano una forte presenza nello spazio architettonico. Preferiamo l’ambientazione delle sculture all’interno del Palazzo Piccolomini: “Apatheia” (bronzo,cm 99x355x290h.),donna sdraiata su un’altalena, che rappresenta l’altalena della vita, del tempo, e “Apokatastasis”, sette busti in bronzo collocati nel giardino privato, che riassumono la fisionomia di tutte le etnie. Qui lo spettatore entra a far parte della circolarità del messaggio tra la bellezza del paesaggio dal lungo orizzonte e la meditazione del volto illuminato dall’anima ritrovata.