Il 9 dicembre tocca a "Vertigo - La donna che visse due volte" di Hitchcock
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di Paola Dei
SIENA. Il programma del cinema Pendola si arricchisce ripescando fra i capolavori della storia del cinema opere di indubbio valore artistico restaurate recentemente. Per la sezione Il cinema ritrovato-I classici restaurati in prima visione al cinema Appuntamenti d’essai lunedi 2 dicembre é stato proiettato il film cult nella cinematografia internazionale Il cielo sopra Berlino, vincitore del Premio per la miglior regia al 40 Festival di Cannes del regista tedesco Wim Wenders con la collaborazione di Peter Handke e con la partecipazione di Bruno Ganz, Solveig Dommartin, Otto Sanders.
Una intensa condizione di autenticità, scomparsa dall’orizzonte dell’esperienza contemporanea e che permette di far vivere allo spettatore l’Hic et Nunc da una prospettiva che non é spazio fisico ma pura percezione.
Il restauro ha comportato scansioni e complesse procedure anche per la colonna sonora ma il film non ha subito alcuna modifica, come si legge in due comunicazioni che appaiono prima della proiezione.
Il cinema di Wim Wenders si snoda attraverso un percorso nel quale il viaggio diviene veicolo ed esperienza per catturare momenti di rara autenticità dove ogni dettaglio, persino quello apparentemente più insignificante, connota significati che vanno al di là di quelli quotidiani e che Joyce chiama Epiphany. Ma possiamo trovare tracce di questa ricerca dell’apparentemente insignificante in tutta la letteratura del 900 a partire da Proust a Kafka, da Musil a Joyce. Milan Kundera, noto al grande pubblico per il libro L’insostenibile leggerezza dell’essere, anche se in maniera diversa, ha dedicato un intero saggio all’insignificanza intitolandolo La festa dell’insignificanza dove riesce a illuminare i problemi più seri senza mai pronunciare una sola frase seria. Uno strano riso, ispirato dalla nostra epoca che é comica perchè ha perduto ogni senso dell’umorismo per correre dietro a tutto ciò che non é contemplato fra gli angeli che osservano la vita da una prospettiva che ci mostra gli oggetti, le cose e le persone come se le vedessimo per la prima volta.
Un viaggio nel viaggio, una costante nel cinema di Wenders, un viaggio che, come lo ha definito il russo V. J. Proop, diviene solo una particolare modalità di tragitto e che puó essere un semplice spostamento nello spazio, come accade nel film Il cielo sopra Berlino o un andare alla deriva.
Ecco allora che non appare assurdo vedere nel cielo grigio di Berlino, angeli che in mezzo a scorci prospettici da grande cinema con un affascinante bianco e nero, sono visibili solo ai bambini e possono leggere nei pensieri delle persone senza però poterle mai toccare o interagire con loro tranne cercare di alleggerire i pesanti fardelli di coloro che sono in difficoltà.
Fra di loro due angeli in particolare attirano l’attenzione del regista; Damiel e Cassiel che in mezzo agli edifici ed all’architettura della città di Berlino vivono una condizione di puro spirito.
“ Si é magnifico vivere di solo spirito- dice Bruno Ganz alias Damiel- e giorno dopo giorno testimoniare alla gente per l’eternità, soltanto ciò che é spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa. E allora…..vorrei sentire un peso dentro di me….
Non che io voglia generare subito un bambino o piantare un al albero. Ma in fondo sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno, dar da mangiare al gatto,… non entusiasmarsi solo per lo spirito ma finalmente anche per un pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio..”.
Ed é proprio la nuca di una ballerina trapezista Marion, che gli permette di decidere di abbandonare l’immortalità per entrare totalmente nella vita. Non più spettatore partecipe che osserva e sente viaggiando fra le statue, i palazzi, i ponti, ma attore che pur sanguinando scopre il peso della passione. L’esplosione del colore in alcune scene è dosata magistralmente proprio nei momenti in cui la passione si fa carne. Questo significò incontrare vari problemi e utilizzare procedure complesse anche per il direttore della fotografia Henri Alekan.
Storia di un amore dentro la storia di una vita che propone una riflessione sull’esistenza che é allo stesso tempo cinema, pensiero e azione, ispirandosi a Rilke, uno degli amori di Lou Salomé, psicoanalista che scatenò nel poeta un’onda creativa che lo portò a scrivere Quaderni di Malte Laurids Brigge ed Elegie duinesi.
Gli angeli di Wenders che vegliano su di lui in questo grande cinema ai quali dedica il film nel finale sono Truffaut, Ozu, Tarkovskij.
L’opera si chiude con le frasi di Marion che prima ha percepito l’angelo dentro di sé e poi é giunta a poterlo toccare, vedere, udire attraverso i sensi: “Non sono mai stata solitaria; né da sola con qualcun altro. Ma mi sarebbe piaciuto in fondo, essere solitaria. Solitudine significa: finalmente sono tutto”.
Per lunedì 9 dicembre é prevista la proiezione di Vertigo – La donna che visse due volte del grande Alfred Hitchcock del 1958.