Ambra Angiolini e Pier Giorgio Bellocchio in scena ai Rinnovati
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SIENA. La storia di una famiglia senza pace, in continuo conflitto e non in grado di riflettere sulla propria inettitudine, che va fatalmente incontro alla propria distruzione è in sintesi la trama dell’adattamento teatrale dell’omonimo film di Marco Bellocchio del 1965. Lo spettacolo è andato in scena venerdì 21 gennaio al Teatro dei Rinnovati di Siena, le repliche fino al 23 gennaio, con la regia di Stefania De Santis e gli attori Ambra Angiolini, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno, Aglaia Mora, Fabrizio Rongione, Giulia Weber.
Le azioni del film nella trasposizione teatrale sono ricondotte ad un’unica scena, dalla struttura complessa, in cui si muovono i personaggi: la madre cieca, inconsapevole di ciò che le avviene intorno, ma legata alla normale quotidianità attraverso i pranzi e le cene; Augusto, il fratello maggiore cinico ed interessato alle proprietà della famiglia, desideroso di andarsene per costruirsi una vita sua in città; Alessandro, l’altro fratello, più di tutti avverte l’insostenibilità della situazione tra un’alternanza di pensieri suicidi e desiderio di distruggere gli altri, come poi avverrà attraverso l’uccisione della madre e del fratello Leone, affetto da ritardo mentale; Giulia, l’unica sorella, appare relegata in un mondo infantile fatto di sogni, ma anche di curiosità morbose, che sfoceranno nell’incesto con il fratello Alessandro. Ecco che in uno spazio chiuso emerge il conflitto, la dissoluzione della famiglia. Se all’epoca il film di Marco Bellochio fu accolto dalla critica positivamente,come elemento di frattura con il passato ed anticipatore della crisi e contestazione del ‘68, ottenendo, come miglior soggetto, il Nastro d’argento nel 1966, oggi lo sentiamo più che mai attuale in un mondo in cui proprio all’interno della famiglia si consumano i più terribili delitti. Quelle rappresentate sono persone incapaci di amare, prive di un futuro, chiuse in una gabbia, da cui non si può uscire se non con la morte. Lo spettacolo indubbiamente induce a profonde riflessioni.
Nella trasposizione teatrale gli elementi della cinematografia, le riprese dei particolari, i primi piani, il ritmo delle sequenze, vengono sostituiti con quelli della drammaturgia: la scena unica, in cui si svolgono tutte le azioni e la rappresentazione fuori scena del delitto della madre. I tempi a teatro diventano, quindi, più lunghi e più esasperati, forse un po’ troppo, soprattutto in alcuni momenti in cui urla e contorsioni, necessari per esprimere il momento alto della tensione, come gli attacchi epilettici di Alessandro, le esplosioni della insoddisfazione di Giulia, saturano la rappresentazione. Comunque gli attori, padroni della scena, risultano fortemente coinvolti nel dare vita al loro personaggio: Augusto ed Alessandro riescono in pieno nel loro ruolo, con sfumature interpretative che li rendono l’uno più cinico l’altro ancora più crudele. Giulia è ben rappresentata nel suo carattere ingenuo e morboso, ma anche nella sua immobilità, che le impedisce di reagire nel momento più tragico della sua vita: l’incesto.