Ultimo appuntamento con la rassegna cinematografica Frames
SIENA. Domani (28 marzo) alle ore 21.30, ultimo appuntamento con la rassegna cinematografica Frames, spartiti e documenti…un viaggio tra cinema e arte a cura di Maurizio Comanducci.
Ne ‘Lo Scafandro e la farfalla’ con Julian Schnabel racconta come il corpo può diventare una gabbia crudele. Il regista-artista presenta la storia di un tenue, residuo contatto con il mondo e tratteggia senza esitazione, a colori, una vita sfumata, in trasparenza, come attraverso il vetro ondulato di un bicchiere.
Jean-Dominique Bauby si risveglia dopo un lungo coma in un letto d’ospedale. È il caporedattore di ‘Elle’ e ha accusato un malore mentre era in auto con uno dei figli. Jean-Do scopre ora un’atroce verità: il suo cervello non ha più alcun collegamento con il sistema nervoso centrale. Il giornalista è totalmente paralizzato e ha perso l’uso della parola oltre a quello dell’occhio destro. Gli resta solo il sinistro per poter lentamente riprendere contatto con il mondo. Dinanzi a domande precise (ivi compresa la scelta delle lettere dell’alfabeto ordinate secondo un’apposita sequenza) potrà dire “sì” battendo una volta le ciglia oppure “no” battendole due volte. Con questo metodo riuscirà a dettare un libro che uscirà in Francia nel 1997 con il titolo che ora ha il film.
L’occhio del protagonista diventa la soglia che permette al pesante e inerte scafandro del suo corpo di liberare la farfalla del pensiero. Il giornalista pensa, desidera, soffre, grida dentro di sé. È un grido in cerca di una bocca che possa tradurlo in suoni e parole. Il battito delle ciglia (che ricorda non a caso il battito d’ali di una farfalla), si traduce in lettere e le lettere in parole.
Insignito del premio per la miglior regia a Cannes 2007, il film abbandona i toni sereni e pacati del libro per portare, con tocchi artistici senz’altro di grande pregio, lo spettatore a un coinvolgimento emotivo di grande impatto. La scelta di identificare la camera cinematografica con l’occhio del protagonista e di far rivivere la tragedia attraverso la sua voce narrante, pacata ma non per questo meno inquietante, provoca un indubbio effetto empatico.