di Leonardo Mattioli
SIENA. La figura di Bettino Ricasoli (1809 – 1880), l'uomo che mal sopportava la livrea imposta dalla corte sabauda, che si rinchiudeva nel castello del Chianti, a Brolio, per stare in famiglia e che, con il suo impegno di uomo di Stato a tratti impolitico, ha segnato le sorti dell'Unità d'Italia, è raccontata nel libro di Michele Taddei "Siamo Onesti! Bettino Ricasoli, il barone che volle l'unità d'Italia" (Mauro Pagliai Editore, pp. 200, ? 14.00) che verrà presentato sabato (10 aprile) al Vinitaly di Verona.
"Siamo onesti!", la celebre esclamazione che ne caratterizzò la figura pubblica, fa da sfondo al racconto della vita di Ricasoli che, dalla sua viva voce, narra dell'uomo e della famiglia, dell'innovatore in agricoltura e del padrone, dell'uomo religioso e mangiapreti. E, naturalmente, dell'uomo politico per due volte presidente del Consiglio dell'Italia unita, Gonfaloniere di Firenze negli anni del Granducato e poi Dittatore di Toscana nel 1859-60. Un ultimo capitolo, infine, descrive i legami che Ricasoli ebbe con gli altri protagonisti del Risorgimento italiano: Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi e Mazzini.
Nel libro anche aneddoti sull'Italia e la Toscana ottocentesca: il primo treno che attraversò le crete senesi, le colline del Chianti senese e fiorentino attraverso la realizzazione della via Chiantigiana, la Maremma "amara" grossetana non ancora bonificata dalle paludi e, soprattutto, la Firenze granducale poi Capitale del Regno. A Verona, in particolare, verrà descritto il Ricasoli "Vignaiuolo del Chianti". A lui, infatti, si deve la definizione della formula del vino italiano più celebre al mondo.